Tra molti inciampi, mille polemiche e lo spettro del Russiagate che aleggia sulla Casa Bianca e che lo accompagna ovunque, Donald Trump ha partecipato come presidente degli Stati Uniti al Forum economico mondiale (WEF) di Davos. Abbiamo seguito il suo intervento di ieri. Che dire? Del suo grandioso programma elettorale che aveva come punto forte gli investimenti miliardari da dedicare alle carenti infrastrutture del Paese vedi strade, autostrade, aeroporti e ospedali non si è visto ancora nulla. È vero la borsa tira e Trump ha messo mano al fisco tagliando le tasse, ma sono in molti a pensare che tutto questo genererà nel medio periodo una nuova esplosione del debito pubblico arrivato oggi alla spaventosa cifra di 20 mila miliardi dollari ai quali occorre aggiungere 3.124 miliardi di debito degli stati e delle città (www.usdebtclock.org). Investimenti quelli annunciati durante la campagna elettorale, rimasti solo sulla carta del «Make America Great Again» vero mantra del tycoon messo alla berlina persino da Steve Bannon con un libro che tra verità e qualche bugia, lo descrive non certo come un presidente capace di governare un Paese complesso come la più grande potenza mondiale.
Durante questo primo anno The Donald si è principalmente dedicato a cancellare le leggi volute dal suo predecessore e a smontare quel che resta dello stato sociale americano, compito sul quale avevano purtroppo lavorato tutti coloro che hanno occupato lo studio ovale negli ultimi decenni. Donald Trump ha provato in questi dodici mesi anche ad affermarsi come leader globale senza però raccogliere grandi consensi anzi, le diffidenze nei suoi confronti sono aumentate anche in paesi come la Gran Bretagna che inizialmente ne aveva salutato l’elezione.
Il resto del tempo lo ha passato a sostituire gran parte del suo staff anche per allontanare i sospetti che gravano sulla sua famiglia in merito alle note e presunte interferenze russe oltre a difendersi dalle polemiche da lui stesso innescate grazie all’uso disinvolto di Twitter. Ultima prova dell’incapacità politica del presidente è stato il temuto shutdown che stava per paralizzare il Paese, anche qui Trump voleva la resa dei conti con la sua proposta di votare le leggi di bilancio a maggioranza semplice mettendo i democratici nell’angolo. Le vecchie volpi del suo partito non lo hanno seguito preferendo evitare di prendere in mano il coltello dalla parte della lama. Perché? Sanno benissimo numeri alla mano, che le elezioni del novembre prossimo potrebbero sancire il cambio di maggioranza quindi, meglio non cercare lo scontro con l’opposizione. In questa partita si è speso e molto Mitch McConnell, capogruppo repubblicano che ha garantito ai “Dem” che si troverà una soluzione al problema degli oltre 800mila “Dreamers”, immigrati senza permesso di residenza arrivati negli USA da bambini anche dai “paesi cesso” così li ha chiamati Trump, cresciuti come americani, che il tycoon vorrebbe espellere per dare una nuova prova muscolare al suo elettorato.
Il compromesso trovato tra le forze politiche sposta il limite dello“shutdown”al prossimo 8 febbraio, c’è quindi il tempo per affinare quelle intese che chi fa politica dovrebbe saper cercare e trovare anche con chi milita dall’altra parte. Come decideranno i senatori americani lo vedremo, tuttavia la vicenda dello“shutdown”per il momento evitato, sembra un manifesto della “vecchia politica” che negli anni a varie latitudini, imprenditori, rottamatori e comici vari hanno sempre detestato. Oggi io governo e tu stai all’opposizione, pero’ sono consapevole che domani potremmo scambiarci il posto e per questo, non gioco allo sfascio, non ti demonizzo, non distruggo le istituzioni e rispetto le regole che ci siamo entambi impegnati a rispettare.
Così si alimenta una democrazia e così nascono e crescono leader politici capaci di guidare democrazie compiute che non devono affidarsi a comandanti supremi ai quali obbedire ciecamente. Per tornare a Trump che contro i democratici si era subito scatenato accusandoli «di anteporre gli interessi degli immigrati illegali a quelli della maggioranza dei cittadini a cui vengono negati i servizi pubblici» può essere almeno soddisfatto che i soldati e i civili che lavorano per l’esercito continuino a percepire il loro salario. Lo stesso vale per coloro che sono impiegati nella CIA, FBI e NSA. Con l’aria che tira è bene che continui ad essere così, e per comprederlo a volte basterebbe solo ascoltarli nel briefing mattutino.