Filippo Rossi va di corsa e …ci ricasca

Il giornalista svizzero Filippo Rossi ha pubblicato ieri sul Corriere del Ticino un reportage dal titolo “Quel sogno di una Terra Promessa”, nel quale racconta le difficoltà che incontrano i cittadini etiopi “beta israel” (di discendenza ebraica) che vivono in Etiopia. Il tema è molto interessante e merita attenzione, tuttavia, necessita prima di essere affrontato con approfondimenti storici e di rigore giornalistico. Purtroppo, l’inviato speciale che è una persona simpatica per la quale è diffice provare sentimenti negativi, nel suo articolo dimostra di non aver studiato a fondo il tema ripetendosi più volte, facendo confusione e diffondendo anche qualche notizia non vera. Spiace dover rilevare che non è la prima volta che Filippo Rossi, al pari di altri suoi colleghi nella Svizzera italiana attivi nella radio e Televisione di Stato, quando decide di occuparsi dello Stato di Israele, lo faccia con partigianeria a tratti imbarazzante, con imprecisioni e con delle tesi preconfezionate vedi i suoi articoli sulla situazione di Gaza1. Filippo Rossi, che è anche un atleta di valore, li chiama “Falasha” ma il termine è offensivo e non andrebbe mai usato. Si tratta di ebrei di origine etiope che sono “sfollati”. È vero che ci sono molti problemi con loro, ma questi, sono causati dal fatto che una parte di loro è entrata clandestinamente in Israele dal Sinai. Il governo israeliano sta facendo di tutto per risolvere questo problema in modo da far diventare israeliani quelli che ne hanno il diritto. Basterebbe andare a Gerusalemme e non a Tel Aviv, come riportato nell’articolo, per averne la prova. Inoltre è inesatto dire: “la comunità, che preferisce essere chiamata con il suo vero nome, Beta Israel” (storpiatura dall’ebraico di Casa d’Israele),non ha più un luogo che può considerare casa propria in Etiopia”. Essendo clandestini il controllo delle istituzioni governative è indispensabile, si tratta di sicurezza nazionale ed è strano che Filippo Rossi non lo sappia visto che dovrebbe conoscere come si vive in Israele ogni giorno. In aggiunta, nell’articolo, non viene specificato che le 2.000 persone morte in questo secolo, sono morte in Etiopia e non in Israele. Altro scivolone è quando Rossi scrive: “dopo le promesse fatte loro dal Governo israeliano e dal primo ministro Benjamin Netanyahu nel 2015” ma non c’è nessuna promessa, c’è un impegno che Israele ha sempre assunto nell’organizzare il trasferimento in Israele dai paesi arabi e non solo. Quindi non sono promesse ma dovere e lo stesso vale quando scrive: “[…]una semplice domanda: perché gli ebrei russi o bianchi sono ammessi senza discussioni e noi no? Forse perché siamo neri e renderemmo impopolare il partito politico che ci appoggia? Inoltre, il Governo Netanyahu ha usato la comunità etiope per le elezioni del 2015 senza mantenere la promessa”.Gli immigrati non ebrei dall’ex Urss sono comunque accettati perché sono arrivati in Israele con ricongiungimenti famigliari dovuti a matrimoni misti. C’è poi la temeraria e ingiustificata accusa a Netanyahu, se Filippo Rossi si documentasse meglio verrebbe a conoscenza che tutti i primi ministri di Israele hanno sempre seguito la stessa linea sugli ebrei etiopi ossia fare tutto il possibile per facilitare il loro arrivo in Israele. Altro fatto che forse ignora o che preferisce non menzionare è che gli israeliani etiopi sono presenti nell’esercito, nella polizia e nel mondo delle professioni. Non c’è nessuna forma di razzismo nei loro confronti. Infine, caro Filippo Rossi, è davvero certo che “alla Knesset ma anche nell’ufficio del primo ministro o nell’ambasciata israeliana ad Addis Abeba, nessuno parla o si esprime sull’argomento.”? L’affermazione è falsa, le istituzioni di Israele rispondono sempre ai media anche a quelli più critici con il Governo. È un fatto noto. È vero che con le sue corse cerca di sensibilizzare su temi umanitari importanti, ma ogni tanto è bene fermarsi, magari ogni tanto rileggersi e soprattutto documentarsi.

1)https://www.cdt.ch/mondo/cronaca/un-padre-distrutto-e-la-sua-bimba-uccisa-dai-lacrimogeni-MYCDT193609

https://www.cdt.ch/approfondimenti/a-gaza-dove-la-gente-e-stanca-di-soffrire-PYCDT194038

 

 

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