di Stefano Piazza e Luciano Tirinnanzi
Uno dei più grandi paradossi delle ONG, le Organizzazioni Non Governative che si vorrebbero indipendenti, è che i loro principali finanziatori sono proprio i governi. Un altro è che i soldi da essi devoluti per finanziare opere sociali e umanitarie, finiscono invece per foraggiare ben altre attività. Come il terrorismo. Si prenda l’Italia: un caso che è stato più volte denunciato, ma di cui si preferisce tacere, riguarda il terrorismo palestinese. I maggiori finanziatori pubblici delle ONG italiane operanti in Palestina sono: la Cooperazione Italiana, nota come AICS (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo), una branca del Ministero Affari Esteri; e le Regioni italiane. NGO Monitor, istituto di ricerca indipendente specializzato nel monitoraggio della ONG politicizzate, ha evidenziato finanziamenti peralmeno 5 milioni di euro al 2011, che «possono essere diretti o indiretti. Sono contributi diretti quelli erogati a un beneficiario locale palestinese, anche istituzionale, incluse autorità locali, ministeri o istituzioni dell’Autorità Nazionale Palestinese o università. Indiretti sono i contributi erogati alle ONG italiane in base ai progetti da loro presentati». Ciò detto, dei 189 interventi analizzati «solo 89 riportano il bilancio, pertanto la somma che si avvicina ai 5 milioni di euro rappresenta solo il 47% del totale». Nel periodo 2015-2018, AICS ha fornito circa 10 milioni di euro a 18 progetti tra Israele, Cisgiordania e Gaza, convogliati attraverso ONG italiane. Cinque di queste risultano legate alle organizzazioni terroristiche. Ad esempio, AICS ha fornito 1,8 milioni di euro per tre anni all’ONG italiana Cooperazione Per Lo Sviluppo dei Paesi Emergenti (COSPE) per il progetto “Terra e diritti – Percorsi di economia sociale e solidale in Palestina”. I partner palestinesi della ONG comprendevano però AI-Haq, leader nelle campagne di boicottaggio di Israele e il cui direttore generale, Shawan Jabarin, è legato al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP): un’organizzazione designata come terroristica da Usa, Ue, Canada e Israele essendo coinvolta in attacchi suicidi, dirottamenti aerei e omicidi. Nel 2018, AICS ha trasferito 241.471 euro all’ONG Organizzazione Per Lo Sviluppo Globale diComunità in Paesi Extraeuropei Onlus (Overseas) per il “Riutilizzo di acque reflue trattate per uso agricolonel distretto di Al Mawasi – Governatorato di Rafah – Striscia di Gaza”. Secondo la stessa Overseas, il partner principale del progetto era l’Unione dei comitati per il lavoro agricolo palestinese (UAWC), identificata da Al Fatah come affiliato ufficiale del PFLP, e definita dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale come «i braccianti del FPLP». Nello stesso anno, AICS ha fornito anche 527.102 euro alla ONG italiana Associazione Di Cooperazione e Solidarietà (ACS) per un progetto a Gaza denominato “Green Hopes Gaza”, dove tra i partner locali figura ancora UAWC. Mentre nel 2017, AlCS ha trasferito 317.286 euro a Save the Children ltaly per la “Riabilitazione e reinserimento di ex detenuti palestinesi nelle loro famiglie e comunità nella West Bank e Gerusalemme Est”. Tra i partner locali, c’era la ONG palestineseDefence for Children International – Palestine (DCI-P), all’interno della quale hanno militato membri collegati a FPLP, tra cui: Hashem Abu Maria, salutato dal FPLP come leader dopo la sua morte nel 2014; Nassar Ibrahim, presidente dell’Assemblea generale del DCI-P ed editore del settimanale di PFLP El Heddaf. In ogni caso, l’Italia è in buona compagnia: i terroristi di PFLP risultano tutt’oggi finanziati anche da Ue, Svezia, Danimarca, Spagna, Norvegia, Irlanda, Regno Unito, Germania, Francia, Svizzera, e persino dalle Nazioni Unite, sempre attraverso donazioni alle medesime ONG direttamente legate a PFLP.
