Il governo del Mali ha reso noto che il suo esercito ha subito sabato scorso, un attacco terroristico a circa 100 km dal confine con la Mauritania. Il bilancio è drammatico perché a cadere sotto i colpi della furia islamista sono stati 24 soldati ma il bilancio potrebbe essere molto piu’ pesante e a tal proposito il giornalista della BBC Africa Will Ross ha affermato che “è possibile che il bilancio delle vittime possa essere più alto di quello che i militari hanno voluto ammettere”. Allo stato non c’è ancora una rivendicazione dell’attentato ma le modalità utilizzate fanno ritenere che la matrice sia quella insurrezional-jihadista che si estesa anche nei vicini Burkina Faso e nel Niger. . – Abu Musab Abdel Wadoud morto lo scorso 3 giugno 2020 nel corso di un’operazione militare francese nel nord nel Mali. Gli otto funzionari dell’esercito sopravissuti all’imboscata,hanno raccontato che i terroristi hanno attaccato i 12 veicoli del convoglio dell’esercito di Bamako in una zona particolarmente isolata vicino alla foresta di Wagadou, noto nascondiglio per i gruppi jihadisti del Mali che dal 2012, è devastato dall’insurrezione islamista iniziata nel nord del paese. Si tratta della più grande perdita di vite umane tra i militari dal novembre dello scorso anno quando più di 50 soldati del Mali vennero uccisi in un attacco jihadista. Sempre lo scorso 13 giugno 2020 con le stesse modalità (attacco ad un convoglio), sono stati uccisi nel nord del paese, due militari della forza di pace delle Nazioni Unite che in Mali hanno dispiegato 13.000 uomini. Lo scorsa settimana il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan, ha affermato che la lotta al terrorismo rimane un obiettivo importante del Regno. Le sue dichiarazioni sono arrivate durante una riunione virtuale dell’Alleanza del Sahel dei paesi del G5 Sahel, tra cui Francia, Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger e Ciad, oltre all’UE e ad altri partner internazionali. L’Arabia Saudita secondo Faisal bin Farhan, “è in prima linea negli sforzi globali per combattere il terrorismo e l’estremismo, aggiungendo che il Regno crede nell’importanza di adottare un approccio globale in grado di proteggere la vita di persone innocenti e preservare la sicurezza e la stabilità degli Stati”. In tal senso Ryad ha versato 110 milioni di dollari per istituire il “Centro antiterrorismo delle Nazioni Unite”, che fornisce un importante sostegno agli Stati membri delle Nazioni Unite, compreso il Sahel. Lo sforzo dell’Arabia Saudita è certamente lodevole tuttavia, per riparare ai danni fatti in tutta l’area dalla diffusione forzata della dottrina wahabita-salafita esportata dall’Arabia Saudita negli ultimi 30 anni, occoreranno decenni e grande coesione tra tutti gli attori regionali. Comunque meglio tardi che mai.
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