La Norvegia lo mantiene da 30 anni mentre l’Italia lo fa arrestare dopo la condanna a 12 anni di carcere

Najmuddin Faraj Ahmad, 61 anni, meglio conosciuto come “il mullah Krekar”, è stato arrestato lo scorso 16 luglio 2019 sulla base della richiesta delle autorità italiane arrivata subito dopo la condanna a 12 anni di reclusione decisa dai giudici della Corte d’assise di Bolzano.Insieme a lui sono stati condannati a 9 anni di carcere Rahim Karim Twana, Hamasalih Wahab Awat e Abdul Rahman Rahim Zana, mentre per Jalal Fatah Kamil e Hamad Bakr la pena da espiare è di 7 anni e sei mesi. Il processo era iniziato nel Marzo del 2017 mentre gli arresti avvennero a Merano (Alto Adige), il 12 novembre del 2015 al termine di una lunga e difficile operazione dei ROS dei Carabinieri che da tempo avevano individuato la cellula jihadista “Rawti Shax”fondata e comandata da Oslo da Najmuddin Faraj Ahmad in barba alle restrizioni impostegli dalle autorità norvegesi. Secondo i magistrati di Bolzano la cellula jihadista che aveva giurato fedeltà all’Isis, era pronta all’atto di forza. Ma chi è davvero Najmuddin Faraj Ahmad?

IL CASO DEL MULLAH KREKAR ( da Allarme Europa Il Fondamentalismo Islamico nella nostra società di Stefano Piazza e Osvaldo Migotto (2017 )

Il mullah Krekar, al secolo Faraj Ahmad Najmaddin Krekar, è un personaggio molto noto alle cronache giudiziarie. Curdo iracheno, fuggì dall’Iraq riparando in Norvegia, dove ottenne lo status di rifugiato politico nel 1991, perché Saddam Hussein lo aveva condannato a morte. Fondatore del gruppo Rawti Shax, detto anche Didi Nwe, è stato processato diverse volte per minacce e istigazione all’omicidio.

Dei suoi strali è stata più volte vittima Erna Solberg, leader del partito conservatore e attuale premier norvegese. Il 26 marzo 2012 il tribunale distrettuale di Oslo ha condannato Krekar a una pena detentiva di cinque anni «per gravi minacce proferite in varie occasioni, tra cui minacce di morte». Nelle motivazioni della sentenza, il tribunale distrettuale di Oslo ha stabilito che il «noto jihadista Krekar ritiene che il sommo compito dei musulmani sia allontanare gli infedeli dai loro territori ricorrendo alla lotta armata». Il tribunale norvegese ha reso noto che «Krekar intrattiene molti contatti con altri jihadisti europei e può altresì fare leva sull’autorità conferitagli dagli incontri avuti in passato con jihadisti del calibro di Osama bin Laden e Abdullah Azzam». La Corte penale ha inoltre sottolineato come, in occasione di una conferenza stampa tenuta il 10 giugno 2010, Krekar abbia affermato di non essere «niente rispetto a Bin Laden, poiché quest’ultimo è tutto […] Un uomo d’onore, credente, eroico, valoroso, un musulmano di successo […] È il nostro uomo, Bin Laden, più coraggioso degli altri, degno e puro».

La Norvegia intendeva espellere il mullah Krekar (foto sopra) sin dal 2007, ma la misura non ha potuto essere attuata prima in quanto la Corte Suprema norvegese ha rammentato che su di lui pendeva una condanna a morte in Kurdistan per aver ispirato il gruppo locale sunnita islamista Ansar al Islam: gli altri membri del gruppo erano stati tutti giustiziati in Kurdistan nel 2006 nonostante la pena di morte fosse già stata messa al bando. Non potendo essere espulso dalla Norvegia, dunque, Faraj Ahmad Najmaddin Krekar si è “divertito” per anni a provocare predicando a spese dello Stato norvegese. Lo ha fatto anche pubblicando la sua autobiografia nel 2004.

