Allah è il nostro Obiettivo. Il Profeta è il nostro Leader. II Corano è la nostra Legge. La Jihad è la nostra Via. Morire sulla via di Allah è la nostra più alta Speranza». La missione della Fratellanza musulmana è evidente in questa professione di fede della più importante organizzazione internazionale che, con le proprie attività di proselitismo, punta a islamizzare la società occidentale con l’obiettivo di un Califfato globale. Di recente, proprio in Egitto dove c’è uno dei suoi centri propulsori, ha perduto uno dei simboli: Mohamed Morsi, l’ex presidente egiziano morto durante un’udienza del processo intentato contro di lui. Una morte che ha scatenato Recep Tayyip Erdogan, il numero uno turco che ha pensato bene di celebrarlo come «un martire». Secondo la ricercatrice svizzera Saida Keller Messahli «da almeno 40 anni i Fratelli costruiscono reti in Europa per moltiplicare il loro peso politico, in modo da poter parlare e decidere a nome della popolazione d’origine islamica in Europa. Tali reti si basano non solo sulle associazioni e sulle moschee dei vari Paesi del Vecchio continente, ma anche sui partiti politici di sinistra, siano essi socialisti, comunisti o green. La tradizionale sinistra terzomondista, per esempio, ha dato un massiccio e decisivo contributo al successo del cosiddetto “intellettuale” Tariq Ramadan, che ha fondato due grandi centri islamici, uno a Ginevra e l’altro a Monaco di Baviera». E per un’immagine plastica della potenza economica dei Fratelli musulmani basti vedere la nuovissima moschea An Nour nella città francese di Mulhouse, in Alsazia.
Si tratta di un edificio grande e sontuoso, che si estende per 11 mila metri quadri e ha richiesto un investimento superiore ai 22 milioni di euro. Grazie allo scaltro islamologo con passaporto svizzero (gli emiri del Qatar pagano da anni a Tariq Ramadan uno stipendio da 35 mila euro mensili più altri 600 mila per spese legali), gli esponenti del politicamente corretto non si sono accorti che i terroristi di Isis, Al Qaeda e altri gruppi jihadisti sunniti, sono impregnati della dottrina dei Fratelli. D’altra parte, sin dalla sua fondazione, in Egitto nel marzo del 1928, con la predicazione di Hassan Al Banna – tra I’altro nonno di Ramadan – la Fratellanza persegue un solo scopo: conquistare ovunque cuori e menti dei musulmani e dei convertiti all’Islam. Nonostante ciò, i partiti politici in deficit di consensi sono sempre i primi a correre per legittimare le battaglie identitarie dell’organizzazione. Si pensi in proposito alle infinite proteste contro i divieti di indossare il velo nei luoghi pubblici (il «burqini», il costume che copre interamente il corpo, nelle piscine e sulle spiagge), la pretesa di eliminare il crocifisso e d’inserire il menu halal nelle scuole. La macchina della propaganda della Fratellanza in Europa è, di fatto, gigantesca: tutto rimanda all’Unione mondiale degli studiosi musulmani con sede in Qatar. Un ente fondato dallo sceicco Yusuf al-Qaradawi, ultranovantenne leader spirituale dell’organizzazione che per decenni – anche dagli schermi dell’emittente AI Jazeera – ha sostenuto il terrorismo e «avvelenato i pozzi» in Medio Oriente e Nord Africa.
