Se il 2017 per il Presidente americano è stato all’insegna delle polemiche, delle porte girevoli alla Casa Bianca con i continui licenziamenti dello staff presidenziale, le centinaia di bugie raccontate e lo scontro perenne con la stampa, il 2018 per Donald Trump potrebbe essere ancora piu’ complicato e su molti fronti. Quello prettamente politico, uno su tutti il dibattito sugli effetti della riforma fiscale fortemente voluta dal Presidente che non raccoglie consensi anche nella FED. A tal proposito in due riunioni di fine anno (12-13 dicembre 2017) il board della “Federal Reserve” ha messo a verbale che sussistono molti dubbi sul fatto che il taglio delle tasse aiuterà gli Usa a far crescere l’economia del 4%, obbiettivo giudicato “ non realizzabile”. Secondo la Fed ” il taglio delle tasse verrebbe piuttosto utilizzato per la maggior parte dei casi, per operazioni di acquisizione o la riduzione dell’indebitamento piuttosto che per aumentare la produzione.” Vi è poi lo scontro con l’FBI al quale Trump dedica di continuo le sue attenzioni su Twitter delegittimandone di continuo il ruolo e mettendo alla berlina i suoi dirigenti e non va certo meglio con le altre agenzie di intelligence US con le quali il Presidente non ha proprio feeling. Infine il “Russiagate”, che pesa come un macigno su Trump e la sua pittoresca corte di collaboratori e familiari che non fanno ancora distinzione tra proprietà privata e Stato. Sullo sfondo di tutte le vicende pesa il complesso rapporto tra Trump e il partito repubblicano che di fatto non è mai decollato.
Il fronte politico internazionale si prevede altrettanto complicato, sono molti i focolai verbali ( e non solo) aperti proprio da Trump e dalla sua sgangherata amministrazione; la Corea del Nord con la quale ormai i toni sono grotteschi “il mio pulsante è più grande del tuo” mentre la Cina osserva divertita continuando a sostenere il giovane dittatore coreano. Vi è poi il Medio Oriente e le conseguenze della decisione (peraltro storicamente legittima) di riconoscere Gerusalemme come capitale della Stato di Israele senza averne pero’ la forza, l’autorevolezza e la capacità di sopportarne il peso politico, i rapporti ambivalenti con Arabia Saudita e Qatar, i maldestri tentativi di destabilizzare l’Iran o quantomeno di cavalcare le proteste di piazza (anche qui senza avere un progetto), e l’inizio di un pericolosissimo scontro con il Pakistan, potenza nucleare sempre pronto a implodere al quale ora Trump minaccia di tagliare gli aiuti economici. Nessuno prima di lui era arrivato a tanto, nemmeno George W. Bush e i “ Teocon” nella loro “guerrafondaia amministrazione”. Non lo fecero nemmeno quando il Pakistan manteneva e continua a farlo, l’ambiguità sulle FATA (Federally Administered Tribal Areas) dove Osama Bin Laden era ospitato. Ora con il passo del dilettante allo sbaraglio in un’area sempre al limite della crisi regionale e dove non si capisce chi comanda per davvero, interviene come sempre e a piedi pari “The Donald”.
Infine per ultimo ma solo per dinamica temporale, le anticipazioni del “Guardian”del libro di Steve Bannon ex chief strategist ed ex principale collaboratore e amico. Si intitola “Fire and Fury: inside the Trump White House” scritto insieme a Michael Wolff che non solo ne demolisce la figura insieme alla sua famiglia genero compreso, ma getta inquietanti conferme proprio sul “Russiagate” e gli incontri “ antipatriottici e sovversivi” che si tennero nella “Trump Tower”, sul ruolo avuto dai figli di Trump e del genero Jared Kushner nei molti tentativi di screditare Hillary Clinton. Donald Trump furente, parla del suo ex amico come di “uno che ha perso il lavoro e la testa”. In ogni caso il caos nel mandato presidenziale di Donald Trump aumenta senza che nessuno ne intraveda la fine.