I disabili come kamikaze. L’Isis è proprio alla frutta (“Libero” 17.02.2018)

In Siria e in Iraq il Califfato è ridotto ai minimi termini e ricorre ormai a combattenti donne e bambini. E fa attentati pure con gli handicappati.

Nonostante la guerra in Siria e Iraq sia praticamente uscita dalle cronache quotidiane dopo la caduta delle due «capitali» del Califfato, Mosul e Raqqa, ogni giorno si contano sul terreno decine di morti. Lo Stato islamico benché a ranghi ridotti e con minori risorse economiche, oggi utilizza chiunque possa essere utile alla sua causa. Al fronte non è raro trovare le donne jihadiste, tutte fanatiche che un tempo venivano lasciate nelle retrovie e che oggi combattono al grido di «Allah Akbar». Dei bambini soldato i cosiddetti «lenocini del califfato», si è detto e scritto moltissimo. Le donne dell’Isis oggi non sono più solo delle vittime del fenomeno jihadista come un tempo, sono diventate protagoniste. Agli esordi del califfato venivano cooptate grazie alla incessante manipolazione psicologica in modo da farle partire con la promessa di sposare un guerriero che le avrebbe protette, e che gli avrebbe regalato una vita da principessa islamica poi al loro arrivo, l’amara realtà: il burqa, le botte e per molte di loro il dover «allietare» i jihadisti nei bordelli del califfato. Cel tempo però le donne islamiche che hanno aderito alla versione più estrema dell’islam sunnita, si sono conquistate il loro spazio e oggi, combattono e progettano azioni violente. A titolo di esempio si ricorda quando in Francia nel settembre scorso nei pressi della cattedrale di Notre Dame, la Polizia durante un giro di routine, notò una Peugeot parcheggiata un po’ fuori dalle strisce. Una volta che si avvicinarono al veicolo videro all’interno sei cilindri pieni di gas che se azionati, avrebbero fatto una strage immane. Grazie alla videosorveglianza si scoprì poi che a parcheggiare l’autobomba erano state tre donne che ubbidivano al jihadista francese di origini algerine-yemenite Rachid Kassim, ritenuto un reclutatore dell’Isis e ispiratore di molti attacchi in Europa. In seguito (10 febbraio 2017) Kassim venne eliminato da un drone americano a Mosul.

PARI OPPORTUNITÀ Negli scorsi mesi la propaganda jihadista per mancanza di adepti ha iniziato a rivolgersi anche ai disabili offrendo loro la possibilità di dare il loro contributo. Il tutto ammantato dal voler dare opportunità inclusive a tutti i cittadini quasi come una socialdemocrazia. In molti hanno riposto: «È vero che sono disabile, ma mi hanno dato molti suggerimenti in merito alle aree in cui avrei potuto lavorare». Così diceva nel suo video di propaganda il disabile Abu Abdillah Ash-Shami «Non lo faccio per debolezza o per angoscia o sofferenza ma per Allah. Faccio questo a causa del mio desiderio di incontrare Allah». Il video prosegue con la scena dove i jihadisti sollevano l’attentatore suicida dalla sua sedia a rotelle e lo mettono al posto di guida del furgoncino bomba. Gran finale con l’uomo che saluta la figlia e la nipote in lacrime. Ultima scena il boato e le fiamme portate in un villaggio curdo dal disabile-kamikaze.

ANCHE IN LIBIA Già nel 2016 i disabili erano stati utilizzati nella propaganda jihadista: il magazine americano Newsweek pubblicò una foto che ritraeva un miliziano in sedia a rotelle di fronte a un prigioniero che indossava la classica tuta arancione come i detenuti di Guantanamo, inginocchiato e pronto a essere giustiziato. Il cartello che si vede nella foto mostra che sarebbe stata scattata in Libia, titolo: «Esecuzione di spie nella città di Sirte» (Isis Wilayat Tarabulus provincia di Tripoli). Il magazine non le ha pubblicate, ma ci sarebbero altri scatti che mostrano due prigionieri decapitati accanto a quello che appare nella prima fotografia e che sarebbe stato impiccato e successivamente crocifisso.

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