La Svizzera e le Fiction Saudite

Secondo l’ufficio Federale di statistica tra gennaio e luglio del 2017 le strutture alberghiere del nostro paese hanno registrato 431’959 pernottamenti di turisti in arrivo dai paesi del Golfo Persico. Rispetto all’anno scorso l’aumento è stato dell’1,6%. Un trend in costante crescita negli anni, basti pensare che rispetto a dieci anni fa coloro che passano le loro vacanze lontano dal caldo soffocante e dagli stretti divieti che vigono nei paesi della regione è praticamente triplicato. Per la Svizzera e il suo settore turistico questo è un mercato certamente interessante, un segmento che vuole continuare a coltivare visto che si tratta per la maggior parte di turisti che possono spendere. È probabilmente anche per questo che “Svizzera Turismo” e “Zurigo Turismo” si preparano nei prossimi giorni ad accogliere a Berna e Zurigo attori e troupe della serie televisiva “Saudiyat” (i Sauditi). I protagonisti e tutta la macchina organizzativa che gira intorno alla “fiction” godranno dell’ospitalità elvetica visto che i costi dei voli, dell’albergo e dei pasti sono offerti in modo da promuovere “il brand Svizzera” tra i sudditi della famiglia Al Saud e quelli delle altre “petro-monarchie” del Golfo Persico. C’è molta curiosità sui contenuti che verranno proposti in questa “fiction” visti i tanti divieti che vigono nel paese in particolare quelli per le donne che ancora non possono guidare la macchina e che dipendono totalmente dalla volontà del loro “wali” il loro guardiano (il marito, padre o fratello). Di Arabia Saudita si occupa e molto l’ultimo rapporto di “Human Rights Watch”, organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani che ha analizzato i libri di testo che vengono distribuiti agli studenti delle scuole pubbliche saudite per il nuovo anno scolastico. Secondo i ricercatori di “HRW” nei testi distribuiti agli studenti è impossibile parlare di un culto diverso dall’Islam che viene insegnato fin dalla tenera età, e viene insegnata l’intolleranza religiosa visto che i libri utilizzanoun linguaggio incendiario per quanto riguarda le religioni e le tradizioni islamiche che non aderiscono all’interpretazione wahabita dell’islam sunnita”. Inoltre “questi libri di testo denigrano i Sufi e le pratiche religiose sciite e qualificano gli ebrei e i cristiani come non credenti con cui i musulmani non si devono associare. La dottrina wahhabita fondata nella penisola arabica nel XVIII secolo da Muḥammad ibn ʿAbd al-Wahhāb forma un corpo unico con la famiglia reale saudita, ed è ben conosciuta per essere la lettura più rigorosa dell’islam sunnita alla quale negli ultimi 20 anni si è affiancata la corrente salafita. Il movimento salafita si ispira ai dettami rigoristi del “puro islam dei sapienti” come Ibn Taymiyya, teologo siriano del XIII secolo e fervente sostenitore del “jihad”. I salafiti sono il gruppo fondamentalista per eccellenza dell’islam sunnita anche se diviso in molte correnti di pensiero. Abbiamo ad esempio i “salafiti quietisti”, che sono coloro che predicano l’emulazione del profeta in ogni fase della vita quotidiana inclusa la lunghezza della barba, il vestire i pantaloni all’afgana per gli uomini e il burka o il niqab per le donne, e che arrivano persino a indicare il modo di lavarsi i denti, ma che nega la partecipazione alla vita politica e non pratica la violenza. Vi è poi il “salafismo politico” che vuole imporre la sua visione nella società e nella vita politica e il “salafismo guerriero”, quello della jihad armata utile per conquistare anche con l’uso della forza nuovi territori dove imporre una società rigidamente islamica amministrata dalla “sharia”. Quest’ultima dottrina salafita negli anni si è vista crescere e ha ispirato gruppi di attivisti di ogni tipo tutti con il tratto comune dell’intolleranza, del settarismo, quell’estremismo violento che attrae anche criminali comuni che in precedenza non erano mai stati religiosi. Il Cultural Intelligence Institute del Michigan (Usa), stima che negli ultimi 30 anni la casa reale saudita avrebbe speso più di 100 miliardi di dollari per diffondere la dottrina wahabita attraverso l’edificazione di moschee e centri culturali in tutto il mondo. Un esempio su tutti il Kosovo dove dopo la fine della guerra (1996-1999) sono state costruite 200 moschee tutte finanziate da ONG saudite. Per tornare al Ministero dell’Istruzione di Riad “HRW” afferma chealcuni contenuti che avevano subito provocato polemiche dopo la loro diffusione per i loro insegnamenti violenti e intolleranti a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001 rimangono nei testi attuali. Questo nonostante le promesse ufficiali del governo di eliminare il linguaggio intollerante”. Human Rights Watch infine osserva che lo “scorso febbraio il ministro dell’educazione saudita ha ammesso che era ancora necessario un più ampio progetto di riforma dei programmi scolastici senza mai proporre una data di completamento”. Sul ruolo avuto dall’Arabia Saudita (15 attentatori su 19 erano sauditi) nelle stragi dell’11 settembre 2001 da anni non si placa il dibattito e recentemente sono stati resi noti i contenuti del rapporto redatto da una Commissione d’inchiesta bicamerale americana che dimostra con prove certe i rapporti tra principi vicini alla Casa reale saudita e gli attentatori di “Al Qaeda”.

Rapporto che non ha impedito alla nuova amministrazione americana guidata tra mille problemi da Donald Trump, di recarsi nel maggio scorso a Riad dove è stato accolto con tutti gli onori e dove sono state firmati accordi per la vendita di armi americane ai sauditi per 110 miliardi di dollari. Ciak si gira?

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