e
Se prima o poi un governo di coalizione potrebbe nascere in Germania, nel paese si fanno conti con gli errori del passato in materia di sicurezza nazionale: islam radicale, criminalità organizzata e le pesanti interferenze da parte della Turchia. Il numero di coloro sospettati di terrorismo nel 2017 ha visto una crescita di ben cinque volte rispetto al 2016. A tal proposito sono stati aperti 1.200 nuovi dossier, 1.000 a carico di soggetti gravitanti nella galassia islamica. Il quotidiano Süddeutsche Zeitung racconta di come il governo federale tedesco abbia presentato un documento molto articolato in riposta ad una richiesta dell’AFD. Il report, per la prima volta, parla della nazionalità di coloro che, entrati come rifugiati, oggi sono sospettati di voler condurre azioni terroristiche in Germania. Al primo posto, considerati come i più pericolosi, troviamo 299 afghani, seguiti da 190 somali formatisi quasi tutti nella milizia degli al-Shabaab. Segue il contingente siriano, con 162 individui pronti a colpire.
Tutto questo senza contare i 10.600 islamisti salafiti, dei quali almeno 1.600 autodefinitisi «pronti all’azione». Una galassia, quella islamica, che ribolle in tutto il paese con alcune punte estreme, come la Renania Nord – Vestfalia, dove gli islamisti sono ben 3mila, dei quali 780 ritenuti pericolosi e in grado di esprimere una forza di persuasione sulle giovani generazioni. In questa regione il ministero dell’Interno ha già classificato 19 moschee e associazioni islamiche da chiudere e, in tal senso, passi formali sono in itinere. Mentre la Germania negli ultimi decenni si è voltata dall’altra parte pensando solo a rendere più forte la propria economia, una mafia dalle origini agro-pastorali si è fatta largo nel Paese fino a comandare. L’organizzazione criminale che per prima ha saputo cogliere le mille opportunità che offre la Germania è la ’ndrangheta calabrese, infatti, secondo il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, esistono «60 locali di ’ndrangheta», molti di più rispetto al Centro-Nord Italia. Secondo il ministero dell’Interno tedesco, dei 562 sospettati di appartenere alla criminalità organizzata in Germania, 333 sono affiliati alla mafia calabrese. La ’ndrangheta in Germania si compra tutto: ristoranti, alberghi, hotel, pizzerie da Eifurt a Essen, da Monaco, Stoccarda, Bochum a Duisburg (dove avvenne la strage del 2007) e ogni attività florida o in crisi che possa servire a riciclare i proventi del traffico di cocaina, di cui l’organizzazione è leader.
Per determinare la loro forza finanziaria basta pensare che l’80% della cocaina che arriva in Europa è in mano alla ’ndrangheta e che tutti i soldi possono essere reinvestiti nell’economia legale tedesca, visto che i rischi sono pochi. Non esiste il reato di «associazione a delinquere di stampo mafioso» e quindi nessuno si sogna di sequestrare conti bancari e aziende mentre la classe politica parla con fastidio del fenomeno della ’ndrangheta. Questo nonostante le operazioni della magistratura italiana si susseguano, l’ultima è di qualche giorno fa denominata «Operazione Stige», condotta a cavallo tra Germania e Italia con centinaia di arresti.
Ci sono inoltre le pesanti intromissioni dei servizi segreti turchi MIT, alla continua ricerca di dissidenti/oppositori presunti o veri del Sultano di Ankara. Gli uomini di Erdogan si sentono talmente sicuri in Germania che hanno alzato pesantemente il livello dello scontro. L’8 gennaio scorso il calciatore turco-tedesco Deniz Naki è sfuggito per miracolo ad un attentato in Germania mentre viaggiava di notte a bordo del suo Suv in autostrada. Naki è stato affiancato da una macchina che ha aperto il fuoco contro di lui. Chi è stato e chi sono i mandanti? Al momento coloro che hanno attentato alla vita di Deniz Naki (che oggi vive in una località protetta sotto scorta) sono ignoti, anche se qualche indizio c’è. Nell’aprile 2017, un giudice turco ha condannato il calciatore a 18 mesi con la condizionale per «propaganda filocurda» e Erdogan ne parla come di «un nemico dello Stato». Ora c’è chi pensa che la «locomotiva d’Europa» galleggi su centinaia e centinaia di milioni di euro frutto di inconfessabili traffici protetti da troppi silenzi.