L’inganno dell’Egitto di Morsi (CdT 27.06.2019)

Lo scorso 17 giugno, all’età di 67 anni durante un’udienza del processo a suo carico per spionaggio, l’ex presidente egiziano Mohamed Morsi è deceduto. Il leader della Fratellanza musulmana si è improvvisamente accasciato colpito da un infarto poco prima di rendere una dichiarazione spontanea che aveva richiesto con molta insistenza. Nel 2012, Morsi vinse le prime elezioni del «post Mubarak» proponendosi come leader di un Islamismo moderato (peraltro mai esistito) in grado di mettere in atto riforme che avrebbero traghettato l’Egitto verso la democrazia, dopo la lunghissima era di Hosni Mubarak. Quest’ultimo era rimasto al potere dal 1981 al 2011, anno nel quale fu costretto a dimettersi dalle violente proteste di piazza nelle quali intervennero più «manine». Mohamed Morsi annunciò che il suo sarebbe stato un governo islamico trasparente e che avrebbe rispettato tutti i diritti umani. Il popolo stremato dalla crisi economica e da mesi di proteste, si fidò di questo ingegnere capitato quasi per caso in politica. Morsi, laureatosi alla University of Southern California in scienze dei materiali, tra il 1982 e il 1985 insegnò anche alla California State University prima rientrare in Egitto e aderire alla Fratellanza musulmana.

Come già accaduto molte altre volte la Fratellanza riuscì, con la doppiezza del linguaggio che la contraddistingue (vedi uomini come l’islamologo Tariq Ramadan), a ingannare tutti. Ci cascò in pieno persino il presidente americano dell’epoca Barack Obama, che commise l’errore di darle una legittimazione politica, il primo di una serie infinita di errori in politica estera. Scelte sciagurate che ancora oggi l’Occidente paga mentre lui, che è stato insignito nel 2009 del Nobel per la Pace «per i suoi sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli», scrive libri e gira il mondo tenendo conferenze lautamente retribuite. Contrariamente a quanto raccontano i supporter della Fratellanza, contro Mohamed Morsi non ci fu nessun colpo di Stato ad opera del generale Abdel Fattah al-Sisi. In verità Morsi venne cacciato a pedate prima di tutto dalla popolazione (e poi dai militari) la quale si rese conto degli inganni della Fratellanza musulmana abituata a far uso della menzogna e della dissimulazione (la taqiyya).Dopo appena un anno trascorso in carica, Morsi provò prima ad attribuirsi i poteri illimitati e fatto ancor più incredibile, tentò di cambiare la Costituzione introducendo la Shari’a (la legge islamica) come «principale fonte della legislazione egiziana». Fortunatamente l’operazione caldeggiata dal Qatar (grande finanziatore della Fratellanza), non si chiuse a causa dell’opposizione dei copti e di una larga parte della popolazione anche musulmana e dei militari. Ovviamente ai supporter della Fratellanza tutto questo non piacque e lo stesso fu per gli americani che, ancora narcotizzati dal Premio Nobel di cui sopra, dovettero adattarsi alla nuova realtà appoggiata con vigore dalle monarchie del Golfo Persico ostili ai piani degli emiri di Doha.

Tra i primi a commentare la morte di Mohamed Morsi, Recep Tayyip Erdogan fresco di ri-sconfitta alle elezioni di Istanbul, il quale ha affermato: «Per noi Morsi è un martire della causa, la storia non dimenticherà mai quei tiranni che lo hanno messo in prigione, che lo hanno minacciato di morte e portato al suo martirio». Mohamed Morsi, che ingannò e oppresse il suo popolo, odiava Israele talmente tanto che parlava degli ebrei come dei «discendenti dei porci e delle scimmie»; per questo sosteneva i terroristi di Hamas e i loro progetti di distruzione dello Stato ebraico. Come per altri, anche per lui il modo migliore di ricordarlo è pronunciare la frase «Yimakh Shemò» che in ebraico significa «possa il suo nome essere cancellato».

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