da sinistra Sayed Fayek Shebl Ahmed e il figlio Saged Sayed Fayek Shebl Ahmed,
“Associazione con finalità di terrorismo”, questo il pesantissimo reato del quale devono rispondere Sayed Fayek Shebl Ahmed, già “mujaheddin” negli anni 90 in Bosnia, ex saldatore attualmente disoccupato, nato a Il Cairo 53 anni fa e residente a Fenegro’ (Como), e il figlio Saged Sayed Fayek Shebl Ahmed, (nato mentre il padre combatteva) a Zenica nel 1994 (Bosnia) oggi foreign fighter in Siria con la alla brigata “Nour El Dhine Al Zhenki”. Si tratta di un gruppo salafita non organico allo Stato islamico, confluito nella formazione terroristica “Ayat Tahrir Al Shahm”-HTS (Movimento di Liberazione del Levante). L’Emiro che lo comanda è una vecchia conoscenza delle guerre jihadiste in Siria, l’ingegnere siriano Abu Jaber Hashim al-Shaykh, già co-fondatore di “Ahrar al-Sham”, dal quale era uscito nel 2015 in seguito ai soliti contrasti interni che dilaniano questi gruppi. A fargli da vice un’altra vecchia conoscenza del jihad, quel Abu Muhammad al-Julani, già comandante di “Jabhat Fateh al-Sham” un tempo “Jabhat al-Nusra”. Il 53enne egiziano è stato arrestato nella sua casa di Fengro’ (Como) all’alba di venerdì 26 gennaio dagli agenti della Digos di Milano e di Como, per il figlio 23enne invece, un mandato di cattura con le stesse accuse. Non solo marito e figlio, ma anche la 45enne moglie e madre marocchina era ben inserita nel contesto del radicalismo islamico.
Saged Sayed Fayek Shebl Ahmed in Siria
Per questo è stata arrestata ed espulsa immediatamente verso il Marocco con un provvedimento urgente firmato dal ministero dell’Interno, Marco Minniti. L’operazione antiterrorismo è stata condotta utilizzando intercettazioni, ambientali, telematiche e altre attività tecniche che hanno mostrato quanto il padre fosse fiero di avere un figlio “votato al martirio”. Disprezzo invece per l’altro figlio definito “un cane” perché estraneo alla violenza e alla religione e perché frequenta una ragazza italiana, e per la giovane figlia non radicalizzata che lavora onestamente. Disprezzati ma obbligati a versare una parte dei loro guadagni mensili da inviare al fratello combattente in Siria, una diposizione paterna sulla quale non si poteva discutere.
L’operazione di ieri mattina mostra come il radicalismo di matrice islamista-salafita non si possa solo trovare nelle periferie delle grandi città come Milano o Roma. Anzi, i piccoli centri di provincia o città laboriose come Lecco, Como, Varese, Modena,, Cremona, Verona, Treviso, Siena, Bologna, Reggio Emilia, Brescia e molte altre, siano particolarmente adatte allo scopo visto l’alto numero di immigrati presenti nelle fabbriche e nel terziario. Il Comune di Fenegrò che si trova in provincia di Como, dista solo una quarantina di chilometri da Lugano e ancor meno da Chiasso, due comuni ticinesi dove esistono delle moschee molto frequentate anche dall’Italia durante la preghiera del Venerdì. Il Direttore del Dipartimento delle Istituzioni del Canton Ticino Norman Gobbi, ha dichiarato recentemente : “Il Ticino e la Svizzera non sono esenti dalla minaccia terroristica, ma la guardia è alta”. C’è da sperare che Gobbi e i suoi uomini riescano a mantenerla tale visto che da Berna i segnali sono troppo spesso contraddittori.
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