Imam e agenti di polizia complici e una rete di migliaia di informatori. Ecco come la potente agenzia di intelligence turca MIT “sorveglia” dall’interno lo Stato tedesco
Il temuto servizio segreto turco MIT (Millî İstihbarat Teşkilâtı, Organizzazione di Informazione Nazionale) ha iniziato lo scorso mese di luglio le selezioni per coprire alcune posizioni vacanti nel proprio organico. Il reclutamento viene effettuato anche in Germania, dove il MIT non esita ad attingere da associazioni islamiche come la Islamischen Gemeinschaft Milli Görüs (Punto di vista nazionale), la Türkisch Islamische Union der Anstalt für Religion (Unione Islamica Turca per gli affari religiosi, in turco Diyanet Isleri Türk İslam Birligi, DITIB), nel recente passato alle prese con il caso degli “imam spioni”, e l’UTED (Avrupali Türk Demokratlar Birligi), collegata all’AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo) del presidente Recep Tayyip Erdogan, la cui mission è «la promozione di impegno politico, sociale e culturale dei turchi nell’Unione Europea».
Per il MIT infiltrarsi in Germania è un obiettivo primario, per raggiungere il quale nulla è lasciato al caso. Non solo imam conniventi, ma sono anche banche e associazioni d’impresa turche a muoversi e offrire spazi e coperture agli uomini del MIT. Il servizio di intelligence turco conterebbe in Germania su una rete formata non solo da agenti operativi ma anche da seimila informatori.
La rete degli informatori
Erich Schmidt-Eenboom, esperto di intelligence, definisce la struttura operativa turca in Germania come «più grande di quella della STASI». A ridosso del tentato golpe del luglio 2016 in Turchia, il MIT si è letteralmente scatenato in Germania e le sue attività sono state denunciate da un pool di giornalisti diSueddeutsche Zeitung e delle televisioni Wdr e Ndr che sono risaliti a una lista di 300 cittadini turchi spiati ma non solo. Nella lista compaiono anche i nomi di 200 tra associazioni, scuole e altre strutture con relativi numeri di telefono fissi e di cellulari intercettati, fotografie e filmati prodotti illegalmente. Il MIT pretendeva dalla BND (Bundesnachrichtendienst, l’agenzia di intelligence esterna della Repubblica Federale Tedesca, ndr) di ricevere «assistenza» nella “caccia ai gulenisti”. Stesse richieste sono state fatte al sindaco di Berlino e a diverse autorità di vari Land tedeschi che le hanno respinte indignandosi, reazione che però di certo non è servita a scoraggiare i servizi turchi.
Secondo l’Ufficio Federale per la protezione della Costituzione alcuni giovani tedeschi di origine turca che hanno partecipato a concorsi pubblici per essere arruolati nella Polizia Federale o in altre istituzioni “sensibili” del Paese, hanno avuto in passato rapporti con il MIT. Nei primi giorni di luglio alcuni traduttori-interpreti hanno visto terminare il loro rapporto di lavoro con le istituzioni tedesche in quanto è stato scoperto che fornivano informazioni al MIT.
Chi è Döndü Yazgan
Sempre nello scorso mese è esploso sui media tedeschi il caso della rimozione di Döndü Yazgan, giovane donna di origine turca a capo della Polizia di Eessen, a nord di Colonia. La donna, frequentatrice abituale della moschea centrale del DITIB a Wiesbaden e che in passato aveva ricoperto incarichi di responsabilità nell’ambito dell’immigrazione, avrebbe avuto contatti con agenti del MIT, fatto che alla lunga avrebbe pregiudicato le sue attività. Inoltre, secondo alcune testate tedesche la Yazgan il 22 luglio, dalle 18 alle 20, ha avuto un incontro nella città di Brema con Abdullah Ağar, membro del JİTEM (Jandarma istihbarat Teşkilatı, Organizzazione di Intelligence della gendarmeria turca). Il JİTEM è una struttura di intelligence della quale si sa pochissimo e di cui lo Stato turco nega persino l’esistenza. Si tratta pertanto di una struttura dello “Stato profondo” turco, il cui compito è occuparsi del “lavoro sporco” in particolare contro i curdi del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Omicidi, rapimenti e operazioni brutali sono il biglietto da visita di questa agenzia d’intelligence. Difficile capire cosa abbia effettivamente fatto Döndü Yazgan nei suoi continui viaggi in Turchia come responsabile di un progetto comune tra le polizie di Essen, Mainz e quella turca. Di certo per l’AKP la donna era vista come una figura di grande spessore viste le lodi espresse nei suoi confronti pubblicate sul giornale Sabah a margine di un forum sulla sicurezza organizzato da Turchia e Germania nel dicembre 2016. Lodi sperticate che forse hanno insospettito l’intelligence tedesca che ha cominciato a indagare sui movimenti della donna. Alla Yazgan però non vengono imputate solo relazioni pericolose con agenti del MIT ma anche le frequentazioni con diplomatici turchi in servizio e con alcuni ingombranti personaggi fedelissimi del presidente Erdogan ai quali potrebbe aver passato molte informazioni sensibili.
Oltre a Döndü Yazgan, ancheun ispettore capo della Polizia di Colonia in servizio da molti anni, anch’egli di origine turca, è stato sospeso dall’incarico perché fortemente sospettato di intrattenere rapporti con il DITIB e il MIT.
Cosa rischiano i servizi segreti europei?
Nel complesso queste vicende pongono molti interrogativi sull’effettiva capacità dei servizi segreti tedeschi di monitorare le figure e le organizzazioni turche presenti in Germania. Una domanda emerge tra tutte: quante sono le donne e quanti gli uomini di origine turca, fedeli al governo di Erdogan e impiegati nelle istituzioni di polizia o nell’intelligence della Germania o di altre nazioni europee come la Svizzera e l’Austria? E ancora, quanto è grande l’influenza delle strutture dello “Stato profondo” turco nel continente europeo?
Di certo per la Germania il colpo subito è doppio: il primo è quello di scoprirsi spiata da anni da uno Stato straniero; il secondo è che lo “Stato spione” è proprio la Turchia, che negli ultimi decenni ha visto arrivare a circa tre milioni i suoi cittadini che vivono in terra tedesca. Un numero rilevante destinato a crescere, dietro il quale si cela un mondo inesplorato per il governo tedesco. Basta leggere le conclusioni pubblicate in uno studio dell’Università di Munster dell’estate 2016, secondo il quale «quasi la metà dei tre milioni di turchi che vivono in Germania crede che sia più importante rispettare la legge islamica della Sharia piuttosto che la legislazione tedesca, se esse si contraddicono».