A due anni dall’attentato del 3 giugno 2017 sul London Bridge, l’inchiesta continua a riservare delle sorprese. Si è saputo recentemente che Khuram Butt, il capo del gruppo che ha ucciso 8 persone ferendone 48, pur essendo indagato dai servizi segreti britannici per la sua appartenenza al gruppo salafita Al-Muhajiroun era stato assunto nel maggio del 2016 da Transport for London, l’azienda responsabile dei trasporti pubblici della capitale britannica, come «assistente alla clientela». La circostanza è emersa durante la testimonianza di un agente del MI5 identificato come “Testimone L”, al processo intentato dai parenti delle vittime allo Stato inglese che secondo loro non avrebbe vigilato su Khuram Butt. L’avvocato della difesa Gareth Patterson quando ha chiesto perché non bloccarono la sua assunzione si è sentito rispondere che «non c’erano prove che Butt abbia accettato il lavoro per scopi nefandi». Butt era considerato pericoloso fin dal 2013 anno nel quale aveva iniziato a manifestare i segni dell’islam estremo ad esempio si fece crescere la barba e iniziò a indossare delle lunghe tuniche mentre fino ad allora veniva descritto come una persona timorosa e seria a cui piacevano la musica reggae, la cannabis e la squadra di calcio dell’Arsenal.
Poi l’incontro con il predicatore islamico anglo-pakistano Anjem Choudary fece deragliare la sua esistenza, tanto che la sua famiglia ben 18 mesi prima dell’attacco, lo denunciò alla polizia. Nel 2015 i suoi familiari gli fecero a pezzi il passaporto inglese dopo aver scoperto che stava per partire per la Turchia da dove avrebbe raggiunto la Siria. Questo accadde poco prima di aver incassato il fermo rifiuto della moglie Zahrah Rehman sposata nel 2013, dalla quale ha avuto tre figli (l’ultima un mese prima dell’attacco), di accogliere in casa una seconda consorte. L’inchiesta ha anche rivelato che l’MI5 non sapeva nemmeno che non appena assunto al Transport for London, Butt si era messo in malattia senza mai mancare di frequentare la palestra islamica “Ummah” che si trova nell’East London e che era gestita guarda caso, da un estremista islamico.
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