L’orrore dell’11 settembre tra realtà e complottismo – Corriere del Ticino 11.09.2018

Qualche settimana fa il giudice James Pohl, titolare del processo ai cinque attentatori, detenuti sul-l’isola di Guantá-namo per la strage alle Twin To-wer del 2001, ha annunciato le dimissioni facendo sì che il processo ai «9/11 five» riparta da capo. Khalid Sheikh Mohammed, Ramzi Bin al-shibh, Ali Abd al-Aziz Ali, Walid bin Attash, Mustapha al-Hawsawi, sono accusati “di aver pianificato, organizzato e messo in atto gli attentati del 2001, compresa la formazione dei 19 dirottatori”. Sono passati ormai 17 anni dalla mattina dell’11 settembre 2001 quando quindici terroristi sauditi, di cui due degli Emirati Arabi Uniti, un egiziano e un cittadino libanese, riuscirono a prendere il controllo di quattro aerei di linea. A New York i terroristi-kamikaze fecero schiantare due Boeing 767: il volo American Airlines 11 e il volo United Airlines 175 contro le torri nord e sud del World Trade Center. Un altro commando fece in modo che il volo American Airlines 77 precipitasse contro il Pentagono. Non riuscì, invece, l’azione preparata con il volo United Airlines 93, pianificata per annientare la Casa Bianca o il Palazzo del Campidoglio (Washington); l’aereo cadde invece a Shanksville, in Pennsylvania.L’attentato alle Torri gemelle provocò 2.753 morti, ma a 17 anni di distanza sono solo 1.500 le vittime identificate. Quasi impossibile stimare il numero globale delle persone uccise dagli attacchi terroristici del 2001: le stime ufficiali contano 2.974 morti ai quali vanno aggiunti i 19 terroristi. Una vera ecatombe a cui si aggiunsero nel tempo le oltre 1.100 persone decedute (tra le quali 21 pompieri) a causa delle polveri respirate in quei giorni. È provato che le sostanze inalate abbiano dato origine a tumori alla prostata, alla tiroide, allo stomaco e a diverse forme di leucemia. A tal proposito è stato realizzato uno studio dal titolo «Addressing the Health Impacts of 9-11».

Chi ordinò gli attacchi e decise le modalità operative, è stato oggetto di analisi migliaia di volte. La ricostruzione dei fatti oggi è chiara, anche se l’11 settembre è stato il trampolino di lancio per i complottisti di ogni angolo della Terra. Costoro da decenni diffondono le più disparate versioni di quanto accadde, attraverso libri, film, conferenze e pseudo-documentari che si basano essenzialmente sulla convinzione personale che la nazione più potente al mondo non può essere stata messa in ginocchio da 19 kamikaze ispirati da Osama Bin Laden, dal momento che il capo di al Qaeda se ne stava rintanato in una caverna dell’Afghanistan. Per i complottisti è inaccettabile che la CIA, l’FBI e l’NSA, invece di collaborare per proteggere il popolo americano, si nascondessero le informazioni. È provato invece che l’attentato fosse temuto e atteso, perché molti segnali andavano in questa direzione. Per questo, uomini e donne delle istutuzioni americane cercarono disperatamente dei collegamenti con la Malesia, lo Yemen e l’Arabia Saudita dalla quale, guarda caso, arrivarono 15 dei 19 attentatori. Ci sono prove inoppugnabili che per i 17 mesi precedenti gli attacchi quasi tutti i profili degli attentatori rimasero in un cassetto per volontà della CIA, che non voleva cedere il passo all’FBI la quale aveva scoperto persino la pista del denaro utile a finanziare l’operazione.

Chi crede al complotto però non arretra mai, nemmeno davanti a documenti ufficiali e nemmeno ascoltando l’ammissione dei responsabili di questo sfacelo. Troppo facile riconoscere che alla base di una delle più grandi tragedie della storia ci siano state le invidie e i rancori personali, l’incapacità di gestire il flusso delle informazioni e la disorganizzazione delle forze di sicurezza americane, che sono infallibili solo nei film di Hollywood. Purtroppo oggi sappiamo cosa accadde dopo quella data, ricordiamo come gli americani abboccarono alla trappola “dello sceicco del terrore” che li voleva attrarre in Afghanistan a combattere e sappiamo come si mossero di conseguenza le placche tettoniche della storia che erano già in movimento. Siamo stati testimoni di come, da quel momento, i conflitti tra l’Occidente e il mondo arabo-musulmano si siano fatti sempre più marcati e forse insanabili, ma nonostante questo, dopo le scellerate guerre afgane e irachene, è stata la volta della Libia senza avere un progetto sul dopo Gheddafi. L’onda d’urto provocata dall’invasione sovietica dell’Afghanistan del 1979 ha generato conflitti nei Balcani, nel Caucaso e in tutto il Medio Oriente, poi ha attraversato la cosidette primavere arabe passando per la Libia fino arrivare alla nascita dello Stato islamico, che si formò prima che in Siria, in Iraq nelle terribili carceri irachene.

Dopo 17 anni ci si chiede ancora se l’11 settembre sarebbe potuto mai accadere senza Osama Bin Laden. Sicuramente no: fino al suo arrivo i gruppi islamisti erano concentrati su obiettivi nazionali. Fu grazie alla sua visione che nacque l’internazionale jihadista. Solo lui fu capace di unire gruppi e personalità diverse passando attraverso l’esilio, le sconfitte e la perdita di ogni risorsa economica. In Sudan, il saudita arrivò milionario per andarsene senza un soldo, ma ai jihadisti mostrò la strada dell’assassinio globale. La fiamma della rivolta salafita internazionale non si sarebbe tuttavia mai potuta accendere senza i testi avvelenati dell’ideologo della Fratellanza musulmana, l’egiziano Sayyid Qutb, impiccato nel 1966 dai suoi connazionali. A chi continua a pensare che le colpe siano sempre e solo nostre è bene ricordare che senza di lui, Al Jihad, Al-Qaeda e lo Stato islamico, probabilmente, non sarebbero mai esistite.

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