Chi pensava che a quasi sessant’anni Krekar volesse rallentare un po’ la sua attività, ha dovuto ricredersi la mattina del 12 novembre 2015, quando i Carabinieri italiani del ROS hanno fatto scattare un’operazione giudiziaria conclusasi con 17 arresti, alla quale hanno collaborato le polizie di Regno Unito, Norvegia, Finlandia, Germania e Svizzera, in coordinamento con Eurojust, l’Unità di cooperazione giudiziaria dell’Unione Europea. Secondo i magistrati italiani, anche dal carcere norvegese il mullah Krekar «ha continuato a rappresentare la guida ideologica dell’organizzazione, mantenendone la direzione strategica sulle questioni più importanti, quali la partecipazione al conflitto siriano o la decisione di allinearsi con ISIS». L’utilizzo di internet ha consentito agli associati di Ansar al Islam residenti in diversi paesi europei, di mantenere una forte coesione di gruppo, rafforzata dalla periodica e frequente partecipazione a chat virtuali, e di rimanere in contatto con la propria guida spirituale. In definitiva, Ansar al Islam incarna l’evoluzione del modello jihadista di tipo tradizionale. L’organizzazione si è rivelata sempre più insidiosa, gerarchicamente strutturata e con il proprio vertice in Norvegia, articolata in cellule operative in numerosi paesi, tra cui un’importantissima articolazione in Italia. Per i membri della rete che fa capo a Krekar, il reato ipotizzato dai Carabinieri è stato «associazione con finalità di terrorismo internazionale aggravata dalla transnazionalità del reato». Gli avvocati di Krekar si sono opposti all’estradizione verso l’Italia, poiché le carceri italiane e il relativo vitto e alloggio non sono paragonabili alla Norvegia, dove c’è anche internet a disposizione. Così, il 30 novembre 2016 la Procura della Repubblica di Trento, titolare delle indagini, ha revocato l’ordinanza cautelare nei confronti del mullah che, scampato all’estradizione, è tornato a piede libero.

Dietro alla liberazione di Krekar, c’è ancora lo zampino di Anjem Choudary: quando appare il concetto di “legge islamica” e qualcuno presenta la richiesta di adottarla come soluzione a tutti i problemi sociali, ecco che sullo sfondo si materializza la figura dell’imam londinese ultraradicale, il quale ha testimoniato a favore del suo amico Krekar in parte dei suoi processi. Choudary è il fondatore di Sharia4Norway che nell’ottobre 2012 si è aggiunta alle già note Sharia4Holland, Sharia4Belgium e Sharia4UK, tutte tenute a battesimo dall’imam inglese.

Oslo e il quartiere di Grønland

Nella zona di Grønland, che si trova nel centro della capitale, dove sorge anche il Parlamento, gli immigrati oggi sono più del 50% della popolazione e rappresentano più del 40% in almeno metà dei 14 distretti della capitale norvegese. In Norvegia, infatti, così come in Svezia, ha prevalso la linea politica del multiculturalismo spinto alle estreme conseguenze: i risultati, vedremo, sono più o meno gli stessi. Il centro della capitale norvegese è diventato negli anni un luogo più simile a un sobborgo di Lahore che a un quartiere scandinavo, e gli spacciatori vendono droga senza problemi. Nel 2015 a Grønland le rapine sono state in media una al giorno: negli ultimi dieci anni, più di 4mila persone sono state derubate nella zona. Puntuali i disordini tra gruppi d’immigrati e la polizia, che fatica a gestire la situazione lasciando che criminalità e radicalismo islamico creino una miscela sociale esplosiva. A peggiorare la situazione è il fatto che per le strade di Grønland operino anche le cosiddette “ronde islamiche”: gruppi di giovani islamisti che vanno in giro a terrorizzare i gay e le donne senza velo, anche le non musulmane, spesso soggette a vere e proprie molestie che, talvolta, sfociano in stupri. A fine 2012, alla polizia di Oslo è arrivata persino una lettera con la rivendicazione di un nuovo gruppo islamista dal nome Ansar al-Sunna, che chiedeva l’introduzione della Sharia a Grønland. Ecco il testo: «Se i soldati norvegesi possono prendere gli aerei in Afghanistan, poi Osama e Mohammed possono anche prendere gli aerei in Norvegia, Inshallah. Ora, il Governo deve svegliarsi e assumersi la responsabilità, prima che questa guerra si diffonda in Norvegia. Prima che la controparte reagisca. Prima che i musulmani prendano le misure necessarie. Non confondete il silenzio dei musulmani con la debolezza. Non approfittate della pazienza dei musulmani. Non costringeteci a fare qualcosa che può essere evitato. Questa non è una minaccia, solo parole di verità. Le parole della giustizia. Un avvertimento le cui conseguenze potrebbero essere fatali. Un avvertimento circa un 11 settembre anche sul territorio norvegese, o di attacchi più grandi di quello effettuato il 22 luglio. Questo è per il vostro bene e nel vostro interesse. Non vogliamo essere parte della società norvegese. E non riteniamo sia necessario allontanarsi dalla Norvegia, perché siamo nati e cresciuti qui. È la terra di Allah che appartiene a tutti. Ma lasciate che Grønland diventi nostra. Quest’area storica della città fatecela controllare nel modo nel quale vogliamo farlo. Questa soluzione è la migliore per entrambe le parti. Noi non vogliamo vivere insieme con le bestie sporche come voi».

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