
Attraverso l’agenzia stampa Amaq lo Stato islamico, ha annunciato la morte di Huthaifa al-Badri, «un combattente d’elite», cioè uno dei figli del califfo Abu Bakr Al Baghdadi. Secondo Nashir News, media legato all’Isis, sarebbe morto in un attacco sferrato da un attentatore suicida contro le forze di Damasco e gli alleati russi in una centrale elettrica di Homs. Potrebbe anche essere una manovra diversiva, per allentare la morsa intorno al padre, che è ancora in fuga e continua a cambiare covo mentre americani, russi e curdi gli danno la caccia senza contare i cacciatori di taglie che hanno 25 buoni milioni di motivi per ucciderlo. Con lui si trova un ristrettissimo gruppo di fedelissimi, quasi tutti iracheni, che ne proteggono gli spostamenti e le attività, ridotte al minimo per evitare i droni americani. Si spiega anche così il silenzio mediatico del califfo che teme che anche un solo insignificante dettaglio, un frammento audio presente in un video di propaganda o in una fotografia potrebbe consegnarlo in poche ore agli analisti del Pentagono o del Cremlino che non sprecano mai o quasi, le buone occasioni. Sabato e domenica scorsi il monte Karachok, che si trova vicino alla città di Makhmour, a circa 60 chilometri a sud ovest di Erbil (o Arbil città curda dell’Iraq) è stato pesantemente bombardato per diverse ore dalle forze americane supportate dai combattenti Peshmerga curdi comandati da Sirwan Barzani.
Obbiettivo del raid erano alcuni combattenti dell’Isis rifugiatisi sull’impervia montagna dopo numerosi scontri a fuoco nei giorni precedenti. Si è compreso subito che non erano jihadisti qualsiasi quelli ai quali le forze Usa e curde davano la caccia viste le risorse messe in campo. Tra loro c’era uno degli uomini attualmente più vicini al califfo ovvero «il capo della finanze e della logistica dello Stato islamico, il misterioso Abu Obaida che è stato ucciso nel raid. La notizia è stata confermata dal capo delle forze Peshmerga a Makhmour che ha anche riferito: «Altri due esponenti dell’Isis sono stati uccisi nel raid».
Ma chi è davvero Abu Obaida? Si tratta di un vecchio combattente che ha cambiato nome oppure si tratta di una nuova leva dell’Isis? Di lui non esistono immagini o video pubblici (ovvio che l’intelligence Usa abbia il suo dossier ) ed è quindi complesso dargli un volto e, soprattutto, stilarne una qualsiasi biografia. C’è chi pensa che, conoscendo l’abilità con la quale si muovono i combattenti dell’Isis e la facilità con la quale assumono identità false e relativi passaporti, non sarebbe una sorpresa scoprire che dietro al nome di Abu Obaida non ci sia qualche foreign fighter del quale non si hanno più notizie. Ipotesi che contrasta con le opinioni di autorevoli personalità che ritengono che oggi Abu Bakr al Baghdadi non possa che avere attorno a sé solo jihadisti iracheni meglio se ex ufficiali dell’esercito di Saddam Hussein che con lui hanno iniziato la folle e criminale avventura dello Stato islamico.

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