Qualche giorno fa dalle colonne di questo giornale il presidente dell’USS-Ticino e Moesa, Graziano Pestoni, ha preso posizione sulla recente modifica della legge sulla polizia del Canton Ticino. Secondo il dirigente sindacale si tratta di modifiche «inutili, confuse e liberticide, che susciteranno critiche e incomprensioni». Il sindacalista nel suo scritto intitolato «L’agente di polizia oggi e la dignità del mestiere», esprime un’opinione certamente legittima su un tema delicato che ha suscitato molte polemiche e perplessità tra coloro che si occupano di giustizia nel nostro Cantone. Molti di loro, infatti, ritengono che con questa legge ci si sia spinti troppo oltre. Vedremo cosa accadrà visto che due giuristi ticinesi, Martino Colombo e Filippo Contarini, hanno inoltrato ricorso al Tribunale federale contro la revisione della Legge cantonale sulla polizia, approvata dal Gran Consiglio lo scorso 10 dicembre 2018. Purtroppo, Graziano Pestoni, nel suo commento scivola maldestramente come accade sempre a chi ha una visione ideologica delle cose, quando affronta temi a lui totalmente sconosciuti (vedi le proteste dei «gilet gialli» in Francia). Il presidente dell’USS-Ticino e Moesa, infatti riporta un articolo del «Le Monde diplomatique», giornale che fatica persino a scrivere che i terroristi che uccidono e sgozzano al grido di «Allah u Akbar» siano islamici, in cui si parla dei “ gilets jaunes ai quali viene applicata una dura repressione, attraverso anche l’utilizzazione di munizioni esplosive che possono mutilare e ferire, anche mortalmente. Si tratta di materiale di guerra, molto pericoloso. Quelli che i manifestanti ritengono, non senza ragione, gli abusi della polizia, provocano rabbia e sentimenti di ingiustizia nei confronti dello Stato e della polizia“. In queste righe c’è tutto l’armamentario ideologico di quel partito transnazionale anti-polizia e antiStato, al quale aderiscono molti politici, pseudointelletuali, dirigenti sindacali, giornalisti e attivisti di ogni tipo, che sono gli stessi che per decenni hanno sostenuto senza alcun pudore, personaggi come Cesare Battisti, oppure per restare in casa nostra, al «compagno» Alvaro Lojacono Baragiola a lungo protetto e coccolato dai circoli radical chic e da una certa «intellighenzia»dura a morire. A proposito delle mobilitazioni dei gilet gialli che tanto piacciono a Graziano Pestoni, è utile ricordare che gli agenti di polizia francesi, pestati e di conseguenza feriti, ad oggi sono più di mille. Molti di loro hanno perso un occhio, una mano e sono tantissimi coloro che hanno riportato danni permanenti alla loro salute fisica e mentale. Ma di questo «Le Monde diplomatique», «Amnesty International», insieme a tutto il mondo «radical chic» e «political correct», non se ne occupano. Assordante il silenzio anche in merito alle pericolose infiltrazioni all’interno della protesta francese, di elementi contigui all’islam radicale e alle organizzazioni palestinesi, che danno la caccia durante le manifestazioni agli ebrei francesi. A proposito di Amnesty International e della sua coerenza, bisogna ricordare il rapporto del 2018 dell’ONG nel quale si accusa la polizia belga di «discriminazione razziale nelle perquisizioni delle persone sospette». Nei quartieri ad altissimo rischio terrorismo, come ad esempio Moleembeck, dove abbondano ancora le moschee e le associazioni salafite, la polizia belga controlla «troppo spesso» gli immigrati barbuti che vestono islamicamente o le donne con il burqa. In effetti l’ONG ha ragione, un terrorista deve avere il sacrosanto diritto di poter pianificare in santa pace gli attentati senza che la polizia lo disturbi. Che perquisiscano le vecchiette belghe (vera rarità in questi quartieri) mentre passano per la strada. Sempre a beneficio del dirigente sindacale ticinese, è opportuno ricordare che le proteste dei «gilet gialli» iniziate il 17 novembre 2018, hanno causato danni alla Francia per 170 milioni di euro. Si tratta di una stima della «Federazione francese delle assicurazioni» (FFA) e non risulta comprensiva dei danni dello scorso fine settimana. Quindi il conto sarà ancora più salato senza contare i licenziamenti nel settore turistico, vista la diminuzione del 10%. Curiosamente, alla gente, l’idea di prendersi un bullone in testa benché francese, non piace. Di questo Graziano Pestoni ovviamente non scrive nemmeno una parola, così come non dedica una sola virgola al fatto che in Svizzera gli atti violenti contro l’autorità e i funzionari di polizia nel 2017, hanno superato per la prima volta i 3.000 casi, mentre nel 2018, hanno sfondato i 3.200 episodi. Per comprendere la gravità della situazione anche alle nostre latitudini basta pensare che nel 2000, ne furono registrati 774. Una progressione impressionante che continua nell’assordante silenzio della politica e della società cosiddetta «civile» che dovrebbe interrogarsi su un fenomeno come questo. Al presidente dell’USS-Ticino e Moesa, Graziano Pestoni, il quale scrive «Il mestiere del poliziotto, allora, aveva una dignità. O, almeno, sembrava averne una», è bene far notare che lo stesso vale anche per i sindacalisti, con la sola differenza che la gente comune, continua ad apprezzare il difficile lavoro delle forze di polizia contrariamente ai sindacati visti molto spesso e qualche volta non a torto, come una casta auto referente molto ben pagata. In tal senso fossi in lui, una bella riflessione me la farei.
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