Il governo di Ankara incassa i fondi per la pre-adesione all’Ue e li utilizza per costruire moschee in Europa
Nove miliardi di euro gettati al vento, anzi all’islam. Ecco i frutti dello strumento di assistenza preadesione con cui l’Unione europea sta fornendo assistenza finanziaria alla Turchia. Dal 2007 al 2020, soltanto per sedersi al tavolo per discutere con Recep Tayyp Erdogan dell’ingresso della Turchia nel club comunitario, i contribuenti di 28 Paesi stanno sborsando una cifra enorme. Sperando che qualche milioncino non sia finito anche a qualche organizzazione estremista. Domani mattina Recep Tayyip Erdogan arriverà in Germania dove si tratterrà per due giorni e ad attenderlo, ci saranno milioni di turchi emigrati in Germania e moltissima diffidenza da parte delle istituzioni tedesche. La visita ufficiale però inizia decisamente male visti gli strali del commissario europeo all’Allargamento, il tedesco Johannes Hahn, che si è espresso in maniera molto critica sulla situazione economica della Turchia. Hahn ritiene che i Paesi dell’Ue non debbano offrire in alcun modo aiuti finanziari alla Turchia, visto che la crisi finanziaria in atto è stata generata da errate politiche interne e «la situazione non può essere risolta dall’Unione Europea o dai singoli Stati membri che distribuiscono aiuti o crediti ad Ankara».
Una dichiarazione di questo tipo, insieme ai rilievi dello scorso marzo della Corte dei conti europea che ritiene siano stati spesi male i fondi pre-adesione, è una doccia gelata per Erdogan e la cancelliera tedesca Angela Merkel che intendono rafforzare e far crescere anche i legami economico- commerciali tra i due Paesi. L’operazione è vitale per le casse turche messe a durissima prova dalla svalutazione della lira turca che ha perso oltre il 40% del suo valore nei confronti del dollaro Usa dall’inizio dell’anno. Le sanzioni imposte da Donald Trump al governo di Ankara come ritorsione anche per l’ingiustificata detenzione in Turchia del pastore americano Andrew Brunson (accusato di essere complice nel «golpe di cartone» dell’estate 2016), hanno messo a durissima prova il regime turco che necessita di denaro fresco da immettere nel sistema finanziario e bancario.
TRANSAZIONI SOSPETTE Sullo sfondo dei colloqui il tema dell’estremismo islamico di matrice turca che si sviluppa nelle oltre 900 moschee tedesche controllate dalla «Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion» (Ditib). L’associazione che conta in Germania quasi un milione di iscritti, è il potente braccio politico del ministero del Culto turco Dyanet che l’ha trasformata negli anni, in una potente macchina propagandistica del nazionalismo islamico turco aperta alle interferenze dei servzi segreti turchi (Mit). Non si contano i casi di spionaggio degli imam del Ditib che schedavano presunti complici in Germania, del «golpe di cartone» del 2016. Non si sono ancora spenti gli echi della vicenda dei 12 imam del Ditib che si dettero alla fuga prima di esssere arrestati lo scorso inverno che altri 19 religiosi sono accusati di spionaggio in Germania. Da un un documento riservato del settembre 2018 dell’Ufficio federale della Protezione della costituzione tedesca emergono inoltre «transazioni sospette» che vedrebbero coinvolto il Ditib. Facile immaginare che il commissario UE Hahn, come alcuni suoi colleghi, abbiano sulla scrivania il rapporto e non siano certo disposti a finanziare le illegali intromissioni islamiche turche in Europa.
IMAM DEL REGIME Dopo anni di silenzio le autorità tedesche si sono rese conto che il Ditib non è altro che un tentacolo di un governo sempre più autoritario, che usa tutta la sua influenza attraverso gli imam sulla diaspora turca in Germania. «Ovunque sia uno dei nostri compatrioti, eccoci qui» disse a tal proposito il sultano del Bosforo. In merito alla due giorni tedesca c’è molta preoccupazione anche per la pretesa di di Erdogan di assistere all’inaugurazione della nuova moschea centrale del Ditib (1.200 posti ) a Colonia, dove il Sutano vorrebbe tenere un discorso davanti a migliaia di turchi. Conoscendolo, c’è il fondato timore che voglia sfruttare l’occasione per ribadire i concetti nazionalistici e islamici che mirano a separare i turchi da chiunque viva con loro. Isolati sì, tranne quando c’è da proporre la candidatura della Turchia per ospitare i campionati europei di calcio del 2024 . Erdogan, che in gioventù è stato un modesto calciatore, ci tiene particolarmente: «Penso che un Paese amante del calcio come la Turchia, che rispetta tutte le condizioni per ospitare il torneo, meriti questa opportunità». Ma anche quella resta fortunatamente una chimera.
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