Secondo alcune fonti di sicurezza ascoltate da Arab News (quotidiano in lingua inglese pubblicato in Arabia Saudita, N.d.A) in Pakistan e in Afghanistan: il 69enne medico egiziano Ayman Muhammad Rabīʿ al-Zawāhirī – Ayman al- Zawāhirī classe 1951, leader di Al Qaeda, sarebbe morto nelle scorse settimane a Ghazni, in passato conosciuta come Ghazna o Ghaznīn, città dell’Afghanistan, capoluogo dell’omonima provincia. Una delle fonti ha riferito che Al-Zawahiri “sarebbe morto di asma perché non aveva ricevuto un trattamento adeguato”. Anche una persona legata al gruppo terroristico ha confermato le indiscrezioni specificando che il leader di Al Qaeda era da tempo malato: “Quello che sappiamo è che aveva dei problemi di respirazione ed è morto da qualche parte in Afghanistan”. La prudenza come sempre in questi casi è d’obbligo perché queste persone hanno parlato in maniera non ufficiale “in quanto non erano autorizzati a parlare con i media sulla questione”. Un’altra fonte pakistana, un funzionario dell’intelligence civile, ha detto che “gli ultimi movimenti di Al Zawahiri sono avvenuti all’interno dell’Afghanistan, dove si sapeva che era in condizioni di salute ‘instabili’ senza però confermare che fosse realmente morto. In ogni caso l’ultima volta che Al Zawahiri è apparso sulla scena internazionale è stato in un videomessaggio nell’anniversario (di quest’anno) degli attacchi dell’11 settembre negli Stati Uniti”. A gettare acqua sul fuoco ci hanno pensato alcuni funzionari statunitensi che all’ Associated Press hanno dichiarato: “Non potevano confermare le notizie sulla morte di Al Zawahiri pur essendo a conoscenza della notizia”. A loro si è aggiunto un portavoce dell’agenzia di spionaggio della Direzione nazionale per la sicurezza dell’Afghanistan che ad Arab News ha detto “di non aver sentito parlare della morte di Al Zawahiri”. Tra conferme e smentite sulla morte del capo di Al Qaeda resta il fatto che Al-Qaeda nel giro di poco tempo ha perso Hamza bin Laden ( figlio di Osama, ucciso nel 2019) e nell’agosto scorso, Abu Muhamamd Al-Masri, ritenuto il secondo in comando di Al-Qaeda, ucciso in Iran dal Mossad.
Il dottore che divento’ jihadista
Uomo controverso dal carattere difficile e riservato, Ayman al-Zawāhirī, religiosissimo autore di libri inneggianti alla “guerra santa”, medico appartenente alla borghesia egiziana, aderì al progetto di Osama Bin Laden alla fine degli anni Ottanta, quando una parte del mondo islamico si mobilitò contro l’invasione dell’Afghanistan, fornendo uomini e aiuti ai mujaheddin che combattevamo contro l’Armata Rossa sovietica. Al Zawahiri che nel tempo ha dovuto fronteggiare anche la nascita dei rivali dello Stato islamico dell’odiato califfo Abu Bakr Al Baghdadi, ha comunque avuto la capacità di superare le difficoltà riuscendo a far crescere Al Qaeda creando filiali nel Maghreb islamico (AQIM) nella Penisola araba (AQAP), nel subcontinente indiano (AQIS) in Egitto, in Somalia con gli Al-Shabaab, nel Mali “Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin” (JNIM) in Mali, nell’Africa Occidentale e in Siria con Hayat Tahir al-Sham (HTS).
Il successore designato è un ex colonnello dell’esercito egiziano
In ogni caso che Ayman al- Zawāhirī sia vivo oppure morto presto alla guida del gruppo, ci sarà l’egiziano Mohammed Salah al-Din Zaidan classe 1960 (o 1963…), ex colonnello dell’esercito delle forze speciali, meglio conosciuto come Saif al-Adel; esperto di armi esplosive disertò nel 1988 per unirsi al gruppo precursore di Al Qaeda “Maktab al-Khidamat” (MAK) noto anche come Afghan Services Bureau che venne fondato nel 1984 da Abdullah Hamza, Waza Julaidan, Osama bin Laden e dallo stesso Ayman al- Zawāhirī per raccogliere fondi e reclutare mujaheddin stranieri per la guerra contro i sovietici in Afghanistan. Su Saif al-Adel l’FBI ha messo da tempo una taglia da 10 milioni di dollari perchè ritenuto uno dei responsabili degli attentati contro le Ambasciate statunitensi del 1998 in Kenya e Tanzania, che segnarono l’ascesa di Al Qaeda nel jihad internazionale. Il futuro capo di Al Qaeda nel 1993 era certamente in Somalia dove si occupò di formare attentatori kamikaze utili a colpire le forze di peacekeeping americane e italiane, nella regione di Mogadiscio. Nel 2003 venne arrestato in Iran dove si nascondeva, ma anche dal carcere riuscì ad organizzare con la complicità degli iraniani, due attentati a Ryad (Arabia Saudita) dove morirono più di trenta persone. Nel 2015 nell’ambito di uno scambio di prigionieri con Al Qaeda che aveva sequestrato un diplomatico iraniano nello Yemen nel luglio 2013, venne rilasciato. A lui il compito di continuare a far crescere ulteriormente il gruppo terroristico che ogni anno continua a compiere centinaia di attacchi in ogni area del globo e che -come ad esempio nel Sahel- non si fa certo problemi ad allearsi con trafficanti di armi, droga ed esseri umani e a criminali di ogni risma, per finanziare la propria guerra agli infedeli. A chi si illude che con la morte di Ayman al- Zawāhirī (se confermata), Al Qaeda smetterà di essere una minaccia globale occorre ricordare: l’organizzazione resterà sempre una minaccia costante capace di attrarre giovani da ogni parte del mondo pronti a sacrificare la loro vita in nome di Allah. Agli illusi non resterà che pulire il sangue per le strade.
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Mio commento sui fatti di Lugano al Mattino della Domenica del 29.11.2020