LA FINANZA CORANICA IN SOCCORSO DI ERDOGAN- Il Qatar si è comprato anche la Turchia ( Libero 17.08.2018)

Arriva il soccorso dal Golfo Persico. L’attività diplomatica di Ankara lascia il passo alle richieste agli amici di sempre: gli emiri del Qatar. Sheikh Tamim ben Hamad Al-Thani durante una visita ad Ankara ha annunciato investimenti in Turchia per 15 miliardi di dollari. Gli emiri di Doha, ai ferri corti con i sauditi, quando si tratta di finanziare qualcuno non si fanno problemi; l’islam in Europa per il quale edificano moschee ovunque, squadre di calcio e, se capita, anche a qualche gruppo jihadista come il Fronte Al Nusra in Siria. Così la lira turca, nella giornata di ieri, si è risollevata un po’, toccando quota 5,71 contro il dollaro, dopo che il 13 agosto servivano 7,24 tl per un biglietto verde, all’apice di una perdita del 40% in poche settimane. Chi si era prematuramente illuso che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan avesse alzato bandiera bianca a causa della grave crisi finanziaria del Paese, inizia a ricredersi. L’uomo che ha trasformato la Turchia laica in una nazione islamica, non ne vuole proprio sapere di lasciare il potere. Prima di agire all’esterno mentre la lira turca continuava a perdere valore, si è rivolto al Paese denunciando il complotto ordito contro la Turchia. Tutto questo senza ammettere il benché minimo errore per le politiche autolesionistiche in materia economica condotte dal suo partito. IL SUBLIME GENERO Nessun dubbio, nessuna incertezza nemmeno sul «sublime genero» Berat Albayrak nominato dal Sultano ministro dell’Economia e delle Finanze che finora si è distinto solo per le tesi complottistiche «la lira turca sta andando male per colpa di un complotto internazionale». Erdogan ha anche esortato i propri concittadini-sudditi a comprare moneta turca vendendo dollari ed euro ma non solo, ha chiesto al suo popolo di non acquistare più prodotti americani come quelli di Apple per danneggiare l’economia Usa. In tal sesnso sul web circolano video girati in Turchia che mostrano alcune persone che sparano ai loro iPhone. Rassicurato il fronte interno il Presidente turco ha spiegato dalle colonne del New York Times che «la Turchia si sarebbe cercata presto nuovi alleati per supplire al voltafaccia di Trump sui dazi». Poi è passato al fronte europeo chiamando al telefono la Cancelliera tedesca Angela Merkel (che vedrà a settembre a Berlino) con la quale ha da tempo rapporti tempestosi per ringraziarla di aver detto in piena tempesta valutaria che «nessuno ha interesse in una destabilizzazione economica della Turchia». Stessa opera di recupero dei rapporti diplomatici è stata svolta con il francese Emmanuel Macron con il quale la Turchia vuole «rafforzare i legami commerciali». I DIRITTI UMANI Con gli Usa permane lo stato di tensione dopo che il governo di Ankara ha aumentato a sua volta i dazi sulle importazioni di vari prodotti made in USA. Una chiara misura ritorsiva dopo le sanzioni americane che hanno fatto crollare la lira turca. Ma non ci sono solo i dazi a dividere Trump e Erdogan; sullo sfondo c’è anche il destino del 50enne pastore evangelico Andrew Brunson, cittadino americano nato in North Carolina trasferitosi nel Paese della mezzaluna 23 anni fa e rinchiuso in un carcere turco dal 2016, accusato di sedizione e complicità nel fallito colpo di Stato e legami con il leader religioso Fetullah Gülen. Parlando del pastore Brunson, Donald Trump ha ricordato che in Turchia «hanno un grande cristiano, un uomo veramente innocente». Ora bisognerà attendere la reazione di Washington ma soprattutto, quella di Riad. Insieme se lo volessero potrebbero far arrivare sull’esangue lira turca, la «tempesta perfetta».
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