Tempo di bilanci anche per i servizi segreti svizzeri (SIC). Secondo il loro ultimo rapporto sono almeno 100 le persone monitorate sul territorio nazionale perché ritenute pericolose, 2001 sono 93 coloro che sono partiti dalla Svizzera con finalità terroristiche (erano 89 ad agosto 2017). Di questi 93 casi, quelli con il passaporto rossocrociato sono 33. I quattro casi venuti alla luce nell’ultima pubblicazione si riferiscono a soggetti dei quali non si avevano notizie da anni e che sono state individuate recentemente nei teatri di guerra. Nel dettaglio si legge che 78 persone si sono recate in Siria e in Iraq, 15 in Somalia, Afghanistan, Pakistan e Yemen. I “soldati di Allah”partiti dalla Svizzera che hanno incontrato la morte sono 27, dei quali 21 casi sono confermati. Alcuni combattono ancora la loro “guerra santa” sparsi nei paesi dove permangono i conflitti, altri hanno scelto la via del ritorno in Svizzera con evidenti rischi per la sicurezza nazionale. I casi di “foreign fighters” di ritorno confermati sono 14, mentre su 3 di loro sono in corso approfondimenti che rischiano di essere lunghi e senza esiti certi. Per far fronte alla minaccia jihadista, il Consiglio Federale sta per annunciare le nuove misure per contrastare il terrorismo con il “Piano nazionale contro la radicalizzazione e l’estremismo violento”. C’è molta curiosità per la presentazione di questo piano nazionale che si spera contenga delle misure per impedire ad alcune organizzazioni salafite di fare proselitsimo per le strade della Svizzera ma no solo. E’ lecito attendersi ad esempio, rigide misure che impediscano l’invio di fondi a moschee e associazioni islamiche in continua crescita da parte di cittadini del Golfo Persico, o dagli enti governativi della Turchia, paese che agisce in maniera importante anche in Svizzera con il Ministero del culto “Dyanet”. Soldi che servono anche a pagare gli stipendi degli imam formatisi in Arabia Saudita o in Turchia che non rappresentano certo modelli di islam tollerante o progressista. A proposito di imam, nessuno sa quanti e chi siano quelli che arrivano in Svizzera anche dai Balcani come confermato dal Consiglio Federale ad una richiesta del Consigliere Nazionale Fabio Regazzi. Stesso dicesi dei “predicatori dell’odio”, pseudo imam itineranti dei quali nessuno sa nulla o quasi che vengono invitati ad esempio dal “Consiglio centrale islamico svizzero” gruppuscolo salafita che non smette di provocare con azioni ad effetto. In occasione dell’ottavo anniversario del divieto di costruzione dei minareti, circa 30 attivisti si sono riuniti per un “flashmob” in diretta Facebook lungo la famosa “Bahnhofstrasse” di Zurigo e hanno intonato canti islamici. Al termine Nicolas Blancho leader del gruppo indagato dal Ministero Pubblico della Confederazione insieme ad altri due membri del CCIS per “sospetta violazione dell’articolo 2 delle legge federale che vieta i gruppi Al Qaida e Stato islamico, così come le organizzazioni a loro vicine” ha tenuto un discorso nel quale ha denunciato “l’islamofobia” che dilagherebbe nel paese. Di lui si sono ancora occupate le cronache visto che ha accumulato debiti tra i quali spicca il mancato pagamento dell’assicurazione malattia. La cifra globale è rilevante, circa 200.000 franchi svizzeri (170.000 euro) ma l’ineffabile Blancho se la ride e continua a viaggiare per il mondo.
- Home
- Miei Libri
- Link consigliati
- Stefano Piazza
- Intelligence Lab
- Centro Studi Space
- Eyeswiss
- Oltrefrontieranews.it
- Voci dal Mediterraneo il blog di Michela Mercuri
- Cercando l’Africa vera…. il blog di Marco Cochi
- L’Observatoire de l’islamisation : la plus grande base de données francophone sur l’islamisme
- Alexander del Valle website
- Shop
- Locandine Eventi