L’Interpol ha ricevuto nelle scorse settimane un documento destinato ai “lupi solitari” e ai militanti islamisti non ancora pronti all’atto di forza in modo che si attivino. Appena 16 pagine, ma sufficienti per spiegare come avvelenare acquedotti e fabbriche di alimenti, come colpire centrali elettriche e dighe che servono le grandi città europee. Senza dimenticare le stazioni ferroviarie, treni da far deragliare mettendo appositi ostacoli sui binari, il dirottamento degli aerei che insieme agli aereoporti, sono considerati da sempre obbiettivi primari sia da Al Qaeda che dello Stato islamico. Il documento è stato costruito facendo la sintesi di diversi testi destinati ai jihadisti e di fatto è un copia incolla di diversi manual, due quelli utilizzati in particolare; “Lone Wolf Mujahideen Safety-Security Guidelines” diffuso dal Daesh nel 2016 e “Inspire Train Derail Operations” di Al Qaeda. Non solo spiegazioni tecniche su sostanze da usare, ma anche consigli comportamentali ad esempio, come agire senza farsi prendere dal panico mantendo salda la concentrazione e la fede.
TECNICHE DI RECLUTAMENTO
Fondamentale è la metodologia da adottare per coinvolgere nuovi militanti da iniziare all’avventura jihadista: “i fratelli che vogliono unirsi a te, devi conoscerli molto bene. Devi conoscere la loro storia, l’ infanzia, il passato, le esperienze passate nell’università, il loro lavoro, le opere, l’affiliazione politica, praticamente di loro devi sapere tutto. Non è necessario che tu entri nei dettagli, ma devi sapere chi è di fronte a te e dovresti essere in grado di vedere qualsiasi contraddizione nella storia che ti raccontano di loro stessi”. Niente va lasciato al caso per uccidere i miscredenti compreso abbigliamento e barba che puo’ essere tagliata per evitare di essere associato all’Islam radicale Cosi’, “un uomo che lavora in un’operazione segreta deve mescolarsi con la popolazione generale. Se puoi evitare di avere la barba, indossa abiti musulmani. Inoltre, non dovresti andare troppo lontano in posti come moschee, istituti islamici o biblioteche islamiche. Dovresti anche usare panni di stile occidentale per renderli neutrali e non attirare la loro attenzione “.
SUICIDARSI NON CONVIENE
Nel documento molti i riferimenti al fatto che per colpire con precisione chirurgica i nemici dell’Islam occorra dissimulare l’appartenenza religiosa quindi : ” non usare le preghiere usate dai fratelli religiosi e non pronunciare la frase salam alaykum”. Secondo l’estensore del documento che si ipotizza sia un certo Abu Abdul Karim al Gharby, segnalato dagli USA nel 2015 come esponente di Al Nusra, si possono utilizzare come armi anche “ i bambini e i disabili” da coinvolgere in attentati contro militari e civili.
L’elemento di novità presente nel nuovo testo è il fatto che i jihadisti, terminato l’attacco, non devono necessariamente suicidarsi per raggiungere il paradiso e le 72 vergini come nell’immaginario collettivo jiha- dista-salafita. Oggi possono fuggire dopo l’azione e, più che la gloria, conta restare in vita per continuare l’attività terroristica. Una sorta di pragmatismo islamista, alternativo a quanto accade ancora nel «Siraq», in Pakistan, in Afghanistan, nel Sinai e nelle Filippine, dove le bombe umane sono utilizzate quasi quotidianamente, sempre riprese dai video di propaganda. Non c’è solo il nuovo manuale a far paura all’intelligence europea, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in un rapporto del 27 luglio scorso, descrive come l’Isis sia operativo in parti di Siria e Iraq dove conterebbe su 25-30.000 combattenti. Esaurito l’afflusso dall’Europa, circa 1.500 dei 6.500 foreign fighters «made in UE», sono rientrati a casa. Sconfitti e delusi dall’esperienza militare ma addestrati alla guerra, costituiscono una seria minaccia, ma rappresentano anche un costo enorme per i loro Paesi visto che non lavorano e vengono mantenuti con le loro numerose famiglie dal welfare state. Oltre al danno anche la beffa.
LA SCHEDA
FOREIGN FIGHTERS
I combattenti che hanno lasciato il pro- prio paese di origine per unirsi a grup- pi armati in teatri di guerra, come Siria, Iraq e Libia, sono attratti dall’idea di partecipare all’impresa del jihad armato. Il timore è che alcuni di questi soggetti radicali possano ritornare nel loro Paese per portare a termine attacchi terroristici, approfittando dell’addestramento, dell’esperienza, dei contatti acquisiti nell’area del conflitto. La minaccia dei foreign fighters è ancora più grave perché l’esperienza territoriale del sedicente Califfato dello Stato Islamico appare esaurita. Molti combattenti sopravvissuti avrebbero un incentivo a rientrare nei paesi di origine per proseguire la loro attività.
IN ITALIA
Secondo recenti dati ufficiali, gli indivi- dui legati all’Italia sono 129 (1.900 so- no partiti dalla Francia, quasi mille dalla Germania e dal Regno Unito). Fra le persone che si sono recate in aree di guerra, prevalgono gli immigrati di prima generazione (nati e cresciuti all’estero), principalmente reclutati da network albanesi, kosovari e bosniaci. Ma vi sono anche estremisti autoctoni, ovvero immigrati di seconda generazione o convertiti di origine italiana. Provengono per la maggior parte dal Nord e dal Centro Italia.
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