Mentre l’Europa piange per una nuova strage commessa a Strasburgo da un terrorista musulmano che al grido di «Allah o akbar» ha ucciso quattro persone, ferendone 12, si allunga la lista degli italiani morti in giro per il mondo vittime del terrorismo di matrice salafita.
Il giovane giornalista ucciso a StrasburgoAntonio Megalizzi è il 44. cittadino italiano vittima della furia islamica dal 2003, mentre altri innocenti italiani erano caduti in precedenza a Parigi, Tunisi, Nizza, Melbourne, Dacca, Barcellona, Berlino, Londra e in Egitto. Tutti vittime della furia islamica, è bene ricordarlo a molti giornalisti e politici che fanno tanta fatica a scrivere in questi casi le parole «islam», «jihad», «infedeli». Ad ogni strage è come se si bloccasse loro la penna, e allora vai con «costernazione per le vittime della violenza», «incredulità per le vittime anche delle divisioni» e altre tonnellate di menzogne che offendono le vittime e le loro famiglie che hanno perso i loro cari a causa della mancata volontà di riconoscere e spazzare via il fondamentalismo islamico in Europa. A leggere molti giornali il povero Antonio Megalizzi, giovane corrispondente a Strasburgo, è stato freddato con un colpo alla testa «da un nemico dell’Europa». Ma non è così. Lo ha barbaramente ucciso l’ennesimo terrorista islamico che, seppur schedato e conosciuto per il suo estremismo aumentato in carcere (era pluripregiudicato), era beatamente in libertà.
A proposito delle carceri si fatica ad ammettere che stanno diventando una fabbrica di estremisti islamici: in prigione entrano come spacciatori di droga o ladri di polli e ne escono terroristi. Come mai? Semplicemente perché questi detenuti musulmani dovevano avere «il conforto religioso» ora e subito. Di conseguenza via agli imam nelle carceri ma troppo spesso si è trattato di persone senza alcuna formazione religiosa: personaggi obliqui che, apprese alcune conoscenze online e dopo aver letto qualche libro dove l’islam è distorto a loro uso e consumo, sospinti dal politicamente corretto si sono accreditati come «consulenti». Sono loro che hanno introdotto per decenni testi radicali nelle carceri, ma guai a dirlo.
In Svizzera, Saida Keller Messahli, di religione musulmana (premio svizzero per i diritti umani nel 2017) che teneva dei corsi nelle carceri, dopo aver denunciato la presenza dell’Islam radicale nelle prigioni dove prestava la sua opera, è stata accompagnata alla porta. E chi ha deciso questa misura? Una consigliera di Stato socialista. Ma c’è di peggio. Gli stessi che accorrono per stendere il loro velo di melassa quando un islamico si fa saltare in aria, spara, investe degli ignari pedoni o ci taglia la gola, non scrivono un solo rigo su quanto accade agli ebrei in Europa, dove si assiste da cinque anni all’impressionante aumento dell’antisemitismo. Secondo un’indagine condotta in dodici Paesi dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), in nessun Paese dell’UE ci sono state così tante persone come in Germania che sono state vittime di molestie antisemite. Qui sono stati intervistati 1.233 ebrei: il 41% ha dichiarato di aver avuto un’esperienza antisemita nel 2017. Negli ultimi cinque anni, il 52% degli ebrei tedeschi è stato insultato, schernito o maltrattato per le strade della Germania. Il 75% degli ebrei tedeschi «a volte, spesso o sempre» evita di portare in pubblico simboli ebraici. Il 46% di loro evita di recarsi in alcuni quartieri della propria città «per timore di essere assalito». In Olanda nella ricerca effettuata dal Central Jewish Consultation, dal JMW Jewish Welfaree nel programma televisivo «EenVanddag», su un campione di 557 intervistati, il 43% ha dichiarato di dissimulare almeno in pubblico la propria identità ebraica. Particolarmente drammatica è la situazione in Francia, dove l’88% degli intervistati lamenta atti di vandalismo contro edifici e istituzioni ebraiche. Tutto diverso per le lunghe barbe salafite, il kamis, il niqab e tutto l’abbigliamento islamico maschile e femminile: queste possono tranquillamente manifestarsi ovunque. Ci mancherebbe altro!
Ma veniamo alle questioni locali. Qualche giorno fa un dirigente del Partito socialista ticinese, Adriano Venuti, il quale è anche municipale del Comune di Massagno, sul suo blog ha scritto un lungo assolo carico di odio per lo Stato di Israele. Eccone uno stralcio: «Io detesto e disprezzo molti dei governi di Israele che si sono succeduti negli anni. Detesto quei governi di Israele che hanno incoraggiato e facilitato l’insediamento di colonie ebraiche nei territori palestinesi. Non perché non credo nella libertà di movimento dei popoli, anzi, ma perché quello è stato ed è un gesto provocatorio e prevaricante contro il popolo palestinese. Disprezzo quei governi di Israele che hanno rinchiuso e che ancora detengono gran parte del popolo palestinese in quella maledetta prigione a cielo aperto che si chiama Striscia di Gaza, dalla quale e per la quale nulla e nessuno entra o esce senza l’autorizzazione del Governo di Israele».
Ma come è possibile che una persona riesca a scaricare così tanto odio contro uno Stato democratico senza dire una sola parola contro i terroristi di Hamas? Adriano Venuti più che un filo-palestinese è un vero anti-israeliano che non è nemmeno in grado di capire che Israele reagisce alla pioggia di missili che cade ogni giorno sullo Stato ebraico. Non sa, o è talmente accecato dall’ideologia fallimentare che ha sposato, che i terroristi di Hamas attendono le ritorsioni di Israele ai loro attacchi, riempiendo i depositi di armi e missili, di donne e bambini? È grave specie per chi fa politica non essere in grado di capire cause ed effetti.
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