Mercoledì il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte a margine di un incontro con gli studenti della LUISS, ha parlato della cooperante Silvia Romano svanita nel nulla il 20 novembre 2018 in Kenya: «Il caso lo stiamo seguendo dal giorno in cui è stata rapita, attraverso canali di discrezione ovviamente. Più che i canali diplomatici è la nostra intelligence che ci sta lavorando. Nel riserbo che devo mantenere c’è stato un attimo in cui sono stato confidente che avessimo un risultato buono a portata di mano. Purtroppo, però, si tratta di gruppi che sono stati individuati ma non siamo ancora riusciti a venirne a capo». Una dichiarazione piuttosto sconfortante che arriva dopo molti silenzi e tante notizie false diffuse anche sul conto della giovane cooperante italiana da parte di alcuni media kenyoti. Sono molti i misteri che gravano su questa storia; il primo: perché una parte della stampa kenyota ha tentato di delegittimare il lavoro di Silvia Romano associandola in maniera indegna a fatti totalmente inventati? Il secondo; perché la magistratura e la polizia del Kenya che avevano assicurato subito un rapida conclusione del caso, sono rimaste cosi a lungo in silenzio dopo la diffusione di identikit risultati poi incompatibili con i fatti? Infine il terzo; le autorità di Nairobi lo scorso 21 gennaio 2019 si sono dette «sicure Silvia sia viva e che sia ancora nascosta nella boscaglia del Tana River».
IL MISTERO Ma se tutti sanno dove si trova, perché Conte dice che «non siamo ancora riusciti a venirne a capo»? In ogni caso sono passati ormai quattro mesi dal rapimento di Silvia avvenuto in Kenya nel villagio di Chakama a 80 chilometri dalla zona turistica di Malindi. La 23enne che ha conseguito una laurea triennale come mediatrice culturale, lavorava come cooperante per “Africa Milele Onlus”, con sede a Fano nelle Marche, occupandosi di progetti specifici per bambini in Kenya. Dal giorno del rapimento, gli stati d’animo che la famiglia e gli amici della giovane cooperante hanno vissuto e continuano a vivere, sono la paura, la speranza ma anche la delusione per le tante promesse fatte dalle autorità kenyiote che mai si sono mai tramutate in fatti concreti. Fin qui i misteri e le tante parole spese, ma ci sono delle certezze; la prima è che le autorità che si occupano della vicenda, al di là delle chiacchiere, non stanno lavorando intensamente sulla scomparsa della giovane italiana. La seconda è che il contesto sociale non è certo dei più favorevoli e la popolazione della zona, non si mette di certo in fila per collaborare nelle ricerche di Silvia Romano. La terza è che gli islamisti somali degli Al Shaabab siano fuori da questa vicenda perchè se fosse davvero nelle loro mani lo avrebbero rivendicato utilizzando i loro canali di comunicazione.
DISINFORMAZIONE Tutto potrebbe rimandare agli articoli diffamatori e alle ricostruzioni inventate, che qualche «manina con solidi contatti negli ingranaggi» di uno Stato corrotto, avrebbe fatto scrivere per coprire la manifesta incapacità delle autorità. A proposito della corruzione che investe ogni struttura governativa del Kenya, ci sono le continue minacce del Fondo Monetario Internazionale, di sospendere gli aiuti visto il saccheggio operato dalla classe politica alle risorse del Paese. Forse lo scenario più plausibile è che, se la Romano è ancora in vita, si trovi nelle mani di un gruppo criminale nel quale potrebbero trovarsi anche “divise sporche”. Uomini che vogliono essere ben pagati per la sua liberazione. Una sfida che l’intelligence italiana si trova a fronteggiare senza alcuna garanzia di successo.
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