La Germania e la Sea Watch finanziata da Erdogan
Un’altra connessione tra ONG e terrorismo palestinese è stata resa nota dalla Bild il 21 maggio 2019. La Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit (GIZ, “Società tedesca per la cooperazione internazionale”) è stata accusata di avere collegamenti con i terroristi di Hamas e altre ONG che promuovono l’odio sociale. GIZ, peraltro, non è un’organizzazione qualunque, ma una «impresa federale a beneficio pubblico» che fornisce «servizi in tutto il mondo nel campo della cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile». Soprattutto, è una delle maggiori agenzie di sviluppo del mondo, con un patrimonio netto di 2,6 miliardi di euro (al 2017) e 20.726 dipendenti in 120 Paesi. Solo nel 2019, GIZ ha ricevuto 1,9 miliardi di euro in fondi governativi tedeschi, parte dei quali finiti in mani sbagliate. A causa di una grave mancanza di trasparenza, è impossibile compilare un elenco completo delle sovvenzioni fornite da GIZ a partner non governativi in tutto il mondo. Tuttavia, documenti trapelati e riportati nell’articolo della Bild hanno rivelato come parte del denaro dei contribuenti tedeschi sia diretto verso gruppi che hanno legami con gruppi terroristici. La stessa Sea Watch – l’ONG con sede a Berlino che ha messo in mare l’ormai celebre imbarcazione “Sea Watch 3” – ha tra i suoi finanziatori l’associazione islamica Milli Görüş (dal turco “punto di vista nazionale”), ovvero la longa manus all’estero della Turchia di Recep Tayyip Erdogan. Non proprio un campione in quanto a libertà civili e diritti umani. Ilquotidiano La Verità ha scoperto che da Milli Görüş è partito un bonifico alla Sea Watch per un valore di10mila euro. Perché? E, soprattutto, cos’è Milli Görüş? Il movimento è stato fondato negli anni Settanta da Necmettin Erbakan, primo ministro turco dal 1996 al 1997 e tre volte vice ministro tra il 1974 e il 1978. Circa le mire turche sul continente europeo,Erbakan ha sempre avuto le idee molto chiare: «Gli europei sono malati, daremo loro il farmaco giusto. Tutta l’Europa diventerà islamica. Conquisteremo Roma». È forse la “bomba demografica” dei migranti il farmaco che aveva in mente per destabilizzare il bacino euro-mediterraneo? I membri di Milli Görüş in Europa oggi sono circa 87.000, ma si stima che i suoi sostenitori siano molti di più, almeno 500.000. La loro ideologia preoccupanon poco le autorità tedesche, che per tale ragionehanno inserito Milli Görüş nella lista degli osservati speciali per possibili legami con il radicalismo islamico. Anche in Francia il movimento è molto attivo, e ogni anno apre nuove moschee, restaura quelle fatiscenti, e organizza iniziative in collaborazione con i Fratelli Musulmani, il movimento islamista al centro delle lotte fratricide del mondo arabo-musulmano odierno (dall’Egitto alla Libia, dalla Siria alla Palestina).
Le oscure attività delle ONG islamiche in Europa
Poco chiara è anche la macchina della solidarietà islamica nelle carceri europee, per sospetto radicalismo: l’ONG tedesca Al-Asraa, ad esempio,mette a disposizione gratuita per i soli detenuti di fede islamica un pool di 14 avvocati. Lo stesso fa in Olanda e Belgio la Muslims Behind Bars, il cuiriferimento dottrinale è però Anwar al Awlaky, ilpredicatore di Al Qaeda ucciso in Yemen da un droneUSA nel 2011. Nella moltitudine delle ONG islamiche spiccaIslamic Relief Worldwide (IRW), con filiali in oltre 40 Paesi. Fondata da studenti membri della Fratellanza Musulmana, ha ricevuto almeno 80 milioni di dollari (su un patrimonio di 130 milioni dichiarati nel 2015) da governi occidentali e organismi internazionali, tra i quali: UNICEF, Oxfam, Action Aid, Qatar Charity e l’Ue. Tutto questo, nonostante l’allarme lanciato dagli Emirati Arabi Uniti, che hanno messo al bando l’organizzazione nel 2014 per affinità con l’islamismo militante. Mentre nel 2015 uno dei suoi massimi esponenti, Essam El-Haddad, è stato accusato di utilizzare le casse dell’ONG per finanziare la Fratellanza in Egitto. Anche a seguito di queste notizie, nel 2016 l’istituto bancario britannico HSBC ha chiuso i conti della IRW, provvedimento perlatro già assunto nel 2012 dagli svizzeri di UBS. Secondo il portavoce della Sinagoga Bet Shlomo di Milano,Davide Riccardo Romano, che ha denunciato diversi finanziamenti occulti verso il teatro di guerra delloYemen, anche in Italia «l’area di riferimento di queste ONG è certamente quella della Fratellanza Musulmana». Per Giovanni Giacalone, ricercatore dell’Itstime/Università Cattolica di Milano, anche i Balcani occidentali sono da tempo terra di conquista per quell’islamismo militante «ben lontano dall’Islam autoctono della regione. Un corpo estraneo importato a suon di finanziamenti da Turchia e Paesi del Golfo, che opera prevalentemente tramite le cosiddette organizzazioni caritatevoli». Se da una parte queste ultime affermano di voler migliorare le condizioni di vita dei musulmani locali – anche con sostegni economici alle famiglie in difficoltà – dall’altra l’impressione è che vogliano «condizionare e modificare lo stile di vita degli autoctoni, cercando di insediare un sistema socio-cultural-religioso estraneo a tale contesto e con evidenti influenze e ingerenze politiche». Nei Balcani risultano attivi diversi attori legati all’area della Fratellanza Musulmana: su tutti la Qatar Charity e Diyanet, la direzione turca per gli affari religiosi, quest’ultima particolarmente pervasiva in Albania e Kosovo. Quanto riportato offre solo in parte la dimensione di quanto intricato e poco specchiato sia il mondo che fa riferimento alle donazioni pubbliche e private verso le ONG afferenti al mondo arabo-musulmano, che muovono milioni di dollari senza che nessuno o quasi possa sapere dove finiscano esattamente questi soldi. Un problema che non riguarda né la religione né gli scopi nobili del volontariato, ma che è foriero di finanziamenti potenzialmente pericolosi per la pace sociale.
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