Sta facendo discutere in Olanda la ricerca effettuata dal “Central Jewish Consultation”, dal “JMW Jewish Welfare” e dal programma televisivo “Een Vanddag” in merito alla situazione degli ebrei olandesi. Su un campione di 557 intervistati, il 43% ha dichiarato di dissimulare almeno in pubblico la propria identità ebraica. Se un tempo nel paese dei tulipani gli ebrei uscivano di casa indossando tranquillamente la loro kippah, oggi molti di loro, per motivi di sicurezza, indossano un qualsiasi cappello per nascondere il tradizionale copricapo. Per gli ebrei olandesi è diventato importantissimo coprire ogni segno di appartenenza in modo da evitare le sempre più frequenti aggressioni antisemite. Per contro le lunghe barbe salafite, il “kamis”, il “niqab” e tutto l’abbigliamento islamico maschile e femminile, possono tranquillamente manifestarsi ovunque. A nessuno salterebbe in mente di aggredire un islamico.
INSULTI E AGGRESSIONI Il 52% degli intervistati ha dichiarato che «l’antisemitismo da strada» è diventato ormai comune. Il 59% ritiene che questo sentimento sia diffuso anche nei media, mentre l’82% si dichiara impressionato dall’odio antisemita sul web. Il 34% ha raccontato di esser stato insultato per strada e nell’89% dei casi gli insulti si riferivano all’identità ebraica. Inoltre,l’11% degli intervistati ha raccontato di aver subito delle aggressioni, mentre tre quarti del campione intervistato ha raccontato delle orrende barzellette antisemite e delle offese gridate per strada. Se gli ebrei olandesi se la passano malissimo, l’islam turco dilaga in Olanda. Le ultime stime parlano di almeno 140 moschee, oggi, sotto il diretto controllo della Direzione Affari religiosi della Repubblica di Turchia (Diyanet), che paga la costruzione di moschee, invia gli imam istruiti nelle scuole “Imam-Hatip” promosse con forza da Recep Tayyip Erdogan e finanzia le associazioni islamiche in tutta Europa. Non è raro ascoltare nelle moschee turche in Olanda sermoni dove si spiega che «I nostri soldati mostrano al mondo intero che stiamo sacrificando tutto per proteggere la nostra fede, bandiera e nazione. Ogni figlio del nostro paese che, nel potere della sua vita, beve il dolce nettare del martirio, d grida che colui che muore per la via di Allah, non lo chiama mai morto, ma lo chiama vivo».
PARTITO DI ALLAH La ricerca di spazi e di legittimazione islamica coinvolge anche la politica e in tal senso è nato poco prima delle ultime elezioni, il partito islamico “Denk” che ha ricevuto un terzo del voto musulmano e che oggi ha tre seggi in Parlamento. 11 partito è una sorta di spin-off dell’Akp di Edogan quindi guai a parlare male del Sultano o a nominare il genocidio degli armeni, avvenuto durante la Prima Guerra mondiale. Denk, un perfetto esempio di come si sviluppano le società parallele islamiche in tutta Europa. Tanto per capire l’aria che tira ad Amsterdam e dintorni, c’è l’email del luglio scorso di Hussein Jamakovic (oggi ex attivista di Denk) mandata alla redazione del giornale Telegraaf «Possiate avere il cancro, sudici ebrei». In precedenza, alle 4 del mattino del 26 giugno 2018, un furgone era stato spinto fino all’ingresso del Telegraaf dove prese fuoco, per fortuna senza fare vittime. Naturalmente il colpevole non è stato trovato.
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