Dopo la Germania anche la Svizzera sta diventando il luogo ideale per gli uomini del MIT- «Millî Istihbarat Teskilâti», servizi segreti turchi alla perenne ricerca di oppositori veri e presunti del regime islamista di Recep Tayyip Erdogan. Il ministro della difesa svizzero Guy Parmelin, ha affermato «di essere preoccupato» dopo che il Consiglio federale ha reso noto che nelterritorio della Confederazione, «le attività di spionaggio sono in aumento». Secondo il rapporto del governo «il numero degli agenti segreti che operano sotto copertura diplomatica è notevole. Nel caso di un paese, il Consiglio federale sospetta persino che oltre un quarto del personale diplomatico sia legato ai servizi di intelligence». Chi sia il «Paese» non è stato detto esplicitamente, ma sono in molti a volgere lo sguardo verso Ankara e Mosca, in queste ore alle prese con le vicende accadute nel Regno Unito.
L’OPERAZIONE CIMITERO Per tornare alla Svizzera qualche giorno fa il quotidiano zurighese Tages-Anzeiger, ha riferito di una brutta storia che vede ancora una volta gli uomini di Ankara protagonisti. Nell’estate del 2016 alcuni funzionari in servizio presso l’ambasciata turca di Berna, si sarebbero concretamente attivati per effettuare una «rendition» (detenzione illegale) di un cittadino svizzero di origine turca che a loro dire, sarebbe membro dell’organizzazione «Hizmet» creata da Fetullah Gülen un tempo sodale dell’attuale presidente Erdogan. Gli impiegati dell’ambasciata turca Haci Mehemet G. addetto stampa (nel frattempo licenziato), e Hakan Kamil Y segretario dell’ambasciata (ancora in servizio), con l’ausilio di altre tre persone ancora senza nome, avrebbero tentato di reclutare un loro connazionale che si sarebbe dovuto occupare di drogare l’uomo d’affari svizzero-turco per spedirlo poi agli uomini del MIT ad Ankara che lo avrebbero preso in consegna. Tutto era stato predisposto in almeno tre incontri ben documentati dal Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC). Gli agenti turchi s’incontravano vicino a un cimitero cittadino (da qui il nome di «operazione cimitero»), certi di essere riusciti a convincere il connazionale grazie a pesanti pressioni psicologiche e al denaro. L’uomo però alla lunga non ha retto ed è crollato psicologicamente. Ha preso contatto con le autorità che lo hanno messo sotto protezione così come colui che doveva essere drogato, impacchettato e spedito in Turchia.
IL GENOCIDIO COPERTO Il caso sta facendo montare la polemica politica visto che non sono ancora spenti gli echi del caso degli «spioni» turchi all’università di Zurigo nel dicembre 2017. Durante una lezione alcune persone sono state fotografate ripetutamente mentre si discuteva del genocidio degli armeni (1915-1916), verità storica che i governi turchi hanno sempre negato respingendo il termine «genocidio» e mettendo in dubbio l’espulsione e l’uccisione di 1,5 milioni di armeni da parte dell’Impero Ottomano. Anche a seguito di questo caso la Svizzera si scopre sempre meno sicura. Dell’aumento delle cyber-intrusioni ai danni di organizzazioni internazionali, ambasciate e aziende che hanno sede nella Confederazione si sono occupate le cronache negli ultimi mesi. Senza dimenticare le floride attività della criminalità organizzata, nello specifico quelle della ’ndrangheta calabrese in Svizzera che procedono indisturbate, e la crescita dell’islam radicale al quale nessuno o quasi si oppone.