Se i jihadisti arrivano dal Lago Lemano

In un’intervista pubblicata da “Tribune de Genève” e da “24 Heures”, il Consigliere di Stato ginevrino Pierre Maudet ha parlato del grave pericolo jihadista che incombe sulla Svizzera. Nel canton Ginevra le persone che vengono monitorate per il loro estremismo religioso sono 86 ma ciò che preoccupa è il fatto che rispetto all’anno precedente, in cui erano 42, il loro numero è quasi raddoppiato. Sono numeri che non dovrebbero sorprendere, almeno i piu’ attenti, visto che da tempo il canton Ginevra, così come quello di Basilea, sono diventati, anche grazie alla loro particolare posizione geografica, il crocevia di incontri “ad alto rischio” tra personalità della galassia islamista europea, in particolare quella che fa riferimento ad Al Qaeda. Sempre secondo il Consigliere di Stato ginevrino “si può andare dalla sorveglianza leggera su internet, alla sorveglianza fisica 24 ore su 24”, di cui i casi sono pochi, mentre il numero delle persone segnalate rimane sostanzialmente stabile: “366, contro le 350 registrate a febbraio 2017”.

 

Non è quindi un caso se tra gli 86 individui che dal 2015 hanno tentato di recarsi in Siria o in Iraq per arruolarsi nel Dawla al-Islāmiyya (Stato islamico), o nelle file di Jabhat al-nusra li-ahl al-Shām– , ossia “Fronte del soccorso al popolo di Siria”, oggi “Hayat Tahrir al-Sham” (Organizzazione per la liberazione del Levante) 15 di loro vengano da Ginevra dove l’estremismo islamico “batte bandiera” nord-africana. Tuttavia, non va assolutamente sottovalutato il pericolo rappresentato dall’estremismo islamico balcanico che fa proseliti tra gli immigrati bosniaci, macedoni, albanesi e kosovari, i quali non di rado possono ascoltare nelle moschee e nelle loro associazioni, i predicatori itineranti dell’odio. Sempre sul lago Lemano ruolo certamente di rilievo lo ha la moschea di Petit-Saconnex ( finanziata dall’Arabia Saudita) che da tempo non conosce pace e che molto probabilmente altrove sarebbe già stata chiusa da tempo. Ancora la “Tribune de Genève” mette in rilievo che il cantone che fa il pieno di “aspiranti martiri” è quello di Zurigo: 18, dei quali 12 a Winterthur, cittadina dove per anni si sono tenute le attività della moschea “Al Nur” (La Luce), ben presto diventato luogo di predicazione salafita violenta. Tra coloro che frequentavano i locali della moschea di Winthertur c’era Valdet Gashi, albanese del Kosovo che dopo l’emigrazione in Germania all’età di sei anni, arrivò in Svizzera. Gashi, sposato e con due figli che fu prima campione tedesco e poi campione del mondo di kickboxing, si convertì all’islam grazie al gruppo salafita “LIES!”. L’uomo univa estremismo e kickboxing nella sua palestra MMA (Mixed Martial Arts e Sunna) dove si preparava fisicamente ma non solo, allenava anche dei giovani fra i 16 ed i 20 anni entrati poi grazie e con lui nella spirale del jihadismo. Qualche mese fa la giornalista della RSI Maria Roselli ha raccontato nel programma televisivo “Falò” la storia di Valdet Gashi e quella dei ragazzi finiti con lui a fare la “ guerra santa “ in Siria. Il campione di “kickboxing” e uno dei suoi giovani amici ( di origini italiane) sono morti nei dintorni di Kobane il 27 giugno 2015, Christian (nome di fantasia) aveva solo 18 anni, mentre Vadet Gashi 29. Uno degli ultimi post pubblicati da Gashi sul suo profilo Facebook fu questo : “Stiamo cercando contrabbandieri che portino qui beni illegali come sigarette, alcol o droghe, cosa assolutamente proibita. Per la grazia di Dio non ho ancora dovuto usare la mia arma. L’effetto deterrente è molto grande e da allora ci sono stati pochissimi casi simili” Entrambi erano convinti che nello Stato islamico avrebbero trovato comunque sarebbe andata, lo “Jannah-al-Firdaus- il paradiso islamico.

la moschea di Petit-Saconnex

 

Leave a reply:

Your email address will not be published.

Site Footer