Qualche giorno fa sul quotidiano italiano La Repubblica, è stato pubblicato un articolo del giornalista e scrittore Roberto Saviano, da tempo in aperto contrasto con Matteo Salvini. Tema dell’ennesima polemica tra i due, è l’utilizzo durante le apparizioni pubbliche da parte del leader leghista, dei giubbotti o delle felpe delle forze dell’ordine o della Protezione civile. A Roberto Saviano proprio non va giù che Salvini li indossi, e come lui molte personalità politiche e del mondo dei media, esprimono la loro contrarietà. Fin qui nulla da dire, in una democrazia compiuta come quella italiana benchè piuttosto ammaccata, è legittimo criticare gli uomini politici e guai se non fosse così. Tuttavia, meglio sarebbe meglio non lanciarsi in reprimende e paragoni strampalati a supporto delle proprie tesi come accade sempre più spesso a Roberto Saviano che forse, potrebbe aver esaurito la vena creativa. Il giornalista napoletano divenuto ricco e famoso grazie al libro «Gomorra», nel suo articolo, paragona Matteo Salvini per l’uso dell’abbigliamento delle forze dell’ordine, a tiranni e assassini del calibro di Fidel Castro (sempre molto amato a sinistra) , Mu’ammar Gheddafi, Benito Mussolini e Iosif Stalin. I dittatori citati da Saviano indossavano divise militari e non quelle della polizia, dei viglili del fuoco o della protezione civile. Secondo Roberto Saviano «indossare l’uniforme significa mandare messaggi pericolosi per la democrazia ed è come dire: la polizia è cosa mia. Ma non è così». Che cosa c’entri però Matteo Salvini che è nato nel 1973, con assassini e tiranni come quelli citati da Saviano , proprio non lo si capisce e infatti Saviano non lo spiega. E non basta scrivere banalità come «nelle dittature, i tiranni indossano sempre la divisa, che non è banale teatralizzazione del potere, ma serve a mandare un messaggio preciso: l’esercito risponde a me, a me soltanto e a nessun altro» per tenere in piedi un paragone che non regge e che offende anche la memoria delle milioni di vittime causate dalle dittature citate nell’articolo. E se Matteo Salvini usasse il suo corpo, la sua immagine pubblica che gode di enorme popolarità indipendentemente dalle felpe o dai giubbotti che indossa, per mandare il messaggio; «dobbiamo essere vicini alle nostre forze dell’ordine malpagate, sempre sotto organico, che hanno sempre pochi mezzi per contrastare la criminalità, e che ogni giorno vengono insultate, aggredite e sbeffeggiate?» A tal proposito l’Osservatorio nazionale suicidi nelle forze dell’ordine, ha registrato 252 episodi nelle forze di polizia tra il 2010 e il 2018. Sono dati che fanno riflettere. E Salvini se lo facesse per dare un segnale a quell’imbecille che si è fatto riprendere dagli amici mentre urinava su un auto della polizia? E se lo facesse come tributo a quelle centinaia di donne e uomini che hanno versato il loro sangue per la Repubblica italiana? Quante volte è successo? Troppe. E se invece che indossare un elegante abito gessato o un pullover di cachemire come quelli che utilizza Saviano, Matteo Salvini si infilasse un giaccone della polizia solo come ringraziamento a coloro che lottano ogni giorno contro il terrorismo islamico e la criminalità organizzata? Proprio quella criminalità organizzata che Saviano ha raccontato nei suoi libri e che si mangia ogni giorno pezzi interi di economia e di sviluppo nel sud e nel resto dell’Italia. In un Paese dove intere regioni sono nelle mani della criminalità organizzata e dove si assiste allo spettacolo indecoroso degli immigrati clandestini che defecano nelle aiuole pubbliche, oppure delle tonnellate di spazzatura che sommergono la sua capitale, una delle città più belle al mondo che è anche piena di buche, il problema non può essere quello del ministro degli Interni Salvini che indossa un giaccone della polizia.
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