Terrosimo: la deradicalizzazione sta davvero funzionando ? (CdT 07.12.2019)

IL DECODIFICATORE I dubbi dell’esperto Stefano Piazza dopo l’attentato al London Bridge

a cura di Carlo Silini 

Dopo l’attentato al London Bridge di qualche giorno fa, quando un ex recluso rimesso in libertà vigilata ha ucciso a coltellate due giovani, la minaccia jihadista torna ad intimorire l’Europa. E le imminenti feste natalizie fanno riemergere lo spettro di attentati nei mercatini invernali, come già accaduto a Berlino e Strasburgo. Sono timori fondati? Lo chiediamo all’esperto di terrorismo Stefano Piazza.

La lezione di Londra

«La lezione che possiamo trarre dai fatti di Londra, ci spiega, «è che non abbiamo ancora capito molte cose. Ad esempio che i programmi di deradicalizzazione servono a poco, che la continua legittimazione della Fratellanza musulmana che è l’anticamera del terrorismo jihadista, genera solo odio e violenza. Infine che le scarcerazioni per “buona condotta” vanno esaminate con la massima prudenza onde evitare di pulire il sangue per le strade. Come vede siamo ancora ai piedi della scala».

La scomparsa di Al Baghdadi

L’uccisione del leader dell’ISIS Al Baghdadi il 26 ottobre scorso, ha molto indebolito il sedicente Stato islamico. Ma non c’è il rischio che per vendicarlo aumentino gli attentati? «Il pericolo non è mai venuto meno infatti solo nel 2019, sono state evitate decine di attentati in Francia, Olanda, Germania, Inghilterra, Spagna, Belgio e in altri Paesi europei. Oggi il nuovo leader dell’Isis Abu Abdullah Al Qardash, conosciuto anche come Hajji Abdullah al-Afari o Abdal-Rahman-al Mawla noto come il “distruttore” per l’immane ferocia mostrata contro gli yazidi, incita a commettere un grande attacco in Occidente. Gli serve per marcare la sua leadership».

E i foreign fighters?

Quanto al problema dei foreign fighters di ritorno, «i Paesi europei – sostiene Stefano Piazza – cercano di evitare di confrontarsi con questo tema e ognuno sbagliando, si arrangia come può Personalmente ritengo che i guerriglieri dell’ISIS provenienti dai nostri Paesi vadano giudicati in Siria e in Iraq dove hanno commesso spaventose atrocità. Sapevano a cosa andavano incontro quando sono partiti e hanno bruciato i loro passaporti inneggiando al Califfato». Un discorso diverso invece, per il nostro interlocutore riguarda le donne e i bambini che si trovano nei campi profughi. «Qui se ci sono le condizioni deve prevalere l’atto umanitario di riportarli a casa. Occorre infatti curare i bambini ed aiutarli a ricominciare a vivere una nuova vita lontano dalla follia islamica».

La Svizzera è a rischio?

«Nessuno – conclude Piazza – può dirsi al riparo dal pericolo del fondamentalismo islamico. La Svizzera ha visto partire decine di jihadisti che si sono distinti per la loro ferocia, questo è un segno che il seme del male ha attecchito anche qui. Per quanto attiene al nostro Paese ciò che mi preoccupa maggiormente è la preoccupante mancanza di consapevolezza di una buona parte della classe politica che continua “nella fermezza nel cedimento” nei confronti dell’islam. Pagheremo il prezzo di questi errori».

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