Bit-Truffa e Digital- Inganni ( Panorama 24.07.2019)

di Stefano Piazza – Luciano Tirinnanzi 

La criptovaluta è sempre al centro di raggiri da parte di sedicenti operatori finanziari stranieri. Che attraggono i risparmiatori italiani promettendo grandi ritorni economici in cambio di piccole somme. Ma poi le richieste di denaro lievitano e gli intermediari…

Dalla comparsa dei Bitcoin sulla scena internazionale, si parla sempre più spesso di monete digitali: ultima in ordine di apparizione Libra, valuta che il prossimo anno dovrebbe debuttare nientemeno che su Facebook. Ma il dibattito resta aperto, se siano o meno una bolla finanziaria. In ogni caso, c’è sempre chi ci specula sopra da anni, contribuendo alla loro pessima reputazione. Una delle truffe più comuni in rete riguarda proprio i Bitcoin e promette, in cambio dell’invio di piccole somme di denaro, altissimi profitti per chi investe. Perché i Bitcoin? Nell’immaginario collettivo, questa parola è divenuta sinonimo di ricchezza facile e immediata, come agli inizi degli anni Duemila lo fu fenomeno delle “dot-com”, per cui qualunque cosa veniva associata a Internet vedeva moltiplicare immediatamente il suo valore. In questo caso, però, si tratta di uno sistema vecchio come il mondo, che cambia a seconda del settore e dei tempi, ma segue la costante del promettere un grande profitto in un breve lasso di tempo, e con investimento minimo. Il più delle volte ad applicarlo sono sedicenti consulenti finanziari che, dopo un contatto online, iniziano a telefonare alle vittime da utenze inglesi (anche se la frode è, come vedremo, italianissima). Con tono professionale, agenti di Capitals Banks, Capital Markets Bank o altre fantomatiche società con sede a Londra, spiegano come guadagnare il 9% al mese investendo in criptomonete. Perché Londra? Secondo Gianluigi Pacini Battaglia, CEO diConsulcesi Tech, è pura psicologia: «La City è sinonimo di piazza finanziaria, per di più votata all’innovazione. Questa sua capacità di sintetizzare i valori europei, quali sicurezza e tradizione, e quelli americani di modernità e professionalità, la rende il luogo perfetto per chi vuole costruirsi facilemente una reputazione internazionale, anche quando totalmente inventata». È così che Simone de Angelis, Giorgio Ferrari e Marco Galante – solo per citare alcune identità fasulle – ingannano da anni centinaia di piccoli risparmiatori italiani (soprattutto tra Lombardia, Toscana e Lazio).

