di Stefano Piazza-Luciano Tirinnanzi
«Lo ammazzo quel magistrato e, appena esco, faccio un massacro». Diceva così il quarantenne egiziano, appena espulso dall’Italia per sospetto terrorismo. Fresco di una scarcerazione dal penitenziario di Catanzaro, si nascondeva con la figlia minorenne in provincia di Reggio Calabria, a Gioiosa Ionica. Era stato in contatto con Anis Amri, l’attentatore tunisino che fece strage al mercatino di Natale di Berlino nel 2016, e voleva vendicarlo (fu ucciso dalla polizia italiana a Sesto San Giovanni). È solo l’ultimo di dieci tentativi di compiere un attentato registrati in Italia dal 2019. Una cifra in linea con il resto d’Europa. Anche in Spagna, ad Almeria, la polizia ha da poco arrestato uno dei foreign fighters dell’ISIS più ricercati dall’Unione Europea, su segnalazione del Centro Nacional de Inteligencia. L’uomo, di cui non sono state rese note le generalità, si trovava da anni nelle zone dei combattimenti di Siria e Iraq. Approfittando del caos nei controlli per via del Coronavirus, voleva rientrare clandestinamente in Europa e compiere un gesto clamoroso. Ma è dalla Germania che arrivano i segnali più inquietanti: a Pasqua, infatti, le squadre anti-terrorismo tedesche hanno impedito una nuova ondata di attentati. Le autorità hanno arrestato quattro cittadini tagiki in una serie di blitz tra Essen, Neuss, Siegen e nel distretto di Heinsberg. Sono accusati di aver pianificato più attacchi terroristici contro basi militari statunitensi in territorio tedesco. Membri di una cellula dello Stato Islamico, sono stati acciuffati dopo che avevano compiuto un sopralluogo presso la base aerea di Ramstein, nella Germania Sud-occidentale. Non è un sito qualsiasi: si tratta del quartier generale per l’aviazione statunitense in Europa, la più grande base aerea americana al mondo fuori dai confini statunitensi. La cellula tagika voleva vendicare la morte del Califfo Abu Bakr Al Baghdadi. Per questo aveva già acquistato armi e munizioni, nonché componenti per fabbricare esplosivi. Tutto materiale ordinato sul web e pagato con denaro raccolto attraverso una triangolazione tra Albania, Germania e Turchia. In Albania, peraltro, uno dei membri aveva accettato un omicidio su commissione in cambio di 40 mila dollari. Denaro che sarebbe servito a finanziare il progetto criminale. Non c’è stato il tempo. La polizia è arrivata prima. Non solo. Il gruppo aveva in programma anche un altro omicidio: dopo l’attacco alle basi (non è ancora chiaro, infatti, se gli obiettivi militari fossero addirittura tre), il commando si sarebbe dovuto dirigere a Nuess, vicino a Dusseldorf, presso l’abitazione del famoso influencer Amir Arabpour, un musulmano di origini iraniane convertito al cristianesimo. Lo scopo era ucciderlo, perché nei suoi video si scaglia con veemenza contro le pratiche dell’Islam e l’interpretazione del Corano. Il capo della cellula tagika e mandante degli attacchi è stato riconosciuto dalle intercettazioni in Ravsan B., un predicatore che si trovava in carcere già dal marzo del 2019. Mentre il nucleo di fuoco tagiko a piede libero era composto da: Azizjon B., Muhammadali G., Farhodshoh K. e Sunatullokh K. (i nomi sono in parte coperti da segreto istruttorio, per volere della giustizia tedesca). Questi episodi dimostrano come il jihadismo non conosca limiti né soste. I numeri parlano chiaro: 10 tentati attacchi nel Regno Unito in meno di un anno; 9 in Francia; 7 in Germania; 2 in Belgio; 3 in Olanda; 2 in Austria; e altrettanti in Danimarca. A questi, si sommano 10 attentati scongiurati in Turchia e addirittura 21 in Russia. Mentre l’attenzione dei governi è focalizzata sulla pandemia, anche il virus del Jihad continua silenziosamente a diffondersi. Specie in periodo di Ramadan, qual è quello che stiamo attraversando (iniziato lo scorso 23 aprile, quest’anno si concluderà sabato 23 maggio). «Questo è il periodo dell’anno in cui molti gruppi terroristici chiamano in modo più insistente le cellule a portare avanti il Jihad ovunque si trovino» conferma María del Pilar Rangel Rojas, esperta di terrorismo jihadista per l’Università Internazionale dell’Andalusia. «Bisogna fare molta attenzione. Perché il virus non impedisce a un