La Svizzera, i pentiti e gli scrocconi islamisti…

La distribuzione gratuita del Corano per le strade e nelle piazze di tutta la Svizzera non può essere vietata. Questa in sintesi l’opinione del Consiglio Federale Svizzero che doveva rispondere ad una mozione del consigliere nazionale dell’UDC Walter Wobmann che chiedeva la messa al bando come fatto in precedenza in Germania e Austria dell’organizzazione “Lies!”. La messa al bando dei gruppi salafiti chiedeva la misura anche per gli altri gruppi attivi nel proselitismo come “We love Muhammad” dell’ex galeotto (ex detenuto per tentato omicidio) oggi predicatore salafita Bilal Gümüs oppure il gruppo “ Iman” che punta molto sulle tecnologie e sul “social-life”. Gli abili imbonitori islamici oltre a distribuire gratis copie del Corano, formano i predicatori da destinare alla “dawa street”, la predicazione per le strade che serve a convincere a gli “infedeli” a convertirsi all’islam.

Secondo la massima autorità politica della Confederazione elvetica “questi gruppi come queste azioni di distribuzione del Corano non costituiscano, da solo, una minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera“. Aggiungendo nella replica che “la libertà d’opinione e di credo così come la libertà di riunione e d’associazione sono diritti protetti dalla Costituzione federale. Il Consiglio federale pur dicendosi “consapevole del fatto che gli stand informativi di “Lies!” possano essere utilizzati per avvicinare persone interessate all’Islam e per indottrinarle, oppure per offrire a persone già radicalizzate una piattaforma per creare reti e contatti con individui che condividono le medesime convinzioni “ritiene che per poter vietare “Lies!” sarebbero necessarie prove sufficienti dell’esistenza di una struttura organizzativa in Svizzera: bisognerebbe ad esempio dimostrare ogni volta che la persona interessata è membro dell’organizzazione e non ha partecipato soltanto all’attività di distribuzione del Corano”.

Non è l’unica novità che arriva da Berna di inizio Settembre: i pentiti di Al Qaeda o dello Stato islamico possono poter beneficiare di sconti di pena, cosi’ come come si fa con gli aderenti delle organizzazioni mafiose”. Dopo il Consiglio Nazionale, anche quello degli Stati ha approvato – e senza discuterla – una mozione in questo senso.

La soluzione adottata pero’ è una versione “soft” di compromesso di quella presentata dal consigliere agli Stati socialista Claude Janiak. Risultato? I giudici potranno decidere pene più miti “ai membri di organizzazioni criminali che sostengono le autorità inquirenti. C’è chi pensa pero’ che la gestione dei “pentiti” specie in questo ambito, sia molto complessa e che la gestione di individui radicalizzatisi in senso religioso nasconda piu’ di un’insidia per un paese che fatica ancora a riconoscere di avere un problema con l’islam radicale. Se non conosci a fondo il tuo nemico come puoi combatterlo ?

La doccia fredda dal Consiglio Federale è arrivata dopo qualche settimana dall’ultimo scandalo che vede coinvolti gli estremisti islamici in Svizzera, ultimo caso in ordine di tempo quello del libico Abu Ramadan predicatore salafita membro della “Fratellanza Musulmana” arrivato in Svizzera nel 1998 come perseguitato politico. Ramadan feroce antisemita, vive in Svizzera da quasi venti anni non parla nessuna delle lingue nazionali e negli anni non ha mai lavorato spendendo le sue energie per predicare nelle moschee della zona di Biel dove abita con la moglie e due figli (anche loro sussidiati dallo stato, uno ha avuto guai con la giustizia) e i viaggi in Arabia Saudita in qualità di accompagnatore di gruppi di fedeli. Fatto curioso, Ramadan che ha sempre sostenuto che in Libia lo volessero uccidere negli anni ha fatto più volte ritorno nel paese d’origine senza alcuna conseguenza. Ma allora che razza di rifugiato era? Quando gli hanno chiesto conto dei suoi viaggi ha semplicemente riposto: “Non sapevo che non potevo andare in Libia”.

Abu Ramadan al buffet alla Mecca

Ora dopo essersi intascato 600mila franchi svizzeri (526.400 Euro) di sussidi di vario tipo si avvia alla meritata pensione (2.700 franchi garantiti esclusi gli aiuti per pagare l’assicurazione sanitaria). Tutto tempo che potrà dedicare alle sue passioni di sempre ad esempio chiedere l’introduzione della legge della sharia in Svizzera”, oppure esortare i musulmani “a non integrarsi nella società elvetica e rivendicare che i musulmani che commettono reati in Svizzera non dovrebbero essere soggetti alle leggi elvetiche.” Simile all’imam libico Emir Tahirovic, barbuto 40enne salafita bosniaco venuto alla ribalta per aver vietato a una delle sue figlie di frequentare le lezioni di nuoto a scuola, ad un’altra quelle di sci alpino e al figlio più piccolo di partecipare al saggio musicale di fine anno. Anche a lui che non lavora e non ha nessuna intenzione di farlo-300’000 franchi di aiuti sociali. Il suo caso ha addirittura riunito in una colletta gli abitanti di St. Margrethen (Canton San Gallo) che vorrebbero pagargli un viaggio di sola andata verso il paese d’origine. Nel frattempo si è saputo che il clamore creato dalla vicenda di Abu Ramadan ha fatto si che Il ministero pubblico di Berna aprisse un’inchiesta preliminare sul predicatore della moschea “Ar’Rahman” di Bienne. In particolare la procura si interessa ai concetti espressi nelle sue prediche dove invocava lo sterminio degli ebrei, dei cristiani e dei russi”. Il 64enne libico un mese fa si era già visto revocare il prezioso status di rifugiato decisione che ha impugnato subito attraverso il suo legale che ha presentato ricorso. Chi pagherà tutte le spese legali dell’imam Abu Ramadan?

 

Leave a reply:

Your email address will not be published.

Site Footer