A poche ore dall’inizio dei mondiali di calcio le nazionali che saranno protagoniste del grande evento sono giunte in Russia dopo aver giocato una serie di gare amichevoli utili a «mettere minuti» nelle gambe. E con questo spirito che si sarebbe dovuta giocare a Gerusalemme il 9 giugno 2018 l’incontro di calcio tra la «selection» argentina data per favorita alla vittoria finale, e la nazionale di Israele. Una normalissima partita di calcio però è stata trasformata in un caso politico internazionale dagli esiti sconfortanti. Non appena è stata annunciata la partita si è levata la protesta di Jibril Rajoub che oltre ad essere esponente di «Al Fatah» (movimento nazionalista palestinese fondato da Yasser Arafat), è anche presidente della locale Federcalcio. Di lui si dice che dopo un periodo di appannamento, potrebbe prendere il comando dell’autorità nazionale palestinese che ha in Mahmoud Abbas, un leader ormai anziano e ammalato. Jibril Rajoub ha subito incendiato il clima della partita dichiarando : «La nazionale Argentina non venga a giocare con Israele a Gerusalemme altrimenti milioni di fan palestinesi e arabi bruceranno la maglietta di Lionel Messi».
Per far saltare la partita si sono attivati molti deputati arabi al parlamento israeliano e gli irriducibili esponenti del Bds (Boicottaggio e disinvestimento di Israele) ben conosciuti anche alle nostre latitudini per l’attitudine di avere cuore a sinistra, il sedere al caldo e borsellino a destra. Il pressing e le minacce hanno investito L’AFA (Asociación del Fútbol Argentino) e i singoli giocatori compreso il fuoriclasse e simbolo del Barcellona Lionel Messi. Lui e il portoghese Cristiano Ronaldo da mesi, vedono la loro immagine nei poster dello Stato islamico che invita «i lupi solitari» a colpire la manifestazione calcistica. Entrambi vengono ritratti in ginocchio con alle spalle un miliziano dell’Isis nell’atto di tagliargli la gola: inutile dire che le stesse immagini le vedono le famiglie e i figli degli stessi giocatori che a parte il denaro e la fama, sono uomini esattamente come noi. Il ministro dello sport dello Stato ebraico Miri Regev, ha svelato alcuni particolari in merito alla vicenda: «Da quando gli argentini hanno annunciato che avrebbero giocato in Israele, gruppi terroristici hanno inoltrato ai giocatori della nazionale argentina e ai loro congiunti messaggi e lettere, includendo chiare minacce che avrebbero colpito loro e le loro famiglie. Hanno anche associato immagini video di bambini morti». Inizialmente l’AFA ha provato a resistere alle pressioni e alle minacce sperando che il silenzio bastasse a calmare le acque, chiaro che non pensavano che si superassero i limiti della becera e consueta propaganda palestinese. Si sbagliavano; qualche giorno fa un gruppetto di sedicenti tifosi è arrivato nel ritiro della «albiceleste» (Barcellona) forniti di bandiere e maglie della nazionale argentina (una su tutte quella di Lionel Messi) macchiate di rosso sangue. Per i giocatori è stato davvero troppo e dopo un rapido consulto con i dirigenti della federazione la partita è stata annullata. Non c’è da stupirsi di quanto accaduto, chi li conosce e li studia da tempo conosce «la nobiltà del casato». Pianti e vittimismo con chi li appoggia e finanzia e pioggia di missili e autobombe per chi si difende dal loro odio. Ora chi odia Israele e i nemici della democrazie fanno un nuovo passo avanti; le minacce preventive possono fermare anche lo sport. Lo stesso è già accaduto nel giornalismo, nella letteratura e nel cinema ambienti dove non operano più i prigionieri del libero pensiero. Tutti spariti dalla scena perché inseguiti (quando va bene) da «fatwe» maomettane. Così sono svaniti dalla vita pubblica o finiti sotto scorta il filosofo francese Robert Redeker, i vignettisti del giornale danese Jylland-Posten Lars Vilks e Lars Hedegaard entrambi scampati anche a degli attentati,Vebjoern Selbekk il direttore del periodico norvegese Magazinet che ripropose le vignette del 2005, Flemming Rose altro giornalista del Jyllands-Posten e moltissimi altri. Di Theo Van Gogh ammazzato come un cane per strada ad Amsterdam nel 2004 e della redazione di Charlie Hebdo spazzata via a colpi di kalashikov nel 2015, sappiamo tutto. È triste ammettere che nel 2018 anche una semplice partita di calcio possa essere annullata perché gli islamisti non la vogliono. Domanda: se i cittadini di Milano dovessero scendere in piazza perché non vogliono ulteriori sette moschee a Milano una delle quali è stata assegnata dal Sindaco Giuseppe Sala agli estremisti turchi di Millî Görüş, che cosa accadrebbe? Sta tutta qui la nostra debolezza, quella di non aver compreso anche in Svizzera, che non si può essere tolleranti con gli intolleranti. Ma forse è già troppo tardi.