A quattro mesi dalle elezioni politiche, il governo svedese, con a capo il primo ministro socialdemocratico Stefan Löfven, ha deciso che la Svezia deve islamizzarsi completamente. Per il governo di Stoccolma non bastano i 400.000 profughi fatti arrivare nel Paese dal 2012 (uno ogni 25 svedesi, record assoluto in Europa) e i circa 400.000 musulmani che vivono in Svezia. La bandiera verde dell’islam deve sostituirsi a quella giallo-blu e per questo il governo rosso-verde spinge sull’acceleratore. Vediamo come: negli scorsi giorni l’esecutivo svedese ha dato il via libera alla diffusione dell’adhan (la chiamata islamica alla preghiera fatta dal muezzin) nella 22esima città più popolata della Svezia, la città di Växjö. Lo stesso è stato fatto già nel 2013 a Botkyrka (sobborgo di Stoccolma), dove la locale moschea » si è dotata di un minareto alto 30 metri, e a Karlskrona (nel sud della Svezia). Che ne pensano gli svedesi di queste decisioni? Secondo un sondaggio condotto dall’Istituto di opinione «Kantar Sifo», il 60% degli intervistati ha dichiarato di averne abbastanza e di volere il divieto dell’adhan in Svezia. E il governo che fa? Naturalmente se ne infischia e tira dritto. Quindi, per un periodo sperimentale di un anno, ogni venerdì dalla moschea di Växjö il muezzin potrà chiamare alla preghiera «ma il volume degli altoparlanti non dovrà superare 110 decibel all’esterno». Raggiante Avdi Islami, portavoce della comunità musulmana di Växjö; «migliaia di musulmani visitano la moschea ogni anno e poi l’adhan è uguale alle campane della vostre chiese». Alle critiche ha risposto il primo ministro svedese socialdemocratico Stefan Löfven, il quale ha affermato: «La fine del comunitarismo va di pari passo con la lotta alla disoccupazione, come la lotta per scuole e quartieri di qualità. La società svedese nel suo insieme si basa su diverse religioni». In Svezia più del 15% della popolazione totale (circa 10 milioni) è di origine straniera e quasi due milioni di persone vivono in quartieri come Rinkeby alla periferia di Stoccolma, abitato da 16mila persone di 60 etnie differenti e dove si parlano più di 40 lingue. Da queste parti gli svedesi sono sempre di meno: uno ogni venti abitanti, soppiantati da somali, iracheni, siriani, etiopi, turchi, bosniaci, romeni, bengalesi e anche sudamericani. Ottimismo e gioia che non bastano a nascondere i problemi di un Paese che ogni anno accoglie più di 200.000 nuovi immigrati provenienti in maggioranza da Balcani, Iraq, Siria, Giordania e Palestina. Tuttavia, nemmeno il politicamente corretto imperante nei palazzi di Stoccolma, dove i Fratelli Mussulmani si sono fatti largo pesantemente (soprattutto nel partito dei Verdi, dove la presenza è massiccia), riesce a nascondere i gravissimi problemi di sicurezza che interessano molte città, con Stoccolma e Malmö a contendersi il triste primato della situazione peggiore. Attualmente in Svezia si contano 55 aree urbane dette «no-go areas», di fatto repliche delle tristemente note «ZUS» francesi (Zone urbaine sensible), dove le ambulanze, i pompieri e i gli addetti della posta possono entrare solo se scortati dalla polizia, la quale viene accolta con lancio di pietre, biglie di ferro e, non di rado, con colpi di armi da fuoco.
Di queste vere e proprie «enclave islamiche» parlano i rapporti di sicurezza nazionale svedese sin dal 2013. Mappe e dati fotografano un Paese in completo dissolvimento che tra qualche mese andrà al voto e dove i «Democratici di Svezia» (formazione di estrema destra) sarebbero già al 20%. Una campagna elettorale dove i temi dominanti saranno la sicurezza e l’integrazione mentre nelle «no-go areas» ogni giorno esplode la violenza.
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