In una recente inchiesta del giornale americano «Washington Post», della tv tedesca ZDF e della SRF, si è tornati a parlare dell’azienda svizzera di crittografia Crypto AG. Non è la prima volta che si discute dell’azienda che la CIA e i servizi segreti tedeschi hanno utilizzato a lungo per spiare le comunicazioni crittografate di un centinaio di Paesi alleati e non, tra i quali persino l’Italia. Benché la notizia rimbalzi da giorni con titoli ad effetto non c’è nulla di nuovo. La vicenda, che Economiesuisse ha definito «un relitto della guerra fredda», si trascina a vario titolo dal 1994. Nonostante le indagini, nulla è stato provato su possibili connivenze del nostro Paese, nessun uomo politico è stato coinvolto e non ci sono prove di una qualsiasi complicità dei nostri servizi di intelligence. Nonostante questo, si continua a montare un caso utilizzando il teorema manettaro e giustizialista «la Svizzera non poteva non sapere» per arrivare a un altro classico della cultura di cui sopra, «c’è rischio di un danno di immagine della Svizzera». Quale danno se non abbiamo fatto nulla?
Quando si agita un caso e non si sa bene cosa fare a tutte le latitudini, non c’è cosa migliore che la Commissione parlamentare d’inchiesta CPI (o uno strumento analogo) che garantisce di tenere vivo l’argomento e di fare dichiarazioni e incassare qualche gettone che non fa mai male perché tutti, si sa, tengono famiglia. Come da copione nel ruolo di «difensori della reputazione» della Svizzera ci sono rappresentanti dei socialisti e dei verdi che vogliono a tutti i costi la CPI perché «gli eventi sono di una gravità tale da giustificare il ricorso a mezzi straordinari».
Gli ingredienti per la «spy story» rosso-verde ci sono tutti: i cattivi della CIA, i servizi segreti tedeschi e le complicità del SIC che potrebbero aver coperto per decenni gli spioni di Washington. Per ammantare di legittimità un teorema strampalato e dove le prove non ci sono nonostante le si cerchino da decenni, ci vogliono dei media che abbocchino e qualche ex di peso che insinui il dubbio e con tono grave, come quando parla l’oracolo. Vedremo cosa decideranno di fare a Berna, se attivare la CPI o lasciar cadere la proposta, dando modo ai soliti noti di attaccare le nostre istituzioni e i nostri servizi segreti. Intanto mentre si discute di aria fritta il giornale «Le Temps» ha rivelato che il SIC ha sventato nel 2019 uno spaventoso attacco terroristico in Svizzera. Secondo i resoconti un gruppo di affiliati all’ISIS, tra i quali il noto convertito svizzero Daniel D., avrebbe dovuto far saltare un deposito di carburante a Vernier. Il SIC allertato nell’agosto del 2018 dalla CIA riuscì ad impedire la strage pianificata tra aprile e maggio del 2019. A loro non può che andare la nostra riconoscenza.
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