
Rischia grosso il nuovo Presidente del Brasile Jair Messias Bolsonaro. Lo vogliono far fuori e, prima di pensare a far qualcosa per un Paese dilaniato dalla povertà, dalla crisi economica e dalla violenza, la sua prima priorità è arrivare vivo al 1° gennaio 2019, data dell’insediamento ufficiale. Una cosa non semplicissima nel Brasile di oggi, dato che i segnali colti dall’intelligence brasiliana sono concreti e stavolta a tentare di fargli la pelle non sarebbe un disperato, come il 40enne Adelio Bispo de Oliveira, che tentò di ucciderlo con un coltello da cucina nel settembre scorso durante un comizio. Bolsonaro ha molti nemici e non solo in politica. Ne ha collezionati dei nuovi annunciando che il futuro ministro della Giustizia sarà il pm Sergio Moro, cioè colui che ha fatto emergere in tutta la sua gravità il livello della corruzione in Brasile. Moro, per accettare l’incarico ha chiesto a Bolsonaro, che gliel’ha concessa, anche la delega alla Sicurezza pubblica oltre al Coaf (Consiglio di controllo sulle attività finanziarie) e nominerà anche il nuovo capo della polizia federale. L’emergenza da affrontare è tutta nei numeri forniti dal Forum Brasileiro de Segurança Publica: nel 2017 sono stati commessi 63.880 omicidi (+3% dato 2016), numero che potrebbe aumentare se solo una minima parte delle 83mila persone scomparse nel 2017 fosse stata uccisa. Anche le violenze sessuali sono esplose: 60mila i casi denunciati nel 2017 (+8,4% dato 2016). Ma c’è un pensiero che fa rabbrividire: quante/i sono coloro che non hanno trovato la forza di denunciare? In questo mare di violenza e di sangue, la polizia, spesso malpagata e in alcuni casi lasciata del tutto senza stipendio, ha perso il controllo e per ripristinarlo utilizza talvolta metodi meno che ortodossi. Nel corso del 2017, 5.144 persone sono rimaste uccise in conflitti a fuoco con la polizia (+20% dato 2016) cifra da comparare a quella della diminuzione del 5% degli agenti morti ammazzati, che nel 2017 sono stati 367. A proposito di gente interessata a che Bolsonaro non arrivi al 2019 c’è una notizia di qualche giorno fa, molto indicativa: la Procura dello Stato di San Paolo (Brasile) ha rivelato che è stata sventata grazie alla Polizia e alla Secretária de Administração Penitenciária (Sap) una clamorosa evasione. A scappare doveva essere il boss Marcos Willians Herbas Camacho meglio conosciuto come “Marcola”, capo indiscusso della più potente organizzazione criminale brasiliana chiamata Pcc, Primeiro Comando Capital, attuamente detenuto in un carcere di massima sicurezza dove sconta una condanna a 232 anni e 11 mesi per: cospirazione, furto, traffico di droga e vari omicidi.

Per liberarlo, gli affiliati al clan avevano fatto le cose in grande ingaggiando alcuni professionisti che dovevano irrompere nel carcere con armi pesanti e granate. Per far fuggire “Marcola”, detto anche “Playboy” che comanda il Pcc dal carcere, c’erano anche due aerei. Quest’ultimo è il quarto tentativo di evasione e prima o poi, in un Paese dove ormai tutto si compra e si vende, potrebbe fuggire. Le indagini hanno rivelato che sono stati ingaggiati mercenari nigeriani, un commando di paramilitari iraniani e anche uomini delle Farc colombiane. La popolarità di Bolsonaro non è in discussione, visto il suo trionfo elettorale, ma rimane un’opinione pubblica ostile, refrattaria ad ammettere la realtà delle madornali responsabilità nel saccheggio e nello sfascio operati a ogni livello dagli uomini del Partido dos Trabalhadores, dell’ex presidente socialista Luiz Inácio Lula da Silva e da Dilma Vana Rousseff Linhares che gli succedette fino al 2016 quando fu, guarda caso, destituita. Comunque la nomina di Sergio Moro come “Superministro” per il ripristino della legalità in un paese dilaniato, è un segnale davvero promettente di un uomo che sa di sicuro come scegliere le persone. Questo suo primo atto è destinato a coloro che vogliono che il Brasile diventi in tutto e per tutto un “narco-stato” ed è una vera dichiarazione di guerra ai criminali.
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