Nelle scorse settimane su Netflix è arrivata l’ultima docuserie intitolata “World’s Most Wanted”. Nei cinque episodi si raccontano le storie di alcuni dei fuggitivi più ricercati del pianeta e il terzo episodio della serie è dedicato a Samantha Louise Lewthwaite,conosciuta come la “vedova bianca della jihad”, sospettata di essere coinvolta in vari attacchi terroristici in Africa e in Medio Oriente. La 36enne cittadina britannica è nata nel 1983 in Irlanda del Nord (dove si trovava la famiglia in quanto il padre era militare di carriera) ed è cresciuta ad Aylesbury, nel Buckinghamshire. Cresciuta in un ambiente cattolico ha studiato politica e religione alla “School of Oriental and African Studies” per poi iscriversi alla University of London ma, dopo pochi esami, lascerà gli studi. Il 1994 è l’anno che gli cambia la vita: i suo genitori, dopo anni di matrimonio burrascoso si separarono, un fatto che getto’ Samantha Lewthwaite in una profonda crisi psicologica. A quel punto inizio’ a frequentare alcune ragazze musulmane che vivevano nel suo stesso quartiere e che, oltre ad aiutarla ad elaborare la separazione dei genitori, fecero sì che la ragazza si convertisse all’islam. Scelse il nome nome musulmano di Sherafiyah e inizio’ a portare il velo e a frequentare le moschee e l’ambiente islamico ed è qui che conoscerà Germaine Maurice Lindsay (1983- +2005), in seguito anche noto anche come Abdullah Shaheed Jamal, che sposerà nel 2002. All’apparenza la giovane coppia non insospettisce, nessuno sapeva che l’uomo era uno dei referenti sul suolo britannico di Al-Qaeda e degli Al-Shabaab somali. Così, mentre Samantha Lewthwaite è incinta del loro secondo figlio, il marito la mattina del 7 luglio 2005 si fa esplodere mentre viaggiava tra le stazioni della metropolitana di King’s Cross e Russell Square a Londra (26 morti). Con lui in attacchi simultanei agiranno altri tre attentatori kamikaze: Mohammad Sidique Khan, Shehzad Tanweer e Hasib Hussain. Bilancio finale 56 morti e 700 feriti. Agli inquirenti che la interrogano nelle ore successive alla tragedia Samantha Lewthwaite racconta di non sapere nulla delle attività del marito aggiungendo che “odia gli estremisti e la violenza”. Si fa intervistare a pagamento dai tabloid britannici e dalle tv che, così come gli inquirenti, si bevono la recita della vedova inconsolabile del tutto ignara delle attività del marito jihadista. Alla fine l’intelligence inglese mette insieme i pezzi e scopre che la donna ha mentito e così una mattina all’alba (siamo nel 2005), si presentano a casa sua per arrestarla ma Samantha nel frattempo si è volatilizzata insieme ai suoi bambini lasciando anche molti debiti. Da quel momento è ricercata dall’Interpol, dalla CIA, dall’MI5 e dall’MI6 e dai i servizi segreti di alcuni paesi africani. Risultati? Zero. Ma dov’è Samantha Lewthwaite? Cominciano a diffondersi notizie sulla sua morte ma poi, nell’agosto del 2011, un agente sotto copertura dei servizi segreti kenyoti, gli scatta una foto mentre insieme ai figli e a Habib Saleh Ghani- Abdi Wahid, britannico anche lui e suo nuovo marito che morirà nel 2013, mentre attraversano il confine con la Somalia. Li arrestano? No, perché la donna presenta un falso passaporto sudafricano a nome di Natalie Webb mentre l’uomo ha un passaporto mozambicano a nome Marco Costa. Nel dicembre 2011 la polizia keniota, dopo una lunga indagine, fa irruzione in una proprietà di Mombasa (Kenya) dove arresta il 29enne britannico-giamaicano Jermaine Grant- Ali Mohammed Ibrahim in procinto di colpire alcuni hotel di Mombasa all’epoca pieni di turisti durante il Natale. L’uomo confessa tutto e dice persino che il suo capo non è un uomo barbuto: si tratta infatti di Samantha Lewthwaite. Nel gennaio 2012 sembra la volta buona: una soffiata indica alla polizia che una donna dalla carnagione bianca a nome Natalie Webb vive in un appartamento di Mombasa intestato all’ex moglie del finanziere terrorista Musa Hussein Abdi. E’ tutto vero, peccato che la Lewthwaite sia già fuggita. Nel luglio 2012, viene sospettata di essere coinvolta in un attacco con granate avvenuto al bar Jericho di Mombasa durante una partita di calcio di Euro 2012 tra Inghilterra e Italia. Poi nel settembre 2013 viene collegata all’attacco al centro commerciale Westgate a Nairobi, ( 71 morti e 200 feriti). Nell’ottobre 2013 viene ritrovato un suo laptop dove, oltre alle sue foto con i figli, ci sono istruzioni su come fabbricare bombe e alcune poesie, una in omaggio a Osama bin Laden inizia cosi’; “Oh Osama, come ti amo?”. Un mese prima il Mossad (servizi israeliani) avevavano informato la polizia sudafricana che la Lewthwaite era stata vista a Pretoria ( Sud Africa) nel quartiere di Acadia, proprio dove sono ubicate la maggior parte delle ambasciate. Troppo tardi, scappa di nuovo. Altro matrimonio nel 2014, il prescelto stavolta è Hassan Maalim Ibrahimm, un comandante del gruppo somalo degli Al-Shabaab. Poi su Samantha Lewthwaite cala di nuovo il silenzio fino ad oggi. Dove è nascosta ed è davvero responsabile di tutti i delitti che gli ascrivono? C’è chi è convinto che sia in Somalia protetta dai jihadisti somali tra i quali è certo siano scoppiate piu’ volte furiose liti di gelosia a causa della britannica dalla pelle bianchissima e dagli occhi verdi. Ma ci sono anche coloro che ritengono, non senza ragione, che la donna sia nascosta nello Yemen. Infine la domanda: la “vedova bianca” è davvero responsabile di tutte quelle morti? Non ci sono dubbi sul fatto che sia una terrorista, tre mariti e tutti jihadisti non possono essere un caso, tuttavia è improbabile che possa essere al vertice di strutture terroristiche islamiche dominate da uomini, cosi’ come non ci sono prove tangibili che fosse, ad esempio, nel commando che attacco’ il centro commerciale Westgate a Nairobi. Una cosa pero’ è certa: la docuserie “World’s Most Wanted” ha riacceso i riflettori su di lei al punto che la sua cattura potrebbe essere vicina.
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