Il 9 aprile scorso Il direttore del Centro islamico di Ginevra Hani Ramadan è stato espulso dalla Francia verso la Svizzera. Nello stato elvetico risiede con regolare cittadinanza dal 1983, al pari del famoso fratello Tariq Ramadan. Entrambi sono i nipoti di Al-Ḥasan Al-Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani, molto attivi in Svizzera come nel resto dell’Europa. Gli agenti di polizia gli hanno presentato il documento di espulsione a Colmar (Alsazia, Francia) dove si trovava per tenere una serie di conferenze. Nella motivazione del provvedimento emesso dal ministero dell’Interno francese, al quale Ramadan ha già fatto ricorso, si legge: «Il predicatore Hani Ramadan è noto per avere avuto un comportamento e fatto commenti (in passato, ndr) che hanno rappresentato e rappresentano una grave minaccia per l’ordine pubblico sul suolo francese».
Il predicatore salafita Hani Ramadan fa spesso parlare di se per le sue posizioni radicali, ad esempio quelle a favore della lapidazione delle donne in caso di adulterio, oppure per il feroce antisemitismo che esprime pubblicamente come nel 2014 quando nel corso di una conferenza in Francia dichiarò: «Tutto il male del mondo nasce dagli Ebrei e la barbarie sionista». In altre occasioni ha definitol’Aids «una punizione divina». Nel 2002 Hani Ramadan tentò persino la carriera di insegnante in una scuola media di Meyrin (Ginevra) ma venne licenziato l’anno successivo viste le sue “inclinazioni” religiose.
La storia di Ramadan è solo una delle tante con cui ha a che fare la Francia alla vigilia del ballottaggio delle elezioni presidenziali, che il 7 maggio vedranno sfidarsi Emmanuel Macron, vincitore del primo turno, e la leader del Front National Marine Le Pen. Da anni la Francia reagisce con le espulsioni dirette alla drammatica crescita del movimento radicale salafita: 150 moschee, su un totale di 2.500, sono gestite da predicatori estremisti che hanno una presa potenzialmente pericolosa sugli oltre 15mila musulmani “attenzionati” dall’intelligence francese.
In Svizzera, invece, l’Imam Hani Ramadan può tenere conferenze ed è molto attivo nelle moschee della sua città, più volte finite sotto i riflettori delle forze di sicurezza. I servizi di informazione elvetici (SIC), benché recentemente siano state introdotte misure che ne agevolano in parte l’attività, non possono fare nulla o quasi per sorvegliare i predicatori attivi in Svizzera.

Peter Regli, già direttore dei servizi segreti svizzeri, gira in lungo e in largo il paese da anni per sensibilizzare il mondo politico e la società civile sui pericoli che la Svizzera corre consentendo le attività di gruppi come “Die Ware Religion” e il suo progetto “LIES!” (fuori legge in Germania e Austria), oppure “We Love Muhammad” nonché l’ultimo arrivato dall’Austria, il pericolosissimo gruppo “Iman”.
Si tratta di gruppi salafiti molto attivi nella predicazione nelle strade attraverso la donazione di caramelle ai bambini, fiori e copie elegantemente rilegate del Corano. A nulla sono servite le decine interrogazioni presentate al Consiglio Federale affinché si cominci a porre un freno a queste attività e si cerchi di indagare sulle attività delle moschee, in particolare su quelle controllate dal ministero del culto turco Dyanet che invia imam e fondi in Svizzera.
Qualche giorno fa persino l’esercito svizzero, che nell’immaginario collettivo dovrebbe rappresentare quanto di più conservativo e stabile possa esistere sul piano istituzionale in Svizzera, ha assunto una posizione difficilmente condivisibile. Queste le dichiarazioni del capo dell’esercito, Philippe Rebord: «Non ho nulla in contrario a condizione che gli Imam siano disponibili ad assistere anche militari cristiani oppure appartenenti ad altre religioni».
Nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia che è arrivato da Berna il rapporto 2016 del “Servizio specializzato per l’estremismo in seno all’esercito” nel quale viene data notizia di 50 segnalazioni, delle quali il 37% per estremismo di matrice islamista (52% per estremismo di destra).
A complicare un quadro non certo rassicurante per il paese è emerso nei giorni scorsi un nuovo scandalo che affonda le radici nella diaspora della comunità turca in Svizzera. Basler Zeitung, storico quotidiano della città di Basilea, ha pubblicato la notizia secondo cui il Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) avrebbe informato la Polizia del Canton Basilea già nella scorsa estate della presenza in servizio di un agente di polizia (naturalizzato svizzero) attivo come una spia del governo di Ankara.
Durante il suo servizio l’uomo avrebbe trasmesso dossier e informazioni sensibili su cittadini turchi residenti in Svizzera al Millî İstihbarat Teşkilâtı (MİT, i servizi segreti turchi). Secondo le notizie stampa (non smentite) nonostante la tempestiva segnalazione dei servizi segreti svizzeri, non ci sarebbe stata alcuna reazione da parte delle autorità di Basilea. Cosa che, se accertata, sarebbe di inaudita gravità.
In ogni caso, a parte pochissime eccezioni,della totale arrendevolezza del mondo politico svizzero – e ora persino dei vertici dell’esercito – non poteva non approfittane il Consiglio Centrale Islamico Svizzero, organizzazione salafita guidata dal convertito Nicolas Blancho. Questi ha annunciato per il 6 e 7 maggio una grandissima manifestazione a Zurigo dove sono attese almeno 1.000 persone. Il luogo scelto inizialmente doveva essere il centralissimo World Trade Center, ma visto il clamore suscitato l’autorizzazione all’affitto delle sale è stata negata dai propietari. Gli islamisti sono alla ricerca di una nuova sede per la due giorni “radical-salafita” nella città di Zurigo dove si esibiranno predicatori come Mohammed Al-Awadhi (Kuwait), oppure donne come la malese Fynn Jamal (che afferma sul suo canale You Tube «Giuro su Allah che il niqab mi rende libera»), numerosi cantanti di nasheed (musica a cappella araba).
I workshop in programma saranno a cura del gruppo austriaco “Iman” che insegna come diventare “ottimi predicatori da strada” (pratica anche conosciuta come dawa street) e come convertire i miscredenti attraverso tecniche di raffinata comunicazione verbale.
Star delle due giorni salafita sarà Ali Quradaghi, segretario generale della “International Union of Muslim Scholars”, organizzazione dei Fratelli Mussulmani guidata a livello dottrinale dal notissimo predicatore Youssef Al-Qaradawi, della quale fa parte anche Nicolas Blancho con il nome di Abdullah al Swissiri (Abdullah lo Svizzero).
Viene da chiedersi chi sia a finanziare questa manifestazione. Il Consiglio Centrale Islamico Svizzero nel rapporto finanziario del 2014 denunciava un buco di 45.000 franchi. In proposito Adisin Hodza, il cassiere del gruppo, aveva dichiarato: «Ci servono soldi per poter operare in maniera pronta e professionale». E pensare che solo nello stesso anno Blancho e sodali avevano incassato 420.000 franchi (circa 420.000 euro) da misteriosi donatori (in crescita del 30% rispetto al 2013 secondo i bilanci).
Chi onorerà anche questa volta le fatture dei molti biglietti aerei, gli hotel, i pranzi, le cene, i cachet dei cantanti, i taxi, la sicurezza, i telefoni e l’affitto delle sale? E chi pagherà i costi che la città di Zurigo dovrà sostenere per sorvegliare l’evento? Di certo le continue provocazioni del Consiglio Centrale Islamico Svizzero suscitano molte domande che attendono da troppo tempo una risposta e che ora non possono più restare senza risposte.