Il Coronavirus ferma il processo ai complici della strage nella redazione di “Charlie Hebdo”

Il processo alle 14 persone accusate di “aver fornito assistenza logistica” ai due fratelli jihadisti franco-algerini Saïd e Chérif Kouachi autori della strage nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015, è stato rinviato a causa della pandemia del Coronavirus che ha bloccato anche le attività dei tribunali nell’Esagono. Le indagini provarono che anche il terrorista islamico Amedy Coulibaly figlio di immigrati provenienti dal Mali che in precedenza era già stato condannato cinque volte per rapina a mano armata e per traffico di droga autore dell’attentato al supermercato ”Hipercacher” (4 morti e 4 feriti) del 9 gennaio 2015, beneficio’ della stessa ed estesa rete di connivenze organizzata dai fratelli Kouachi dei quali era amico e con i quali era stato in carcere. Non è stata ancora fissata una data per il processo ma è molto probabile che il procuratore nazionale antiterrorismo riesca a far iniziare il dibattimento nel prossimo autunno. Negli attacchi del gennaio 2015 morirono 17 persone, 12 negli uffici del settimanale satirico Charlie Hebdo per mano di Cherif e Said Kouachi il 7 gennaio 2015 mentre Amedy Coulibaly, uccise una giovane poliziotta prima di uccidere quattro persone nel supermercato ebraico (8-9 gennaio 2015) . Tutti e tre i terrorosti, che avevano rivendicato fedeltà ai gruppi jihadisti, furono in seguito uccisi dalla polizia. Allo stato sono undici coloro che sono detenuti e attendono il processo mentre tre degli accusati saranno processati in contumacia, tra loro c’è Hayat Boumedienne, fidanzata di Amedy Coulibaly, descritta come estremista islamica convinta che avrebbe avuto un ruolo importante della deriva presa dal fidanzato e che si crede sia partita per la Siria pochi giorni prima degli attacchi. Di lei non si piu’ nulla da molto tempo a parte che alcuni testimoni avrebbero dichiarato che la donna sarebbe morta nel febbraio febbraio 2019 a Baghouz nel corso della battaglia finale che sanci’ la definitiva sconfitta almeno come entità statuale, dello Stato islamico ma della sua morte non c’è conferma. Lo stesso potrebbe valere per altri due fratelli Mohamed e Mehdi Belhoucine ( sotto nella foto) che sarebbero fuggiti dalla Francia poco prima degli attacchi e che in patria vengono dati per morti, In ogni caso il processo sarà ripreso dalle telecamere – un fatto che è normalmente vietato in Francia, ma che viene consentito solo nei casi ritenuti importanti per gli archivi giudiziari del paese.

Dal massacro di Charlie Hebdo è inizitata una lunga serie di attacchi jihadisti ( 250 i morti) tra i quali quello del 13 novembre 2015, Parigi (Francia): i morti furono 130 (tra cui l’italiana Valeria Solesin) in attentati multipli in contemporanei, presso la sala concerti Bataclan, in diversi bar e ristoranti nel X e XI ‘arrondissement’ parigini e allo Stade de France. La serie di attacchi terroristici vennero sferrati da una cellula belgo-francese dell’Isis. All’alba del 18 novembre, le forze speciali assaltarono a Saint-Denis un appartamento occupato da alcuni dei terroristi coinvolti nell’organizzazione degli attentati e in procinto di organizzare un nuovo attacco alla Défense. Cinque persone vennero arrestate, altri due furono uccise tra cui Abdelhamid Abaaoud, il presunto organizzatore. Il 18 marzo 2017, nel corso di un’operazione della polizia belga a Bruxelles, venne arrestato l’unico sopravvissuto della cellula di Parigi, Salah Abdeslam, francese di origine tunisina cresciuto a Molenbeek, uno dei presunti coordinatori operativi degli attacchi di Parigi e di Bruxelles. Attualmente è in un carcere di Parigi dal quale non uscirà mai a meno di una sua evasione e dove attende la lunga serie di processi nei quali è imputato di strage. Intanto si è fatto crescere la barba come un vero salafita, prega molto e riceve un sacco di lettere di ammiratori e ammiratrici ma non comunica con nessuno. Cosi’ come non si sogna di raccontare cosa accadde quella notte e non solo; in compenso costa (e costerà) decine di milioni di euro allo Stato francese che gli deve assicurare condizioni di detenzione in linea con le convenzioni internazionali e il diritto alla difesa. Non sa ancora che nel caso vi fossero problemi pero’ puo’ sempre scrivere una lettera al quotidiano italiano “Il Riformista”. Lui si che fa al caso loro. 

@riproduzione riservata

Leave a reply:

Your email address will not be published.

Site Footer