Il Consiglio centrale islamico Svizzero (CCIS), organizzazione salafita presieduta dal convertito Nicolas Blancho, alla fine ha dovuto cedere e trovare una nuova location per l’evento “Longing For Peace”, previsto per i prossimi 6-7 maggio 2017. Dopo il rifiuto del centro congressuale “WTC” di Zurigo di ospitare la manifestazione viste le numerose polemiche, gli islamisti svizzeri hanno addirittura cambiato nazione scegliendo Istanbul come luogo per la kermesse salafita che verrà trasmessa in streaming video. Il CCIS, inoltre, regalerà 100 biglietti aerei per Istanbul estratti a sorte tra chi avrà chiamato la sede dell’organizzazione di Berna per prenotarsi.
Il cambiamento di rotta lo hanno annunciato alla stampa lo stesso Blancho accompagnato dalla portavoce del gruppo Janina Rashidi e dalla segretaria Ferah Ulucay. Tutti e tre si sono presentati di fronte ai giornalisti con un biglietto incollato sulla bocca con la scritta “Libertà di riunione”, “Libertà di religione”, “Libertà di opinione”. Come quando si reca nei paesi del Golfo e appare in tv, Nicolas Blacho ha parlato della Svizzera come di un paese «che diventa sempre più intollerante verso i musulmani, e dove si recidono i loro diritti fondamentali […] il pericolo per la Svizzera non è la radicalizzazione dei musulmani, ma la radicalizzazione dell’islamofobia». «La fiducia nell’attuazione dei diritti fondamentali in Svizzera – ha poi specificato – si è rotta e il trasferimento della Conferenza islamica a Istanbul non deve essere visto come una fuga, ma come un segno contro l’intolleranza in Svizzera». Parole gravi, espressione di una rappresentazione completamente falsa di un Paese che ha fin troppo tollerato le provocazioni e le attività dello sparuto gruppo di Blancho, il quale più di una volta ha invitato a violare leggi vigenti in materia di dissimulazione del volto senza avere conseguenze penali.
Alla conferenza “Longing for Peace” (“Voglia di pace”) parteciperanno tra gli altri diversi predicatori radicali come il kuwaitiano Mohammed al-Awadhi, il saudita Shaykh Aid Al Qarni e Ali Quradaghi, segretario generale della “International Union of Muslim Scholars”, organizzazione dei Fratelli Musulmani di Youssef Al-Qaradawi.
Il voler puntare tutto sull’islamofobia da parte di Blancho è un comportamento classico visto molte volte in questi anni, ma forse in quest’ultima occasione si è registrato un salto di qualità. A Istanbul tra gli oratori ci sarà Arnoud Van Doorn, alias Farooq Mansur Abu Amin. Ma chi è questo olandese dalla storia incredibile, nato il 18 marzo del 1966 a l’Aia? Non un convertito qualunque, politico di estrema destra fortemente anti-islamico, membro del Partito della Libertà (PVV) di Geert Wilders, ha rotto con il carismatico leader per diventare musulmano nel 2012.
Van Doorn ha annunciato la sua conversione all’Islam nell’aprile del 2012 durante il pellegrinaggio alla mecca scusandosi per il suo «coinvolgimento in un tentativo di diffondere l’odio contro l’Islam» visto che era tra i distributori del controverso cortometraggio del 2008 di Geert Wilders intitolato “Fitna”, termine che in lingua araba ha diversi significati, tra cui “prova di fede”, “guerra civile”, “divisione”. Con la conversione Van Doorn è diventato una “star” nel mondo islamico. Da allora le tv del Golfo se lo contendono. Dopo di lui, anche suo figlio maggiore, Iskander Amien De Vrie, nel 2014 si è convertito all’Islam.
Nella brochure dell’evento di Istanbul del 6 e 7 maggio, la presenza dell’olandese Van Doorn viene descritta come «quella di un uomo che ha percorso il lungo cammino da islamofobo a musulmano», cosa che ben chiarisce le intenzioni dei salafiti svizzeri che questa volta potranno tenere il loro raduno in un Paese amico, pronto ad accoglierli. Figura centrale dell’evento sarà anche Aşkın Tuncay, celebre “muezzin” della moschea Sultan Ahmad della città turca Istanbul.
Dunque, anche attraverso questa manifestazione si rafforzano i legami tra salafiti svizzeri e la Turchia, protagonista anche recentemente di casi di spionaggio nella Confederazione Svizzera con un agente di polizia del Canton Basilea arrestato e licenziato negli scorsi giorni. Questa vicenda ha lasciato molti dubbi sulla permeabilità dell’apparato di sicurezza in un Paese dove non sono rari i casi di agenti di polizia domiciliati in Svizzera ma non cittadini elvetici.
Nel frattempo, la proposta di istituire imam nell’esercito svizzero ha fatto sobbalzare gli ambienti militari e politici tanto che il consigliere nazionale leghista Lorenzo Quadri ha presentato un’interpellanza al Consiglio federale in merito. Mentre la Svizzera si interroga su queste vicende, è stato presentato il rapporto annuale del Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) che certifica che nel Paese «ci sono novanta persone a rischio monitorate per i loro potenziali legami col terrorismo» e che «sono 497 gli internauti la cui attività in rete viene monitorata».
Tra sei mesi la lista verrà aggiornata e non è certo consolante sapere che nel 2016 non vi siano state nuove partenze o rientri nella Confederazione da parte di jihadisti. Dal 2001 sono state 88 le persone partite per zone in conflitto. Di queste, 14 sono tornate in Svizzera.
(foto Ticino News)