Terrorismo in Europa: la Svizzera è senza difese

“L’autore della strage di Barcellona Younes Abouyaaqoub è stato ucciso dalla polizia catalana a Subirats”
Dopo l’attento di Zurigo la tensione nel Paese è alta. Sempre più ramificata la presenza di organizzazioni salafite

Si sarebbe suicidato sulle rive del fiume Sihl il 24enne svizzero originario del Ghana che il 19 dicembre nel tardo pomeriggio, dopo aver fatto irruzione in un centro islamico di Zurigo a volto coperto, ha sparato ferendo in modo serio tre partecipanti – due somali e uno svizzero – a una funzione religiosa. Il killer, che il giorno precedente aveva ucciso a coltellate un conoscente di origini cilene per motivi ancora poco chiari, viene descritto dagli inquirenti come un solitario già noto per piccoli reati, “vicino ad ambienti dell’occulto e non legato all’estrema destra o all’estremismo religioso”.

Se la Svizzera tira un sospiro di sollievo per non dover vivere una notte di tragedia a firma islamista, non può stare tranquilla sul fronte delle inchieste che vedono inquisiti dirigenti e personalità di spicco della galassia radicale salafita molto attiva nella Confederazione. Il Ministero Pubblico della Confederazione (MPC) ha confermato le indiscrezioni apparse sulla stampa – la testata NZZ am Sonntag – in merito al rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nel quale si parla “di fondi che dalla Svizzera che sono stati utilizzati per sostenere organizzazioni terroristiche”.

I venti accusati di finanziamento ai jihadisti sono tutti ‘casualmente’ rappresentanti o membri di istituzioni islamiche che non sono però indagate in quanto i supposti reati sarebbero stati commessi a “titolo personale”. Questi dossier si sommano ai settanta procedimenti penali legati al terrorismo di matrice jihadista. Di alcuni di questi dossier potrebbe aver parlato nel suo recente viaggio in Egitto il procuratore generale della Confederazione Michael Lauber con il suo omologo egiziano. Ad oggi, è bene ricordarlo, sono stati posti sotto sequestro, in seguito a inchieste penali che si riferiscono al periodo delle primavere arabe, beni a sei persone accusate di organizzazione criminale e riciclaggio di denaro, per circa 430 milioni di franchi svizzeri che sul tavolo della discussione devono aver pesato e molto.

I soccorsi a una delle persone ferite nell’attentato al centro islamico a Zurigo

Di certo al Ministero Pubblico della Confederazione e agli inquirenti non deve essere piaciuta troppo la recente decisione adottata dal Consiglio Federale di non vietare, come fatto in Germania e Austria, l’organizzazione salafita Die wahre Religion e il suo clone We Love Muhammad. La richiesta di messa al bando era arrivata dal deputato del Canton Ticino Marco Romano, che già in precedenza si era occupato del fenomeno islamista radicale. In tempi diversi, altri deputati del Canton Ticino – tra i quali Fabio Regazzi, Lorenzo Quadri, Roberta Pantani e altri rappresentanti di altri cantoni svizzeri – si erano attivati con interpellanze e domande nei question time per sensibilizzare il governo della Confederazione sulla preoccupante crescita delle opulente moschee, delle fondazioni e dei centri islamici finanziati in maniera ‘opaca’ da Paesi del Golfo e dalla Turchia. In tutte le occasioni, però, i deputati si sono dovuti arrendere di fronte alle risposte vergate in ‘politichese burocratico’.
In tal senso, indimenticabile fu la scelta sciagurata delle Ferrovie Federali Svizzere di invitare all’inaugurazione del monumentale tunnel ferroviario di Alptransit il primo giugno del 2016 Bekim Alimi, controverso imam della nuovissima e costosissima moschea di Wil (San Gallo), accusato dagli stessi musulmani per le sue ‘spericolate’ frequentazioni, come quella con l’imam di Pristina (Kosovo) Shefqet Krasniqi, accusato e incarcerato nel suo Paese per aver sfruttato la propria influenza per inviare giovani a combattere sotto le bandiere del Califfato nero. Altra compagnia sospetta quella con il predicatore salafita macedone Imbërja Hajrullai, un feroce antisemita.

L’innauguarazione del tunnel di Alptransit: l’ultimo a destra è l’imam Bekim Alimi

La Svizzera, quindi, benché circondata da Paesi nei quali l’attenzione al fenomeno islamista è altissima, sceglie l’autarchia e la pericolosissima convinzione che le basi legali esistenti a livello federale e cantonale siano sufficienti a garantire la sicurezza dei propri cittadini. A nulla o quasi sembrano servire le inchieste svolte da coraggiosi giornalisti che provano, ad esempio, le tentacolari ramificazioni del Consiglio Centrale Islamico Svizzero (IZRS) dell’imam salafita svizzero Nicolas Blancho con gruppi e fondazioni più volte messe sotto accusa dagli USA e non solo. Una su tutte la Qatar Charity dello sceicco-magnate del Qatar Abdulaziz Abdulrahman Al Thani, membro della famiglia reale che con Blancho ha fondato nel 2014 a Berna Qoranona, associazione di promozione del Corano, e Aziz Aid, che si propone di “aiutare persone bisognose in Paesi in crisi”.

Cosa debba accadere per smuovere il Consiglio Federale Svizzero dall’attuale torpore non è dato saperlo.
La speranza è di non dover assistere a stragi di innocenti come sta accadendo in altri Paesi d’Europa.

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