Lo Stato islamico non c’è piu’ ma la Rotta Balcanica fa sempre piu’ paura

Anche se nel villaggio siriano di Baghouz ultima roccaforte dello Stato islamico da giorni non si combatte piu’, le operazioni di bonifica da parte della coalizione “anti-Isis” nel terrirorio, continuano senza sosta. Sul terreno ci sono decine di combattenti dello Stato islamico tra i quali numerosi foreign fighters europei, che si stanno consegnando alle pattuglie curde dispiegate nell’area di Baghouz. Attenzione pero’ a non illudersi, i jihadisti che si arrendono e lasciano i tunnel sotteranei da dove hanno provato a resistere per mesi, lo fanno solo per una questione di opportunità. In loro non c’è alcun pentimento per quanto fatto e nessuno dei catturati ha espresso l’abiura per l’ideologia islamista che li ha portati a diventare jihadisti. Chi si arrende ha capito che restare asserragliati nei tunnel vorrebbe dire morire quasi certamente sotto le bombe dell’aviazione, oppure morire di fame visto che le riserve di cibo accumulate per mesi, sono ormai finite. Secondo alcune testimonianze raccolte sul posto, non tutti i jihadisti si sono arresi, molti di loro sono fuggiti prima della battaglia finale attraverso i tunnel e si sarebbero recati nel deserto iracheno in attesa che qualcosa cambi nella galassia islamista. Gli ultimi rapporti dell’intelligence americana dicono che l’Isis potrebbe riorganizzarsi in 6-12 mesi specie se gli Stati Uniti, si ritirassero come paventato dall’incauto Donald Trump che in seguito è stato obbligato a ritirare seppur parzilamente, quanto detto. Le condizioni per la nascita di un “Califfato 2.0” nell’area oggi ci sono tutte; l’odio settario tra sciiti e sunniti in Iraq cova sotto la cenere gli attentati contro gli sciiti da parte dei miliziani in fuga, farebbero riesplodere la guerra civile irachena che è sempre sullo sfondo mentre la disintegrazione della Siria, è ben lungi dall’essere ricomposta. Insomma, nessuno ha la piu’ pallida idea di cosa fare del “Siraq” e non c’è modo di sfuggire alla triste realtà che vede Bashar el Assad ancora saldamente al potere in quel che resta della Siria. Per contro Abu Bakr al Baghdadi, è vivo e vegeto ed è nascosto insieme ad alcuni fedelissimi da qualche parte e nessuno fino ad ora, lo ha scovato. Non sembrano quindi bastare le taglie ( quella americana è di 25 milioni dollari) messe sulla sua testa cosi’ come non fanno effetto le attività delle decine di mercenari che lo cercano per ucciderlo. Questo deve far riflettere, l’omertà della popolazione che ancora lo protegge pur sapendo che è lui la causa di tutti i loro guai, non puo’ che dimostrare come il “Califfo” controlli ancora il battito cardiaco di molte aree di quello che fu “al-Dawla al-Islāmiyya” (lo Stato islamico). Ecco perché le operazioni di bonifica dell’area non si fermano; occorre catturare il maggior numero di jihadisti in fuga prima che si riorganizzino (magari sotto altre sigle) con le stesse teste al comando. Nel deserto iracheno oggi c’è di tutto; jihadisti belgi, francesi, tagiki, uzbeki, tunisini o marocchini tutti alla ricerca di un posto sicuro e di un documento d’identità valido visto che il loro, lo bruciarono all’epoca del loro arrivo nel “Siraq”.

Quelli piu’ fortunati e furbi hanno raggiunto insieme alle loro famiglie, la Turchia dove sono riusciti ad entrare corrompendo i funzionari e i poliziotti che dovrebbero controllare le porose frontiere che il solo Erdogan, continua a sostenere che siano “sigillate”. I jihadisti in fuga dal “Siraq” sono scappati portandosi non solo moglie e figli, ma anche il malloppo. E’ stato provato da diverse testimonianze che diversi gruppi familiari avevano con loro cifre importanti, e in qualche caso si parlava di 300.000 dollari americani. Ci sono poi “i combattenti stranieri” che sono già rientrati nei Balcani e in Europa dei quali nessuno sa cosa fare e  che rappresentano per il Vecchio Continente, una costante minaccia. A proposito di documenti di identità la settimana scorsa le autorità ungheresi hanno reso noto all’agenzia stampa “Reuters”, di aver arrestato un cittadino siriano, il 27enne F. Hassan fermato con l’accusa di aver decapitato almeno 20 persone a Homs (Siria). L’uomo è stato riconosciuto da un altro rifugiato che lo ha subito riconosciuto perché lui stesso, doveva essere decapitato (non voleva entrare nelle fila fell’Isis) ma riuscii fuggire. Fin qui la cronaca ma la notizia preoccupante è che F. Hassan è stato trovato in possesso di uno speciale passaporto per rifugiati consegnatoli in Grecia. Si tratta di un documento che gli ha dato la possibilità di viaggiare per l’Europa e di questo Prima del suo arrivo in Ungheria, il sospettato aveva visitato altri paesi europei e di questo il Centro antiterrorismo ungherese, si detto certo. Non è chiaro di che tipo di documento fosse ma tutti gli indizi lasciano presagire che si tratti dell’”European Qualifications Passport for Refugees” che venne lanciato esattamente un anno fa con queste parole: “Dopo un progetto pilota di successo nel 2017, sostenuto dall’UNHCR in Grecia, il Consiglio d’Europa sta lanciando una nuova fase (2018-2020) del passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati: un progetto di rafforzamento delle capacità volto a valutare il livello di istruzione dei rifugiati , esperienza lavorativa e competenza linguistica dei rifugiati in assenza di documentazione completa grazie ad una metodologia collaudata. Il passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati descrive le qualifiche in un formato che dovrebbe facilitare l’uso della valutazione sia all’interno che all’esterno del paese ospitante dei rifugiati. Pertanto, se i rifugiati si trasferiscono in un altro paese in Europa, le loro qualifiche non devono essere nuovamente valutate”. La vicenda di F. Hassanricorda quella di Kasir al-Haddawi, emiro dell’Isis nella provincia siriana orientale di Deir Ezzor, catturato dalle forze di sicurezza turche nella città occidentale di Izmir nella primavera del 2018. Kasir al-Haddawi responsabile dell’eccidio di 700 persone, aveva in tasca un documento rilasciato dalle autorità greche che gli consentiva di muoversi in Europa.  L’arresto di F. Hassanpone molti interrogativi su quanto stia facendo la Grecia, paese chiave per il transito di rifugiati, sulla concessione dello status di rifugiato e relativi benefici. A partire dal 2014, centinaia di migliaia di migranti provenienti da 103 paesi del mondo hanno iniziato a riversarsi in Grecia diretti nei paesi più ricchi dell’UE, seguendo molto spesso la cosiddetta “rotta balcanica” che conduce dalla Grecia all’Ungheria. Le agenzie per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, a partire dal 2018, hanno fornito attrezzature e formazione alle agenzie di sicurezza greche per iniziare a raccogliere informazioni biometriche vedi impronte digitali e scansioni della retina in almeno 30 punti comuni di accesso per rifugiati.Oltre a questo sono stati consegnati all’interno di un database, i profili di almeno 200mila islamisti pericolosi. Nessuno oggi è in grado di dire quanti di loro hanno in tasca un “European Qualifications Passport for Refugees” .

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