In Germania nei giorni scorsi è esploso il caso della Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion (Unione Islamica Turca per gli affari religiosi, in turco Diyanet Isleri Türk İslam Birligi – DITIB), da mesi sotto pressione per attività sospette.
Incalzato dalla stampa Bekir Alboga, cittadino tedesco dal 2013 e segretario generale dell’organizzazione islamica, la più grande attiva in Germania, ha ammesso che alcuni imam hanno spiato per conto del ministero degli Affari Religiosi turchi (Diyanet İşleri Başkanlığı) dei seguaci del movimento Hizmet, fondato dal predicatore turco Fethullah Gulen, principale oppositore politico del presidente turco Recep Tayyip Erdogan dopo esserne stato sodale per anni, accusato dal governo di Ankara di essere stato il mandante dell’ultimo tentativo di colpo di stato del 15 luglio 2016.
L’ammissione del segretario generale della DITIB in merito al caso di spionaggio – rispetto al quale Alboga ha tentato di giustificarsi parlando di “errore tecnico” – sta innescando un’ondata di reazioni molto forti in Germania.
Gli imam turchi che operano in tutto il mondo sono di fatto funzionari statali pagati dal governo di Ankara che fornisce loro precise disposizioni. Il che, di fatto, non rende ammissibile parlare di “errori tecnici” o di casualità in riferimento a quest’ultimo caso. È invece assai più probabile che questi dossier possano essere stati commissionati agli imam turchi direttamente dal MIT (Millî İstihbarat Teşkilâtı), i servizi segreti turchi.
La questione degli imam “spioni” è da mesi sul tavolo delle autorità di polizia tedesche. Già prima di natale erano trapelate le prime indiscrezioni, bloccate dal drammatico attentato a Berlino, nel quartiere di Charlottenburg, del 19 dicembre scorso. La parlamentare di Die Linke Sevim Dağdelen, commissario per il Governo Federale delle politiche per la migrazione e l’integrazione e, tra le altre cose, autrice nel 2016 del libro “Der Fall Erdogan : Wie uns Merkel an einen Autokraten verkauft (Cosi la Merkel ci ha venduto ad un despota) dove parla di “società parallele” cresciute in Germania, ha chiesto all’associazione islamica turca di “prendere le distanze” dal ministero turco. Ma è una richiesta destinata a cadere nel vuoto. L’ennesimo caso che vede protagonisti gli islamisti turchi in Germania non fa altro che portare consensi all’estrema destra tedesca dell’AFD (Alternative für Deutschland), formazione che, una volta che sarà giunta al potere, promette di cacciare tutti gli islamici dal Paese. In Germania opera inoltre la controversa e potentissima associazione turca Islamischen Gemeinde Milli Görüs (Punto di vista nazionale), organizzazione che conta in tutta Europa più di 500.000 affiliati e che ha come ideologia fondante “l’ordinamento della società occidentale, la democrazia, i diritti umani, i diritti alla libertà e all’uguaglianza non hanno valore”.
A fondare Milli Görüs negli anni Settanta fu il politico islamista turco Necmettin Erbakan (deceduto nel 2011), in passato primo ministro tra il 28 giugno 1996 e il 30 giugno 1997 con il partito Milli Nizam Partisi (Partito dell’Ordine Nazionale) e tre volte viceministro tra il 1974 e il 1978 con il partito Milli Selamet Partisi(Partito di Salvezza Nazionale).
Basta guardare il logo della Islamischen Gemeinde Milli Görüs con la cartina dell’Europa di color verde – che è anche il colore dell’Islam – inserita nella mezzaluna turca per capire qual è lo spirito di fondo di questa organizzazione. Basterà il caso degli “imam spioni” per far risvegliare dal torpore la classe politica europea? Sperare è lecito, ma lo è anche dubitare fortemente.