Il caso delle “spie” turche in Svizzera

L’Europa alle prese con i continui allarmi terroristici è scossa anche dallo scontro in atto tra la Turchia e l’Unione Europea maturato dopo la mancate autorizzazioni di Germania e Olanda di tenere comizi del governo di Ankara in favore del “sì” al referendum costituzionale del 16 aprile.

Dopo il diniego sono arrivate le minacce di ritorsioni da parte di Recep Tayyip Erdogan e dai membri del suo governo che oramai si susseguono giornalmente. Il governo turco continua a definire l’UE e la Germania come «naziste» e sfida il continente europeo brandendo l’arma più deflagrante che possiede, ovvero l’accordo sui migranti firmato nemmeno un anno fa.

«Europa, ti invieremo 15mila rifugiati al mese così da sbalordirti», questa la frase pronunciata dal ministro dell’Interno Suleyman Soylu tra i più attivi nel lanciare minacce ritorsive ai Paesi europei. E lo stesso Erdogan non si è certo tirato indietro parlando di «nuova guerra santa» invitando i suoi connazionali all’estero a usare la bomba demografica: «non fate tre figli, ma cinque. Perché voi siete il futuro dell’Europa. Questa sarà la migliore risposta all’ingiustizia che vi è stata fatta».

I rapporti tra Germania e Turchia sono ai minimi termini da mesi vista la vicenda degli imam turchi che hanno spiato per conto dei servizi segreti turchi e del ministero del Culto Dyanet i loro connazionali che vivono in Germania.
Il caso degli “imam spioni” ha rivelato anche la grave complicità della Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion (Unione Islamica Turca per gli affari religiosi, in turco Diyanet Isleri Türk İslam Birligi – DITIB), che da mesi era stata messa sotto pressione per le attività sospette. Dopo la Germania emergono clamorose attività illegali turche anche in Svizzera e a tal proposito il consigliere degli Stati del Canton Uri Josef Dittli ha presentato una circostanziata denuncia al Ministero Pubblico della Confederazione contro ignoti per spionaggio politico (articolo 272 del Codice penale svizzero, ndr). Secondo il senatore del Partito Liberale Radicale sono in aumento le minacce fisiche alle persone oltre a veri e propri boicottaggi ai danni di coloro che criticano il presidente Erdogan.

Nella denuncia Dittli rivela che esisterebbe anche un indirizzo di posta elettronica presso il quale le persone critiche verso il regime turco possono essere denunciate alle autorità di Ankara. I responsabili della rete di spionaggio, sempre secondo la denuncia penale depositata, sarebbero la Fondazione turco-islamica svizzera Türkisch-Islamische Stiftung Schweiz (TISS) e l’Unione dei democratici turco-europei Union Europäisch-Türkischer Demokraten (UETD).

Con le ore si susseguono le segnalazioni in merito a casi di spionaggio. Lo scorso dicembre, durante una lezione all’Università di Zurigo alcuni dei presenti sono stati fotografati ripetutamente mentre si discuteva del genocidio degli armeni (1915-1916), verità storica che i governi turchi hanno sempre negato respingendo il termine “genocidio” e arrivando persino a mettere in dubbio l’espulsione e l’uccisione di 1,5 milioni di armeni da parte dell’Impero Ottomano.

Fatto di inaudita gravità in un Paese liberale come la Confederazione Elvetica, ma non è il solo episodio. Secondo il giornale Tages Anzeiger una settimana fa alcuni uomini hanno ripetutamente fotografato i partecipanti a una serata organizzata in onore di giornalisti del quotidiano Cumhuriyet, arrestati dal regime di Ankara durante il post golpe. Ciò che colpisce è la sfrontatezza con la quale le spie di Ankara si muovono liberamente anche in Svizzera intimidendo persone che hanno come unica colpa quella di non essere dei sostenitori degli islamisti dell’AKP turco (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo), il partito di Erdogan.

Tutte queste attività di spionaggio e dossieraggio hanno come unico scopo quello di mappare i sostenitori (veri e presunti) del movimento del predicatore milionario Fethullah Gülen, leader del movimento Hizmet (“Il servizio”), un tempo sodale di Erdogan ma da anni autoesiliatosi negli USA.

La vicenda potrebbe avere interessanti echi anche in Canton Ticino dove subito dopo il fallito golpe turco della scorsa estate il deputato del Partito Comunista Ticinese Massimilano Ay, sostenitore con il suo partito di Erdogan, presentò il 28 Luglio 2016 una curiosa interpellanza al Governo cantonale nella quale chiedeva «se in Ticino vi fossero istituzioni culturali, imprenditoriali o religiose legate a questa confraternita». L’impressione in ogni caso è che la storia degli “spioni” turchi in Svizzera sia solo all’inizio e che molto debba essere ancora raccontato.

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