Se il pericolo jihadista arriva anche nel Golfo di Guinea

Ieri mattina durante una cerimonia tenutasi nel nuovo campo militare di Akouedo che si trova nella capitale Abidjan, il ministro della Difesa della Costa d’Avorio e primo ministro ad interim, Hamed Bakayoko ha annunciato che le forze armate ivoriane hanno catturato un capo jihadista che è stato identificato come colui che ha organizzato e preso parte all’attentato avvenuto lo scorso 10 giugno 2020 a Kafolo, località che si trova nel nord-est della Costa d’Avorio e che dista pochi chilometri dal Burkina Faso. L’uomo sarebbe ritenuto una figura centrale del “Fronte di liberazione della Macina o “Katiba Macina” una sigla jihadista di stretta oservanza salafita, apparsa nel 2015 ma che è rimasta misterisosa cosi’ come lo sono i suoi membri (circa 200) e le sue alleanze. Il nome Macina si riferisce all’impero Fulani di Macina fondato nel XIX  secolo dal marabut Sekou Amadou, vero nome Ahmadu bin Muhammadu Lobbo ( 1776- +1844 o 1845). Tra le poche cose che si sanno del gruppo c’è che opera nella regione della Macina (che va dal confine della Mauritania fino al Burkina Faso), e che sarebbe composto da milizie di etnia Fulani, (etnia nomade dell’Africa occidentale) e che avrebbe molte cose in comune con i jihadisti nigeriani di Boko Haram che hanno sempre come leader quel Abubakar Shekau, noto anche con il nome di battaglia di Darul Tawheed (anche lui piu’ volte dato per morto) e che nonostante sia considerato come l’uomo piu’ ricercato d’Africa ancora oggi continua ad operare indisturbato all’interno della foresta di Sambisa dove è protetto da almeno 1.500 combattenti. Chi è il leader del “Fronte di liberazione della Macina”? Se è ancora vivo è una vecchia conoscenza del jihadismo del Mali, Amadou Koufa– vero nome Amadou Cufa combattente di etnia Fulani nato nel 1961, dato per morto piu’ volte e altrettante resuscitato. Quale sia l’obbiettivo del FLM e quali alleanze abbiano stabilito ad esempio con il gruppo “Ansar Eddine” affiliato ad al Qaeda, alleato dei talebani afghani, comandato dal vecchio jihadista tuareg Iyad Ag-Ghali, è un vero mistero. Per tornare alla Costa d’Avorio la notte del 10 all’11 giugno 2020 un cellula jihadista ha attaccato una postazione dell’esercito ivoriano che come raccontato da “Africa Express”, ha visto la morte 10 soldati (ma potrebbero essere 12 visto che due militi risultano ancora dispersi) e 6 i feriti alcuni dei quali sono stati ricoverati in gravi condizioni ad Abidjan. Si è comunque trattato del piu’grave attentato terroristico avvenuto in Costa d’Avorio dal 2016 quando i miliziani di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI), uccisero 19 persone a Grand Bassam, una località turistico-balneare che dista solo 40 km dalla chilometri dalla capitale Abidjan. Che il pericolo in Costa d’Avorio e nel Burkina Faso sia percepito come reale lo provano le continue ed imponenti operazioni antiterrorismo che hanno avuto inizio nel maggio scorso con l’operazione “Comoé ”, azione congiunta degli eserciti burkinabè e quello ivoriano dove sono stati uccisi 8 jihadisti e catturati altri 38. Nell’operazione è anche stata rasa al suolo la base di Alidougou, nel sud del Burkina Faso, dove i jihadisti avevano creato la loro base logistica. Altra operazione lo scorso 18 giugno dove come descritto da “Africa Express”, “sono state arrestate 27 persone, distrutto strumenti per la logistica e sequestrato apparecchiature di comunicazione durante le operazioni di ricerca nell’area di Kafolo e nell’area adiacente al parco nazionale di Comoé”. C’è dunque grande preoccupazione che l’insorgenza jihadista si allarghi anche verso i Paesi del golfo di Guinea dove non a caso sono ricominciati proprio nei mesi scorsi, gli attacchi di pirateria marittima.

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