Come era prevedibile Ditib-Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion, la più grande organizzazione islamica turco-tedesca della Germania, non ha partecipato alla marcia contro il terrorismo di matrice islamista organizzata il 17 giugno a Colonia.
All’evento erano attesi 10mila musulmani, ma alla fine le adesioni raccolte non sono state più di mille. Chi c’era ha sfilato per le strade della città tedesca al motto di «Non con noi», portando cartelli con su scritti slogan come «L’odio rende la Terra un inferno».
Nelle ultime settimane la decisione di Ditib – 800mila iscritti e 900 moschee controllate solo in Germania – di non aderire all’evento aveva fatto molto discutere. L’associazione ha preso le distanze dalla marcia di Colonia spiegando che chiedere ai musulmani di protestare contro il terrorismo significa «stigmatizzarli» e facendo notare che non era giusto pretendere da loro di manifestare in pieno Ramadan.
La decisione ha provocato forti polemiche. Secondo la cancelliera tedesca Angela Merkel l’assenza di Ditib a Colonia «è stata un peccato». Critiche sono giunte anche dai ministri federali degli Interni, Thomas de Maizière, e della Giustizia, Heiko Maas.
Alla richiesta di chiarimenti sulla sua mancata partecipazione, Ditib hanno così riposto attraverso i suoi portavoce: «Le richieste di dimostrazioni musulmane contro il terrorismo sono insufficienti, stigmatizzano i musulmani e restringono il terrorismo internazionale solo a loro e alle moschee. Quindi si tratta di un segnale e di una strada sbagliata».
Questa presa di posizione non può essere più conciliabile con la stagione di dialogo promossa dal governo federale tedesco, che recentemente ha devoluto un contributo di un milione di euro all’associazione affinché contribuisca a«combattere la violenza e gli estremismi» e «incentivi l’ingresso nel mondo del lavoro dei migranti che la frequentano».
Sul perché l’esecutivo tedesco continui a considerare i rappresentanti di Ditib degli interlocutori credibili con cui dialogare per isolare gli estremisti restano forti dubbi, anche alla luce dei continui episodi di intolleranza e antisemitismo che si registrano nelle moschee controllate dall’associazione e dei post polemici e minacciosi pubblicati sui suoi social network. Vale un esempio su tutti. In alcune vignette, postate da dei membri dell’associazione nel dicembre scorso, il “Babbo Natale Cristiano” viene preso a pugni da un islamista.
A esasperare questo clima di tensione è direttamente anche il governo turco del presidente Recep Tayyip Erdogan. In Germania desta ancora oggi scalpore il caso degli “imam spioni” al servizio di Ankara, fuggiti poco prima dell’arresto per aver schedato per anni cittadini turchi residenti in Germania, oppure per aver violato la legge facendo campagna elettorale a favore del presidente in vista del referendum sulla Costituzione turca dello scorso 16 aprile.
La mancata presenza di Ditiballa manifestazione contro il terrorismo di Coloniasmaschera dunque per l’ennesima volta il vero volto delle associazioni islamiste che operano in Germania. Realtà che, anziché promuovere il dialogo, in buona parte dei casi si chiudono a riccio e, se attaccate, non esitano a denunciare di essere vittime di islamofobia. A poco più di tre mesi dalle elezioni federali del 24 settembre, l’impossibilità di un dialogo costruttivo con questi movimenti è un problema con cui Angela Merkel dovrà necessariamente confrontarsi.
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