L’Europa è sotto attacco, ma è pronta a difendersi? ( MDD 08.11.2020 )

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan chiama e i terroristi rispondono. Si potrebbe sintetizzare così quanto sta accadendo in Europa nelle ultime settimane. Infatti, dopo gli strali provenienti da Ankara contro la Francia e contro il Presidente Emmanuel Macron -reo di aver deciso (finalmente) di non essere più disposto ad accettare i diktat dell’islam politico della Fratellanza musulmana- gli assassini islamisti hanno ricominciato a seminare morte e dolore in Europa. Dopo la decapitazione del professor Samuel Paty avvenuta a Parigi lo scorso 16 ottobre per mano del 18enne Abdoullakh Anzorov, immigrato ceceno,imitato dal 21enne tunisino Brahim Aoussaoui che a Nizza il 29 ottobre scorso, ha ucciso e sgozzato tre innocenti all’interno della cattedrale di Nizza, la lunga scia di sangue provocata dai terroristi musulmani è arrivata anche in Austria. Lo scorso 2 novembre, infatti, intorno alle ore 20.00 a Vienna, nei pressi della sinagoga di Seitenstettengasse che era fortunatamente chiusa, è entrato in azione il 20enne islamista austriaco di origini macedoni-albanesi Kujtim Fejzulai- Abu Dujana al-Albani, già schedato dai servizi segreti austriaci perché aveva tentato in almeno due occasioni di recarsi nel “Siraq”. Questi muovendosi in sei punti della città, ha ucciso quattro persone ferendone 23, alcune dei quali versano in gravissime condizioni. Se non fossero intervenute subito le forze speciali sarebbe stata una carneficina vista la determinazione mostrata dall’assassino nei video circolati la sera stessa sul web nei quali si vede come Kujtim Fejzulai avesse un fucile d’assalto AK 47, un machete e una pistola. E’ possibile che le armi se le fosse procurate in Svizzera dove manteneva contatti con due cittadini elvetici di 18 e 24 anni arrestati a Winterthur lo scorso 3 novembre?

 Chi era Kujtim Fejzulai Famiglia di origine albanese, brava gente originaria di Celopek, frazione di Brvenica (Macedonia del Nord), arrivano a Vienna per fuggire dalle guerre balcaniche e dalla povertà. Se le guerra la evitano lo stesso non si può dire della povertà perché finiscono ai margini della società viennese e cambiano più volte abitazione finendo sempre in quartieri disagiati. Il ragazzo che voleva fare il pugile farà deragliare molto presto la sua esistenza iniziando a soli 16 anni a frequentare una piccola moschea gestita dai salafiti che gli riempiono la testa di odio e di jihad. Dalla moschea alle prediche infuocate sul web il salto è breve, così Kujtim Fejzulai a soli 17 anni decide di partire per l’Afghanistan salvo accorgersi -strada facendo- che ci vuole il visto: e deve rinunciare. Il tentativo però viene registrato dall’intelligence tedesca che nel 2018 lo inserisce nel SIS (Sistema informativo Schengen) come persona da sorvegliare. Frustrato dal mancato viaggio a Kubul, nel settembre del 2018 si compra un biglietto per la Turchia ma non appena arriva al confine con la Siria la polizia turca lo arresta e lo tiene in galera per quattro mesi prima di rispedirlo in Austria dove lo arrestano e lo condannano nell’aprile 2019 a 22 mesi di carcere. Sarà lui stesso a raccontare i suoi viaggi al giudice austriaco che nel dicembre dello stesso anno doveva decidere se scarcerarlo anticipatamente; “sono pentito, ho fatto un grosso errore. Non era mia intenzione andare in Siria” poi sulla fascinazione per l’Isis dichiara  “sono finito nella moschea sbagliata, le cose mi andavano male e litigavo sempre con mia madre, volevo andarmene da casa”. Il giudice credette alla sue giustificazioni e lo scarcerò inserendolo in un programma di deradicalizzazione chiamato “DERAD” che sul ragazzo come accade quasi sempre in questi casi, fallisce. Da quel momento passa molto tempo sui social network dove appare come Abu Dujana al-Albani inneggiando all’Isis e postando immagini cruenti. Il resto della sua storia purtroppo la conosciamo.

