COSÌ L’ISIS RINASCE IN IRAQ ( Corriere del Ticino 15.11.2019)

L’attentato del 10 novembre, nell’area di Kirkuk contro il contingente italiano (cinque feriti, di cui tre in gravi condizioni), riaccende i riflettori sulla nuova e progressiva destabilizzazione del martoriato Iraq. L’atto terroristico contro gli italiani impegnati in attività di «mentoring and training» per le forze di sicurezza irachene, è arrivato alla vigilia dell’anniversario della strage di Nassiriya (Iraq) del 12 novembre 2003, nel quale morirono 12 carabinieri, 5 militari dell’esercito italiano, un cooperante, un cineoperatore e 9 iracheni.

Dalla caduta del villaggio siriano di Baghouz (febbraio 2019), ultimo bastione dell’ISIS dove si erano asseragliati gli ultimi fedelissimi del defunto califfo Abu Bakr Al Baghdadi, in Iraq sono ricominciate le proteste di piazza contro il governo di Adel Abdul Mahdi, del quale si chiedono a gran voce le dimissioni. Il popolo protesta contro la dilagante corruzione tra i funzionari dello Stato e la classe politica. Ma non solo: la mancanza di lavoro e la spaventosa povertà portano migliaia di persone a chiedere un cambio di rotta che appare molto improbabile. In questo contesto non va dimenticato il conflitto fra sunniti e sciiti con questi ultimi a occupare i gangli del potere in Iraq fin dalla caduta del regime di Saddam Hussein, al potere dal 1979 al 2003. Il premier iracheno invece di avviare un percorso di ascolto delle istanze e di riforme, ha autorizzato la polizia a sparare sulla folla tanto che si contano più di 300 morti e migliaia di feriti. Così in questo clima si moltiplicano anche gli attentati dei miliziani dell’ISIS contro le forze speciali irachene e i loro partner stranieri, impegnati nella dura repressione delle proteste di piazza.

Che il livello dello scontro stia salendo tra cellule jihadiste e quel che resta dello Stato iracheno, lo mostra il numero degli attentati: 131 al novembre 2019. Senza contare i 10.000-13.000 miliziani dell’ISIS che ancora gravitano tra l’Iraq e la Siria, pronti a ricominciare la lotta sotto il nuovo leader Abu Ibrahim al-Hashimi al-Quraishi, che pare puntare sull’insurrezione irachena proprio come fece Abu Mus‘ab al-Zarqawi, terrorista giordano che tra il 1999 e il 2006, quando morì, trasformò l’Iraq in un campo di battaglia con più di 800 attentati. Sul fatto che lo Stato islamico si stia riorganizzando nel «Siraq» non ci sono più dubbi, così come è certo che a combatterlo non ci saranno più i valorosi combattenti curdi abbandonati dagli USA e dal pavido Occidente ai deliri del sultano di Ankara. A proposito di Erdogan, vuole rimandare i «foreign fighters» detenuti in Turchia nei loro Paesi di origine. Gli altri, Erdogan li sta utilizzando contro il popolo curdo mentre il mondo sta a guardare.

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