Il metodo truffaldino

Ecco come funziona il sistema: per iniziare, si chiede alla vittima una cifra molto bassa. Di solito si tratta di 250 euro, accompagnati da un documento di identità ed estratti bancari che attestino la propria solidità finanziaria, per avvalorare la tesi che chi si ha di fronte è un ente serio e scrupoloso. Nonostante la modalità singolare dell’approccio, il guadagno prospettato è così alto che la vittima tende a rischiare. Solitamente i guadagni personali inizano a crescere subito; almeno secondo quanto visualizzato sull’account personale, un’interfaccia creata ad hoc da queste società perché il cliente possa monitorare l’investimento. Agganciata la vittima, il consulente propone di investire quindi una somma più importante, qualcosa come 20mila euro, con la promessa di replicare la performance.  L’avvocato Andrea Castaldo, tra i massimi esperti di prevenzione e repressione della criminalità economica, spiega: «Le truffe online seguono dinamiche particolari e collaudate, innanzitutto per la serialità. Il truffatore solletica la vittima con la certezza del profitto: chi telefona ha grandi doti da imbonitore, è convincente e non ha mai fretta; solitamente ricorre a dati e statistiche delle performance degli investimenti proposti. Paradossalmente, più la spara grossa sui guadagni attesi, più trova chi è disposto a credergli, come insegna la psicologia comportamentale. È una sorta di pesca “a strascico” e, per la legge dei grandi numeri, alla fine qualcuno abbocca sempre». Non è raro che, almeno all’inizio, il truffatore compensi con apparenti vincite chi è cascato nella rete, ricorrendo al classico “Schema Ponzi” (per intendersi, il metodo utilizzato da Bernie Madoff e basato sul numero crescente di vittime disposte a pagare una quota iniziale), ma l’illusione dura poco. Quando l’investitore vuole incassare, ecco che i consulenti diventano introvabili o iniziano a rispondere solo via mail, adducendo problemi tecnico-giuridici che impediscono temporaneamente di saldare. A volte, se messo alle strette, un consulente può anche passare a miglior vita: “Vi informiamo che il nostro dott. Marco Galante è ricoverato presso il Chelsea and Westminster Hospital di Londra a causa di una pancreatite acuta. Vi chiediamo di pregare per lui”, scrivonovia mail. Qualche giorno dopo, arriva la notizia della morte con tanto di data, ora e luogo dei funerali. La chiesa prescelta è sempre la St. Peter’s Italian Churchche, se contattata, risponderà: “Buonasera, ci vorrà del tempo prima di avere notizie. La famiglia deve prendere contatto con le pompe funebri e avere il rilascio del certificato di morte prima di poter procedere con il funerale”.Una digrazia che, però, dai registri dei decessi non risulta. E i soldi? “Tutta la documentazione e i vostri contratti sono stati rilevati dal dott. Giorgio Ferrari, che prenderà contatto con voi”. Inutile dire che il dottor Ferrari non chiamerà mai. A orchestrare queste truffe sono società come la Coinoa, alla quale la Consob ha imposto uno stop con delibera n.20346 del 21 marzo 2018, unitamente alla Becfd Limited, allaChimera Investment Corporation, allaLeads Capital Inc. e allaTrade Up LtdCiò nonostante, le truffe sono riprese sotto altri nomi: è il caso della Capital Banks, società collegata alla finanziaria Findbo Ltd, anch’essa registrata nel Regno Unito. Peccato che l’indirizzo della sede– Gladstone Court 97, Regency St., Westminster – sia fasullo e il telefono squilli invano. La Findbo Ltd, infatti, non è neanche iscritta negli elenchi degli intermediari inglesi, e lo stesso vale per la Capital Markets Bank.Anche la sede della A J Asset Management, al 13 Chase Road di Londra, risulta fittizia e, al numero di telefono indicato sul sito, risponde addirittura una struttura sanitaria emiliana. Per i malcapitati, recuperare i soldi è dunque impossibile, viste le generalità fittizie fornite dai sedicenti consulenti e considerate le operazioni bancarie, che avvengono su conti correnti di Paesi black list o comunque poco permeabili a richieste di cooperazione giudiziaria. Il frutto del trading passa, infatti, solo su conti bancari di Bulgaria, Romania e isole sperdute dei Caraibi.

 La cattiva fama dei Bitcoin

Le truffe online relative ai Bitcoin hanno danneggiato non solo lavalutazione generale delle monete digitali, ma mettono a rischio l’intero settore e le più recenti innovazioni del settore tecnologico-finanziario, come la blockchain.Per Pacini Battaglia, basterebbe «un serio intervento regolatorio, a livello internazionale, su tutto il comparto dei crypto asset. In un contesto maggiormente controllato, la blockchain potrebbe fungere da custode della fiducia e garantire i potenziali investitori che le promesse fatte loro poi saranno rispettate, o quantomeno non manipolate». Ma ancora si è lontani da tutto ciò. Secondo l’esperto di compliance e mercati finanziari Roberto Andreoli,«nel contesto attuale, in cui la crescita di popolarità e le possibilità di guadagno rappresentate dalle monete virtuali hanno attirato sempre più investitori, è prassi considerare come truffe le nuove tematiche presenti sui mercati finanziari, in primis criptovalute e ICO, senza considerare razionalmente la loro portata. Questo per mancanza di conoscenza e volontà di approfondimento. Ciò porta anche autorevoli attori dell’informazione alla semplificazione e, quindi, all’identificazione e diretta assimilazione a fenomeni fraudolenti». Infine, secondo Fabio Ghioni, esperto a livello mondiale in sicurezza e tecnologie non convenzionali, a oggi il sistema di fiducia condivisa non è ancora pronto a un’accettazione delle criptovalute: «Sappiamo che c’è gente disposta a pagare, e molto, per avere questa serie di numeri, ed è dunque il sistema che li rende reali, in quanto domanda e offerta provengono da una decisione collettiva. Ovvio che quanto più è ampia questa collettività, tanto più sarà credibile in futuro. Ma, per quanto riguarda le criptovalute, non si tratta precisamente di una rivoluzione. La logica è ancora quella capitalistica keynesiana, secondo cui sono domanda e offerta a determinare il prezzo di un bene. In questo caso, però, il bene di cui parliamo è poco più che il nulla, trattandosi di codici numerici. Il che ci porta anche a dire che di “cripto” ossia di nascosto, non c’è proprio niente». A dargli ragione, al momento, è nientemeno che il presidente americano Donald Trump, il quale su Twitterla scorsa settimana ha detto di non essere «un grande fan del Bitcoin e di altre criptovalute», in quanto «non sono soldi. Il loro valore è altamente volatile e basato sul nulla», facendo crollare del 10% il valore della criptomoneta in poche ore.

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