L’Austria e l’estremismo islamico L’estremismo islamico di matrice salafita è da tempo una spina del fianco del Governo austriaco: un fenomeno dai numeri estremamente preoccupanti. Sono stati almeno 313 i cittadini austriaci che hanno partecipato attivamente ai combattimenti a fianco degli estremisti in Iraq e Siria. Si stima che circa 95 di questi siano tornati in Austria, mentre 55 sarebbero morti in battaglia. Di contro, circa 100 combattenti sarebbero ancora nella zona di guerra e l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione e antiterrorismo (BVT) stima che circa il 30% di loro siano anche cittadini austriaci. Le autorità hanno anche impedito -con successo!- a 90 persone di lasciare l’Austria e tra loro ci sono 22 donne. I foreign fighters austriaci sono per la maggior parte immigrati di seconda generazione dalla Cecenia, dalla Turchia e dai Balcani. Benché dal 2017 i servizi segreti non registrano più partenze per il “Siraq”, c’è comunque grande preoccupazione per la costante minaccia rappresentata dai foreign fighters di ritorno e da coloro a cui è stato impedito di lasciare l’Austria, come il 20enne Kujtim Fejzulai che ha colpito a Vienna. Per tornare allo jihadismo austriaco, vediamo che alcuni di loro sono diventati famosi: il primo fu Firas Houidi- Firas Abdullah partito per la Siria all’inizio del 2014 ma non prima di aver postato su Facebook: “All’agente dell’intelligence che potrebbe leggere questo: o ci uccidi o continuiamo, finché le teste non volano”. Il 19enne tunisino-austriaco è morto nel febbraio del 2015 dopo aver convinto diversi giovani ad unirsi al Califfato nero.

Grande notorietà ebbe lo jihadista austriaco Mohamed Mahmoud – Abu Usama al-Gharib già detenuto in Austria tra il 2007 e il 2011 per la sua appartenenza al Global Islamic Media Forum (GIMF), una cassa di risonanza per diffondere i contenuti multimediali prodotti da Al-Qaeda. Nel novembre 2014, si fece fotografare di fronte a cadaveri decapitati e seminudi, poi apparve in un video dove bruciava il passaporto austriaco. Dopo la celebrità si sposò con Ahlam al-Nasr, la propagandista dell’Isis, conosciuta anche come la “poetessa dello Stato islamico”. Successivamente, per lui iniziarono i guai e le gelosie all’interno della stessa Isis per la troppa visibilità conquistata. Tanto che lo arrestarono. Di lui non si seppe più nulla fino al 28 novembre del 2018, giorno nel quale Mahmoud rimase ucciso in un attacco aereo della coalizione in Siria mentre era detenuto.

Secondo la ricercatrice svizzera Saida Keller-Messahli profonda conoscitrice della realtà austriaca: “La situazione in Austria è paragonabile a quella di altri Paesi europei. L’Austria ha avuto circa 300 jihadisti che sono entrati in guerra con lo Stato islamico in Siria o in Iraq. La maggior parte di questi jihadisti sono di origine cecena o bosniaca” –ma i semi del male non corrono solo sul web- “L’Islam politico è presente nella maggior parte delle moschee in Kosovo, Turchia, Bosnia ed Erzegovina, così come in Austria e nel mondo arabo. I predicatori provengono da tutti questi Paesi ma ci sono anche ‘predicatori politici’ come Erdogan e altri che mettono benzina sul fuoco”. Altro tema sono i finanziamenti delle associazioni e delle moschee in Austria: ” Sappiamo che i Paesi del Golfo finanziano anche le moschee in Austria: il Kuwait, ad esempio, il Centro islamico bosniaco di Graz, il Qatar, le moschee sotto l’influenza dei Fratelli musulmani in Austria così come in Europa. Senza dimenticare la Turchia i cui imam sono funzionari statali inviati in Europa e pagati dal governo di Ankara”. Infine, i morti di Vienna sono saliti a cinque, mentre, sulla situazione attuale a nel Paese regnano ancora incertezza, confusione e molte domande. Due in particolare: era proprio necessario liberare prima della scadenza della pena il 20enne Kujtim Fejzulai? E perché i servizi segreti austriaci non diedero seguito alla segnalazione della polizia slovacca che li informo’ nel luglio scorso, che “due sospettati austriaci” avevano tentato di acquistare armi e munizioni ? Uno era proprio Kujtim Fejzulai.

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