Ciò ha significato, per esempio, far deragliare le rivolte in Egitto, Tunisia e Siria nel 2011, in modo tale la Fratellanza potesse insediare o, almeno orientare, governi islamisti nei Paesi che manifestavano la propria richiesta di democrazia. Tutte queste attività sono ancora oggi sotto il suo controllo ideologico: al-Qaradawi presiede infatti l’Unione internazionale degli Ulema che si occupa di dottrina e formazione e il Consiglio europeo della fatwa e della ricerca che regola con puntuali interventi la vita dei musulmani europei, due entità molto influenti con sede a Dublino, in Irlanda. Le organizzazioni che operano seguendo le direttive di tali enti sono numerose e ben distribuite: se ne trovano in Germania, Svezia, Italia, Svizzera, Francia. Austria, Belgio. solo per citante alcune. E anche in alcune università viene sviluppato questo imperativo propagandistico: per esempio, in quella di Oxford, Inghilterra; presso l’Istituto europeo di scienze umane di Château-Chinon, in Francia; oppure all’ateneo di Friburgo, in Svizzera, dove è stato appositamente creato il Centro Islam e società con il compito di produrre studi che legittimino le posizioni islamiste, coinvolgendo il maggior numero di esponenti politici. Saida Keller Messahli conferma: «Nei maggiori atenei si trovano organizzazioni della Muslim students association. Da lì partono altre ramificazioni nel mondo accademico: sono i cenni di ricerca e studi islamici quali il Csis di Friburgo, lo Swiss islam society centre fondato da cittadini tedeschi, i centri di formazione in Francia, Inghilterra e, ancora, in Germania. Quasi tutte organizzazioni finanziate dal Qatar: come l’European council for fatwas and research o l’International union of muslim scholars, strutture che utilizzano le loro rete fatta di moschee e di imam che si recano in carcere, negli ospedali e in varie scuole pubbliche a insegnare la religione musulmana». Grazie alla propria trasversalità politica, la Fratellanza ha fatto anche nominare un ministro in Svezia. Si tratta di Mehmet Güner Keplan, di origine turca e iscritto al partito dei verdi, che ha ricoperto il molo di ministro dell’Edilizia abitativa e dello sviluppo urbano dal 2014 al 2016, anno in cui ha dovuto dimettersi a causa dei suoi legami conclamati con l’estremismo islamico. Oggi, a dirigere le strutture dell’organizzazione sono per lo più i figli di coloro che hanno ottenuto asilo in Europa come perseguitati politici nei decenni passati. Sono loro paradossalmente i più radicali, sia pur nascosti sotto un’apparente moderazione. Li si può ascoltare mentre usano frasi inequivocabili, tratte dallo storico teorico egiziano Sayyid Qutb: «La comunità musulmana deve essere riportata alla sua forma originaria. Oggi è sepolta tra i detriti delle tradizioni artificiali di diverse generazioni ed è schiacciata sotto il peso di quelle false leggi e usanze che non hanno niente a che fare con gli insegnamenti islamici». Commenta lo scrittore e mediorientalista francese Alexander Del Valle: «I Fratelli musulmani, che fanno finta di condannare moralmente la violenza jihadista in Europa ma che l’appoggiano e la praticano in Palestina-Israele, Iraq, Siria o Libia, sanno trarre beneficio dell’impressionante pubblicità a favore dell’islamismo». Oggi è impossibile accertare la reale consistenza economica della Fratellanza. Grazie alle numerose fondazioni, le tracce del denaro si perdono nei rivoli dei settori immobiliare e finanziario, con banche compatibili con la legge della sharia. Non vanno per esempio sottovalutate, aggiunge Saida Keller Messahli, «quelle legate al mercato alimentare “sharia-compliant” e ai pellegrinaggi alla Mecca, che rappresentano un importante asset economico della Fratellanza in Europa». E l’Italia? In Qatar papers, il libro-inchiesta dei giornalisti francesi Christian Chesnot e Georges Malbrunot, si parla di finanziamenti arrivati dal Qatar alle moschee e ai centri islamici: dei 72 milioni di euro destinati all’Europa tra il 2014 e il 2017, 22 milioni erano destinati al nostro Paese dove i seguaci della Fratellanza musulmana sono certamente migliaia. I rapporti tra Yusuf al-Qaradawi e l’Italia sono infatti ben saldi, tanto che il teologo ha espresso in più occasioni la sua stima per il Cain, il Coordinamento associazioni islamiche di Milano, Monza e Brianza, e invitato la Qatar Foundation a finanziare i suoi esponenti, Yassine Baradei e Davide Piccardo. Quest’ultimo è un impiegato «frontaliero» in Canton Ticino per la Lord Energy SA di Lugano, società attiva nel commercio di materie prime fondata e diretta da Hazim Nada, figlio di Youssef Nada, conosciuto per essere una figura di spicco della Fratellanza… Il cerchio della solidarietà tra Fratelli funziona sempre
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