individuo isolato o a una piccola cellula di agire. Come dimostra l’accoltellamento di un rifugiato sudanese, che solo pochi giorni ha lasciato due morti nel sud-est della Francia». Il riferimento è all’ennesimo «lupo solitario» francese entrato in azione: si tratta di Abdallah A.O., un trentatreenne richiedente asilo originario di Tendelty, in Sudan. Lo scorso 4 aprile, Abdullah ha ucciso a coltellate due persone e ne ha ferite altre sette, al grido di «Allah Akbar». È accaduto a Jaurès a Romans-sur-Isère, comune francese di 34 mila abitanti nella regione del Rodano. L’uomo era sconosciuto alla polizia e ai servizi d’intelligence: entrato in una tabaccheria, ha accoltellato il proprietario e la moglie; quindi si è recato in una macelleria, dove ha ucciso un cliente; poi si è scagliato contro le persone in fila di fronte a un supermercato Carrefour. Infine, ha aggredito altri due passanti, prima di essere arrestato dagli agenti di polizia. Alla vista dei quali, Abdallah ha gettato il coltello e ha iniziato a pregare come se nulla fosse. A preoccupare le autorità europee, non solo tedesche e francesi, è il trend delle azioni terroristiche reso noto dalle autorità di controllo europee: nel 2019, purtroppo, tali cifre hanno ricominciato a crescere, raggiungendo quota 24 tra tentativi e attacchi riusciti in Germania, Francia e Regno Unito. Ma è dall’Est Europa che provengono i segnali più preoccupanti: in particolare, spaventano alcuni dossier relativi all’area cosiddetta «di Visegrad»: ovvero Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Ungheria. Qui, fonti d’intelligence indicano una pericolosa saldatura tra l’estremismo islamico militante e società dell’ingrosso alimentari che, dietro la copertura della vendita di prodotti «halal» (cioè, conformi alla dottrina islamica), finanzierebbero in realtà il Jihad europeo. Secondo Anne Speckhard dell’Università di Georgetown, che dirige l’International Center for the Study of Violent Extremism (ICSVE), oggi c’è una nuova tendenza nel reclutamento dei terroristi: «Dal nostro studio basato su interviste a 239 tra disertori, rimpatriati e prigionieri dell’ISIS, è emerso che il 20% di loro è stato reclutato esclusivamente su Internet. Queste nuove reclute del Jihad, dunque, hanno viaggiato attraverso gli oceani e i continenti per unirsi all’ISIS semplicemente sulla base delle ricerche in rete. Quindi, contrariamente a molti esperti che affermano che ciò non sia possibile, lo è eccome». In epoca di Coronavirus, insomma, l’ISIS starebbe reclutando quasi esclusivamente online le nuove leve del terrorismo per attacchi domestici. L’ordine è avere prudenza: compiere azioni laddove ci si trova, auto organizzandosi e senza alcun collegamento diretto con la Siria o l’Iraq. Allo stesso tempo, meglio non avere rapporti diretti predicatori in carne e ossa, perché l’anti-terrorismo monitora ormai capillarmente questi soggetti. «In base ai successi passati, dovremmo aspettarci che gli islamisti continueranno a guadagnare aderenti e dobbiamo pertanto mantenere alta la guardia» precisa Speckhard. Anche perché l’ISIS è molto intenzionato a tornare al potere: «Continuano a sfornare, riutilizzare e usare vecchi video di propaganda e chiamare nuove reclute per aiutarli a ricostruire e vendicarsi del Califfato distrutto a livello territoriale. Ma il Califfato virtuale è vivo e vegeto». Anche Yossi Kuperwasser, esperto israeliano d’intelligence e sicurezza e direttore generale del Ministero degli affari strategici di Israele, conferma questo orientamento. Ma sottolinea anche come il tentativo di rialzare la testa da parte dello Stato Islamico fosse prevedibile, finanche inevitabile: «In primo luogo, l’ISIS è un sistema di franchising e, nella maggior parte dei sottogruppi, il leader locale è molto più importante del leader del corpo principale, soprattutto quando il corpo principale soffre di gravi danni, tra cui la perdita del suo famoso leader. In secondo luogo, l’ISIS è prima di tutto un’idea molto attrattiva per i musulmani sunniti radicali ed è inquadrata in un modo che ha una spiegazione incorporata per la perdita. Così, può superare le sconfitte di breve durata».
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