Gli ex tagliagole dell’Isis continuano a reclutare nei Balcani con la sponsorizzazione dell’Arabia Saudita
L’ombra del Califfato in Kosovo minaccia da vicino l’Europa. Ad alcuni foreign fighters ritornati dal Siraq nel Paese balcanico sono dedicati i 18 nuovi dossier del 2018 per terrorismo, che si aggiungono alle decine già esistenti. Particolarmente inquietante per l’intelligence kosovara, e per quella di altri Stati vicini, è la figura di Fitim Lladrovici che partì per la prima volta verso la Siria nel 2013 per unirsi al gruppo qaedista Jabbath Al Nusra, oggi Hayat Tahrir al-Sham ossia Organizzazione per la liberazione del Levante. Il primo soggiorno in Siria di Fitim Lladrovici fu molto breve e un dopo un solo mese circa rientrò in Kosovo dove fu arrestato, interrogato a lungo, ma poi rilasciato. La propaganda dello Stato islamico nei Balcani ha fatto nascere nel frattempo la leggenda del jihadista albanese- kosovaro, Lavdrim Muhaxheri, più conosciuto come «il macellaio dei Balcani» trasferitosi nei territori di guerra già nel 2012. Prima di essere ucciso da un drone americano nel giugno 2017, Abu Abdullah al Kosovi (suo nome di battaglia) divenne il capo indiscusso della «katiba», cellula balcanica formata da jihadisti provenienti dall’Albania, dal Kosovo e dalla Macedonia. Muhaxheri, prima della svolta estremistica, lavorò fino al 2010 a Ferizaj, in Kosovo, nella principale base americana di Camp Bondsteel. Il jihadista divenne famoso grazie al terribile video nel quale, dopo aver legato a un palo un prigioniero siriano, lo uccise con un razzo. Accanto a lui c’era Fitim Lladrovici che commentò così l’episodio: «Non è stata certamente la cosa peggiore che ho visto tra molte esecuzioni, decapitazioni e roghi. Anche i bambini si sono abituati a vedere cose del genere». Nonostante Lladrovici sia un vero irriducibile, durante il suo soggiorno in carcere (arrestato per possesso di armi e di un razzo al ritorno dal suo secondo viaggio) si provò a farlo parlare con un religioso che avrebbe dovuto de-radicalizzarlo. Gli esiti? Disastrosi. Il religioso gli parlò una volta sola poi si rifiutò di proseguire nel programma, procedura prevista dalla legge in Kosovo. SFORZI VANI A tal proposito il magistrato Fikrije Krasniqi, che si occupò con un collega dei 348 foreign fighters kosovari (triste primato di jihadisti pro capite, percentualmente maggiore di qualsiasi altra nazione in Europa e nei Balcani), dichiarò alla stampa del suo Paese: «Non abbiamo problemi a mettere in prigione i membri dello Stato islamico, ma riuscire a fargli cambiare idea è molto difficile. Riteniamo però che la maggior parte di loro siano da considerarsi combattenti irriducibili». NESSUN CONTROLLO Del destino della «katiba» balcanica nel Siraq non si sa molto, tranne che la gran parte dei componenti della cellula sono morti in bombardamenti spesso mirati. Di certo, coloro che sono riusciti a rientrare in Kosovo quando le frontiere erano totalmente permeabili, dopo un breve soggiorno in carcere, sono tutti o quasi in libertà vigilata, con l’unico obbligo di presentarsi una volta al mese presso le autorità. Misura blanda alla quale anche Fitim Lladrovici si attiene, ma il resto del tempo lo passa nel progettare il suo futuro in Kosovo che è nero come le bandiere del defunto Stato islamico: «Il califfato non è finito, la sua storia è appena iniziata. Io voglio creare uno Stato islamico in Kosovo e morirei volentieri a sostegno di questo». Non sono parole destinate a cadere nel dimenticaio, il terreno per l’estremismo islamico in Kosovo è molto fertile anche grazie alle molte e sulfuree ong dei Paesi del Golfo Persico, pesantemente radicate nei decenni scorsi in Kosovo. È anche a causa loro che molti giovani kosovari sono sfuggiti alla miseria andando a studiare in Arabia Saudita, da dove sono tornati non più poveri e analfabeti, ma dotti predicatori. Ovviamente del male.
LO STATO Il Kosovo è indipendente dalla Serbia nel 2008. Il Kosovo è la più piccola nazione balcanica, con circa due milioni di abitanti. Più di un quarto della popolazione ha meno di 15 anni di età, è fra i Paesi più poveri d’Europa, con una disoccupazione superiore a un terzo della popolazione.
LA CULTURA Dall’impero romano a quello Austro-ungarico e Ottomano, fino alla Nato e al Blocco orientale: la multiculturalità è stata la ricchezza della regione ma anche all’origine di scontri etnici che hanno devastato molte aree del territorio nazionale
L’ISLAM I musulmani sono il 95,6% della popolazione. L’anno scorso erano 348 gli estremisti islamici kosovari recatisi a combattere a fianco delle formazioni jihadiste in Siria e Iraq.