Migliaia di musulmani in piazza in Bangladesh per protestare dopo la pubblicazione di un post su Facebook. Attaccata la Polizia, quattro i morti.

Tensione alle stelle in Bangladesh dove negli scorsi giorni nella città di Borhanuddin che si trova nel distretto di Bhola Sadar, quattro persone hanno perso la vita durante la rivolta scoppiata dopo che su Facebook è apparso un commento giudicato blasfemo dalla popolazione musulmana ( in Bamgladesh circa il 90% dei 168 milioni di persone sono di religio musulmana. L’autore che è stato subito arrestato, si chiama Biplob Chandra Shuvo è di religione indu’, e ha dichiarato di essere stato vittima di un hacker che avrebbe violato il suo account. L’arresto lo ha salvato dal linciaggio della folla al quale sarebbe stato sottoposto dopo che su Facebook erano apparsi post che ne invocavano la morte. Nonostante l’immediata smentita, migliaia di persone (circa 20.000) sono scese in piazza incitate dagli imam estremisti abili nel cogliere ancora una volta, l’occasione per buttare benzina sul fuoco delle proteste. La sera del 18 ottobre 2019 (giorno nel quale è apparso il commento ritenuto blasfemo), centinaia di persone (che partecipavano alle proteste) sono venute a contatto con la polizia che è stata accolta con lanci di pietre e pezzi di porte e fineste staccate da alcuni edifici, tanto da obbligarla a ritirarsi in un palazzo. Poi come spesso accade in questi casi, le proteste sono degenerate con l’attacco al palazzo dove la polizia si era momentaneamente ritirata. Dopo gli scontri dove sono intervenuti centinaia di uomini delle forze di polizia coadiuvati dagli elicotteri dell’esercito, sono rimasti a terra quattro giovani manifestati musulmani colpiti da armi da fuoco. Il primo ministro Sheikh Hasina preoccupato che il Bangladesh venise travolto dalle proteste ha invitato alla calma e condannato le manifestazioni, “il popolo di questo Paese ad avere pazienza. Troveremo coloro che vogliono smuovere le acque creando problemi e prenderemo le misure appropriate contro di loro.”La polizia in una nota, ha dichiarato di aver aperto il fuoco per autodifesa dopo che alcuni manifestanti hanno lanciato l’attacco contro i loro ufficiali. Il Bangladesh vive ormai da tempo una vera e propria emergenza dopo che il virus dell’islam rigorista e violento, ha fatto breccia nei cuori e nelle menti di migliaia di donne e uomini in Bangladesh appartenenti anche alla classe media o quella agiata, come coloro che si resero protagonisti dell’efferata strage del primo luglio 2016 nel ristorante “Holey Artisan Bakery” di Dacca, capitale del Bangladesh nella quale morirono 22 persone, tra le quali nove cittadini italiani. Il giornalista italiano Fabio Polese tra i massimi esperti del continente asiatico, fu il primo reporter ad entrare nel locale dopo la mattanza compiuta dal commando jihadista. Esperienza drammatica la sua che ha raccontato in molti articoli.

Come accaduto nello Sri Lanka il “virus salafita” si è diffuso grazie alla presenza di moltissime fondazioni e moschee saudite ma non solo, i molti immigrati nel paesi del Golfo Persico quando sono rientrati in patria oltre ai dollari, si sono portati a casa le folli idee di sceicchi e predicatori che abbondano in tutta l’area. Un contagio che ha portato un centinaio di combattenti (il numero non è ancora certo) a partire per i teatri di guerra sotto le bandiere di Al Qaeda, Jabbat Al Nustra ( oggi Hay’at Tahrir al-Sham) o per lo Stato islamico.

Il portale Asia News ha piu’ volte raccontato come in Bangladesh si siano formati attorno a imam come il 95enne Shah Ahmed Shafi, leader del gruppo radicale “Hifazat-e-Islam” e capo della madrassa “ Al-Jamiatul Ahlia Darul Ulum Moinul Islam Hathazari” (Chittagong) numerosi gruppi estremisti e violenti. Shah Ahmed Shafi è salito alla ribalta recentemente, per un sermone pronunicato davanti a 15.000 fedeli dedicato alle donne e alla loro istruzione: “Le donne possono studiare al massimo fino alla quinta classe, non oltre, perché se consentite loro di frequentare l’università e i  master, non saranno più di vostra proprietà”. Nel goffo tentativo di stemperare i toni l’imam ha aggiunto che “le donne possono frequentare la scuola se indossano il burka”. Intanto in questo pesantissimo clima qualche giorno fa il Tribunale di Dacca, ha condannato a morte 16 persone per l’omicidio avvenuto lo scorso 6 aprile 2019 , della studentessa 19enne, Nusrat Jahan Rafi, bruciata viva per avere denunciato di aver subito molestie sessuali da parte del preside della scuola islamica che frequentava.

@riproduzione riservata

Leave a reply:

Your email address will not be published.

Site Footer